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ENCICLOPEDIA DEL CINEMA IN PIEMONTE

Cinema muto



La neuropatologia
Italia, 1908, 35mm, B/N

Altri titoli: La nevropatologia, Casi neuropatologici, Remède contre la neurasthénie

Regia
Roberto Omegna, Camillo Negro

Fotografia
Roberto Omegna



Produzione
Società Anonima Ambrosio, Torino

Note
La pellicola è precedente all’istituzione della censura e non è dotata di visto di censura.
La lunghezza originale del documentario non è nota; la copia ridotta distribuita all’epoca in Francia era di 170 metri.    
 
A seconda delle fonti, viene indicato come regista Roberto Omegna o Camillo Negro. Le fonti Fiaf attribuiscono la regia a entrambi, datando però il film al 1906.
Il film comprendeva originariamente 24 episodi e viene considerato uno dei primi esempi di applicazione delle tecniche cinematografiche alla ricerca scientifica. Venne mostrato nel corso di proiezioni ad hoc nei circoli scientifici e intellettuali ma non risulta abbia avuto una regolare distribuzione in sala. Venne proiettato al Cinema Biograph di Torino nel febbraio 1908 e successivamente a Milano e in Francia.
 
Copia conservata presso: Museo Nazionale del Cinema (Torino), Istituto Luce (Roma).
 
Alcune sequenze del film sono state inserite in Dopo mezzanotte di Davide Ferrario (Italia 2003).




Sinossi
Film scientifico in cui Camillo Negro, professore presso l’Università degli Studi di Torino, illustra davanti alla macchina da presa alcuni casi tipici di nevrastenia e patologie del sistema nervoso riscontrabili in pazienti ricoverati presso la Clinica Neuropatologica di Torino, evidenziando per ognuno i sintomi e la terapia più appropriata.




Dichiarazioni
«Spesso, chi assiste alla proiezione di uno dei miei film, è portato a rivolgermi delle domande, per conoscere come ho fatto ad eseguire questa o quella ripresa. Altrettanto spesso poi è portato ad arzigogolare nel suo cervello soluzioni che si allontanano da quelle esatte, perchè non si tiene conto di tanti fattori e circostanze che gravano negativamente sulla riuscita della ripresa. . Le difficoltà da superare nella ripresa dei film scientifici sono molte e non lievi e non tutto procede fluidamente, come alcune volte può apparire. E questo anche quando si possiedono gabinetti di preparazione e di indagine perfettamente attrezzati. Con tutto ciò non ci si deve perdere di coraggio. Per l'appassionato a questo lavoro, anzi, le difficoltà rappresentano uno sprone, e lo spirito e la mente, nella ricerca affannosa, se pur ponderata, delle soluzioni, trovano un elemento tonicizzante che rende più bella la conquista. Purtroppo, specie se si lavora su esseri infinitamente piccoli od su esseri microscopici vivi, ma delicatissimi, le difficoltà diventano sempre più gravi, perchè si incontrano degli elementi contrastanti. Uno di questo [sic], ad esempio, è dato dal fatto che, per avere una buona fotografia, occorre una sorgente luminosa potente, la cui stessa composizione di luce, specie nei suoi limiti estremi dell'ultravioletto e dell'infrarosso; possiede cause disturbanti e spesso distruggenti la vitalità cellulare. Alcuni obiettano che, con le moderne sensibilissime emulsioni pancromatiche e con i filtri selezionatori, ogni difficoltà può essere facilmente superata. Questo in teoria, ma in pratica le cose vanno purtroppo ben diversamente: ad ogni istante, si può dire, saltano fuori dei quid disturbanti che occorre prima individuare e poi, attraverso studi e prove, eliminare. Chi si applica perciò alla cinematografia scientifica, anche se è affiancato e coadiuvato da illustri scienziati, deve continuamente studiare, tenersi al corrente delle più recenti acquisizioni scientifiche, specie nel campo della fisicochimica, perchè le basi della fotografia rimangono sempre la luce, gli obbiettivi e le emulsioni sensibili. Ogni conquista in questo campo può rappresentare un reale progresso e permettere di superare difficoltà, finora rimaste insuperate ed ostacolanti il raggiungimento del successo. D'altro canto non si creda troppo semplicisticamente che per eseguire dei buoni film scientifici basti avere buone macchine da ripresa e un buon operatore guidato da uno scienziato, perchè per quanto operatore e scienziato si comprendano bene, non riusciranno mai a creare fra loro quella perfetta ed intima fusione, che è la base prima, se non unica, del successo. L'ideale sarebbe che l'operatore fosse uno scienziato e viceversa. In tal caso sarebbe eliminato, specialmente, il grave inconveniente, che si verifica spesso, e cioè quello dello scienziato che, conoscendo profondamente ogni minimo particolare dell'oggetto da cinematografare, con il suo occhio mentale trae quasi in inganno il suo occhio fisico, vedendo quello che è più dato vedere all'obbiettivo. Chi si applica alla cinematografia scientifica, deve inoltre essere animato da grande volontà, calma, pazienza, equilibrio, obiettività. La pazienza e l'equilibrio sono i due elementi più importanti. Infatti, generalmente, la ripresa dei film scientifici richiede lavoro assiduo e continuo, che mette a· dura prova i nervi dell'operatore. Incominciato un lavoro non si può sostare per il riposo, perchè il fenomeno che si riprende, non conosce stasi, ed una volta che si sia iniziato, prosegue incessantemente nel suo ciclo evolutìvo, fino a perfetto compimento. Per tale ragione, il tempo non conta più e, se occorre, si deve rimanere sulla breccia anche giorni e notti intere, continuamente, inflessibilmente, combattendo contro la stanchezza ed il sonno. Occorre massimo equilibrio per non falsare la ripresa. Il film scientifico, infatti, si presenta come una vera e propria analisi, nella quale si deve procedere con piena obiettività. per non introdurvi elementi che possono squilibrare il fenomeno, falsando nella·sua determinazione parziale e finale. Basta, ad esempio, che, esaltati dalla bellezza del fenomeno che si sta svolgendo, e spinti, come naturalmente avviene, dal desiderio di vederlo compiuto, si intervenga con un fattore accelerante (maggior calore, umidità intensità magnetica, ecc.) perchè il ciclo evolutivo non sia più normale e si debba, a lavoro compiuto, ridurre il fenomeno alla sua normalità. Ma se ciò può incidere in modo non profondamente sfavorevole nel caso di un film didattico, ben altrimenti deve dirsi per un film di ricerca scientifica, perché anche il tempo nel quale si svolge un fenomeno rappresenta un elemento della più alta importanza. La cinematografia scientifica è destinata ad un grande avvenire sia nel campo didattico che in quello della ricerca» (R. Omegna, Cinematografia scientifica, “Bianco e Nero”, a. III, n. 11, 1939).





