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ENCICLOPEDIA DEL CINEMA IN PIEMONTE

Cinema muto



Il gigante delle Dolomiti
Italia, 1926, 35mm, B/N


Regia
Guido Brignone

Soggetto
Gin Bill

Fotografia
Massimo Terzano, Domenico Scala

Scenografia
Giulio Lombardozzi, Domenico Gaido

Interpreti
Bartolomeo Pagano (Maciste), Aldo Marus (il piccolo Hans, nipote di Maciste), André Habay (l’ingegnere Riccardo Ewert), Luigi Serventi (Müller), Elena Lunda (Vanna Dardos), Dolly Grey (Maud Fair, la pittrice inglese), Mario Sajo (Schultz), Augusto Poggioli (l’ispettore di polizia), Oreste Grandi, Felice Minotti, Augusto Bandini



Produzione
S.A. Pittaluga, Torino

Note
Visto censura n. 23.102 del 30.11.1926; 2.352 metri.
Si tratta della seconda pellicola in cui Giulio Lombardozzi e Domenico Gaido collaborarono come scenografi.
Un recensore dell’epoca sostiene che il personaggio di Schulz venne interpretato da Oreste Grandi.
 
Copia conservata presso: Cineteca Italiana (Milano).
Le didascalie e la trama del film sono conservate presso il Museo Nazionale del Cinema di Torino.




Sinossi
Guida alpina provetta molto apprezzata dagli escursionisti, Maciste vive sulle Dolomiti, al Passo delle Tre Croci, e si occupa amorevolmente del nipotino Hans, figlio illegittimo della sorella, morta di crepacuore per il disonore di esser stata sedotta e abbandonata. Acerrimo rivale di Maciste è il losco Schultz, un contrabbandiere che, in cerca di facili guadagni, si allea con due avventurieri, Müller e la misteriosa Vanna Dardos, con l’intento di sottrarre i piani di un rivoluzionario progetto aeronautico che il giovane ingegnere Riccardo Ewert sta mettendo a punto nella pace di una baita sulle montagne. Oltre a Vanna, un’altra donna è interessata all’ingegnere: la bella pittrice inglese Maud Fair, che trascorre le proprie vacanze in un lussuoso albergo ed è segretamente innamorata di lui. Nel tentativo di sedurre l’ingegnere, Vanna non si accorge che un ispettore di polizia è sulle sue tracce: grande è il dolore dell’uomo quando si rende conto che la maliarda indagata per spionaggio altri non è che la moglie che l’aveva tradito e abbandonato anni prima. Mentre Maud, con l’aiuto di Maciste, riesce a far fronte ai tentativi di violenza di Müller, l’ingegnere, allertato dall’ispettore, finge di cadere nella trappola di Vanna per renderne possibile l’arresto; Müller e Schultz, vedendosi perduti, si danno alla fuga lungo il passo del Gigante, ma muoiono durante una bufera di neve e Vanna è costretta all’esilio. Maud può finalmente coronare il proprio sogno d’amore.