«Sono ventiquattro films riproducenti altrettanti soggetti, uomini e donne, scelti fra i \'casi\' più interessanti e tipici. Già in America e poi a Parigi si erano prima d\'ora fatti dei tentativi al riguardo, ma senza applicazione clinica. Il tentativo del dotto Negro - riuscito perfettamente, in guisa che questa notizia farà sensazione nel campo scientifico mondiale - è destinato a fornire delle riproduzioni cinematografiche dei principali \'tipi\' e delle vere caratteristiche delle malattie nervose. Esso gioverò assai per dimostrazioni in iscuola quando scarseggia - specialmente nelle piccole Università - il materiale clinico \'vivente\'; per fare comunicazioni ad Accademie lontane; per gli oculisti che devono analizzare le paralisi e i movimenti dei muscoli motori dell\'occhio, ecc . Questo nuovo trovato permetterà pure di conservare in forma cinematografica quei disordini dei movimenti che con la sola fotografia non si potevano finora riprodurre. Nella prima raccolta testé compiuta dal chiaro nevrologo torinese e dall\'Ambrosio ottimamente cinematografata, sono presentate le principali forme morbose del campo nevropatologico [...], una raccolta di casi clinici fra cui principalmente impressionano quelli di emiplegia organica ed isterica, malattia così detta del Parkinson (paralisi agitante), accesso epilettico, grande crisi isterica, varie forme di corea e di tics, diversi tipi di andature patologiche, paralisi dei muscoli oculari» (“Rivista Fono-Cinematografica” n. 12, marzo 1908).
 
«A mano a mano possiamo studiare, nei loro movimenti specifici, le forme di alcune paralisi oculari, di nystagmus (strane scosse laterali del globo dell\' occhio), di complicate emiplegie. Ecco dei poveri esseri in preda a tic ed a convulsioni che congestionano i loro volti, e camminano penosamente, con andatura spasmodica, atassici di ogni specie, fra cui, caso di primo ordine, un vecchio gobbo affetto dal male di Parkinson. “Questi soggetti ammirevoli sono divorati da sclerosi profonda, sclerosi in placche che altera perfino la sostanza del loro midollo spinale. Essi non sono più che strani automi che recitano non si sa qual macabra commedia. L’uno è incapace di togliersi il berretto, l\'altro di bere un bicchier d\'acqua, tanto le loro membra tremano e non rispondono ai loro bisogni. Per continuare queste scientifiche evocazioni, in mezzo alle quali passa e ripassa la persona del Prof. Negro, sfilano adesso i tipi più inverosimili della nostra umanità avvilita: idrocefali di ogni natura, idioti, imbecilli e debilitati che ridono e si spaventano stupidamente sotto la sorveglianza delle religiose e dei guardiani. Una crisi di epilessia contorce un disgraziato corpo gettato a terra. Infine dalle mani del Prof Negro, due isterici sono trattati in pieno attacco, con la suggestione [...] Le films prese dalla Società Ambrosio, oltre ad essere di eccellente qualità fotografica, attestano, da parte del Dott. Italiano Negro, la cura ammirevole, di formare delle collezioni scientifiche, che sono una meravigliosa contribuzione alla storia della nevralgia [...] È la più fortunata applicazione cinematografica che sia mai stata fatta per l\'insegnamento della psichiatria» (“Il Café-Chantant e la Rivista Fono-cinematografica”, 19.11.1908).
 