«Come già abbiamo annunziato, il nuovo lavoro interpretato da Maciste (Bartolomeo Pagano) ed edito dalla “Pittaluga Film” è stato terminato negli scorsi mesi. Facendo parte esso del grande Programma Pittaluga per la stagione testé iniziatasi, l’attesa per giudicarlo è molto viva, giustificata, peraltro, sotto ogni aspetto data l’importanza cui assurge questa nuova superproduzione messa in scena dal giovane ma già tanto apprezzato direttore artistico Guido Brignone. Il soggetto di Il gigante delle Dolomiti è semplice, serrato, drammaticissimo e umano, tutto soffuso di quelle emotività che ben valgono a mettere in valore anche le più piccole sfumature ed è stato girato veramente nei luoghi dove l’azione ricorre, cioè sulle alte e maestose Alpi Dolomitiche, circondanti quel meraviglioso fiore alpino che è la conca di Cortina d’Ampezzo. Gli interpreti sono stati scelti con cura e perizia indiscussa per modo che il complesso artistico con a capo Maciste è omogeneo e affiatato. Guido Brignone ha dovuto superare ostacoli non lievi per realizzare questo film, ma con la ferma volontà che sempre lo ha distinto, anche questa volta è riuscito ad ottenere i più rimarchevoli risultati. Infatti, le scene che si svolgono sulle Dolomiti, presentano tutte una inquadratura perfetta, dallo sfondo naturale, grandioso e magnifico precisamente come solo l’Alpe nostra permette se ben fotografata. Pare quasi, osservandola, per la lievità di tinte digradanti sullo schermo di essere improvvisamente portati lontano lontano, proprio là dove l’azione si svolge e ci crea diretti spettatori. Ma se grande, infinito merito va dato per la realizzazione di questo lavoro a Guido Brignone, pur rendendo omaggio anche agli interpreti, non va nemmeno dimenticato [sic] l’opera che quasi sempre passa sotto silenzio nella presentazione dei film e cioè quella degli scenografi, di coloro che nel teatro di posa creano e distruggono i più disparati ambienti per girare le scene di “interno” dei soggetti. Belle tempre di artisti, dalla fantasia fervida e sempre in grande ricerca di nuove linee architettoniche ed estetiche, essi hanno parte importante in ogni lavoro. La “Pittaluga Film” ne possedeva fino a ieri uno di grande valore, laborioso e silenzioso, da anni allontanatosi volontariamente dall’arte pittorica vera e propria per realizzare tutte le concezioni volute dai film. Si chiama Giulio Lombardozzi. Oggi invece i maestri dell’illusione della forte Casa torinese sono due, essendo venuto ad unirsi a Giulio Lombardozzi per fatiche ed allori un altro mago del colore in scenografia, conosciuto anche oltre Italia: Domenico Gaido. [...] Maciste... Eh, via, Maciste è ormai così universalmente conosciuto che inutile è soffermarsi ad ancora dirne. Basta una parola, per lui; anzi, il suo nome! E dal suo nome vengono su a traverso il buio della mente tanti ricordi che, proprio, più non si sa nemmeno come fare per passarli tutti in rapida rassegna. Quante sono le figure personificate da Maciste?... Eh! Quante!... quante! Non si contano più, benché per tutte il ricordo che rinasce sia uguale: una infinita bontà nel carattere degli esseri incarnati, una infinitamente grande umanità nei tipi vivificati» (“Al Cinemà”, a. VI, n. 3, 16.1.1927).
 
«Visionando Il gigante delle Dolomiti abbiamo rivisto il buon Bartolomeo Pagano, con i suoi muscoli potenti ed il suo bel sorriso franco ed aperto. In questo film, sceneggiato apposta per lui, egli ci è apparso nella sua forma migliore: quella che gli ha valso il successo accoppiato alla simpatia di varie generazioni di spettatori. La trama di questo capolavoro? Originale e complessa ad un tempo. L’azione si svolge in un caratteristico villaggio dolomitico sui confini d’Italia. [...] Lavoro curato in ogni dettaglio e sceneggiato con somma bravura, da metteurs en scène italiani e interpretato da una eletta schiera di italianissimi interpreti. Fotografia bellissima, come gli esterni girati nei luoghi più pittoreschi delle nostre alpi [sic]. L’Anonima Pittaluga può essere fiera di questo suo nuovo capolavoro» (“Cine-gazzettino”, a. II, n. 4, 22.1.1927).
 
«Film realizzato molto decorosamente, negli stabilimenti della Madonna di Campagna e sulle Dolomiti. Inscenatore: Guido Brignone, al quale manca soltanto un po’ di spirito d’osservazione e di senso dell’humour per divenire un ottimo realizzatore. Inquadrature non genialissime, compensate largamente da una buona fotografia, opera di Massimo Terzano. Le ricostruzioni sono opera del bravo Giulio Lombardozzi. Attore molto a posto, Luigi Serventi, forse potrebbe rendere di più, data la signorilità naturale – che gli viene dalla famiglia cui appartiene e dall’educazione ricevuta – se non lo costringessero a sostenere immancabilmente, la parte del ribaldo. Elena Lunda è un’attrice che ha una personalità propria, inconfondibile ed una maschera ottima. Un po’ vieu yeux l’Habay, per quanto anch’egli attore impeccabile. Graziosa e perfettamente intonata alla parte d’inglesina, la Dolly Grey. E così pure Oreste Grandi (il contrabbandiere Schultz) e Augusto Poggioli (il detective)» (Mascamort, “La Rivista Cinematografica”, a. VIII, n. 4, 28.2.1927).


Scheda a cura di
Azzurra Camoglio

Persone / Istituzioni
Guido Brignone
Massimo Terzano
Bartolomeo Pagano
Oreste Grandi
Felice Minotti
Domenico Gaido


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