«Sempre nel 1908, Roberto Omegna presta la sua collaborazione di operatore per le riprese di quello che possiamo considerare il primo film italiano di documentazione scientifica e destinato all’insegnamento universitario [...]. Il film La nevropatologia, realizzato a cura del prof. Camillo Negro e del suo assistente dr. Rovasenda, presenta una serie di “casi clinici”. [...] Il più efficace e diretto commento mi sembra possa essere la cronaca della prima proiezione avvenuta il 17 febbraio 1908 e pubblicata da un quotidiano di Torino. “Pubblico e spettacoli insoliti, ieri sera all’Ambrosio Biograph! L’aula in cui accorre di consueto una folla che sbuccia aranci, folla di piccoli borghesi, di operai e di bambini, per assistere alle ‘esilarantissime scene’ della moglie gelosa o a quelle veramente drammatiche ed emozionanti della ‘piccola eroina’, era gremita di un occhialuto e calvo pubblico scientifico che dava alla sala – ove scoppiano le più fresche risate infantili ed echeggiano gli ‘ohi’ della più prolungata meraviglia – un aspetto severo di Accademia. All’ ‘Ambrosio Biograph’ avevano, infatti, per la circostanza trasportata la loro sede i soci della R. Accademia di medicina e con essi erano accorsi numerosi altri allievi di Esculapio, avidi di vedere sul bianco schermo cinematografico, tramutato in una verticale tavola anatomica, sfilare, per virtù del loro illustre collega prof. cav. Camillo Negro, un vivente campionario dei migliori ‘soggetti’ nevropatici. Il prof. Negro volle con geniale pensiero applicare il cinematografo all’insegnamento delle malattie nevropatiche, per fornire alla studentesca delle piccole università, dove scarseggia il materiale clinico ‘vivente’, una raccolta di ‘tipi’ e di ‘casi’ cinematografici. Il riuscitissimo tentativo del prof. Negro non mancherà di destar rumore nel mondo scientifico poiché mette in nitida evidenza e conserva la grafia dei ‘movimenti’ che con la sola fotografia non poteva essere riprodotta”. Da un altro giornale apprendiamo che “’i films’ dimostrativi [...] si succedettero fra unanimi segni di ammirazione per lo scienziato ed anche per l’esecutore sig. Omegna della ditta Ambrosio, che lo seppe intelligentemente assecondare”. Ma non vorrei mancare l’occasione per sottolineare alcune righe della precedente citazione che costituiscono affermazioni importantissime per la nascita e lo sviluppo della cinematografia scientifica e didattica e che – considerando la data del 1908 – rappresentano un contributo importante all’affermazione di principi che nella pratica quotidiana ancora oggi faticano a realizzarsi proprio nel paese che tra i primi ne sperimentò il valore: “Il prof. Negro volle con geniale pensiero applicare il cinematografo delle malattie nevropatiche, per fornire alla studentesca delle piccole università, ove scarseggia il materiale clinico ‘vivente’, una raccolta di ‘tipi’ e di ‘casi’ cinematografati. Il riuscitissimo tentativo del prof. Negro [...] mette in nitida evidenza e conserva la grafia dei ‘movimenti’ che con la sola fotografia non poteva essere riprodotta”. Una lunga sequenza di questo film è giunta fino a noi (conservata a Torino al Museo Naz. del Cinema [...]) e vi si vede lo stesso prof. Negro assistere una sua paziente che presenta davanti alla cinepresa un attacco di crisi isterica. La donna porta una maschera agli occhi per non essere riconosciuta. La ripresa non dovrebbe essere avvenuta in clinica o all’Università, bensì in un teatro di posa come testimonierebbe il fondale dipinto della scenografia. A un certo punto della sequenza entra in campo un cane, forse di proprietà della malata e attratto dalla sua crisi. Alcuni altri spezzoni conservati sono invece con evidenza ‘girati’ nel cortile del Cottolengo di Torino e presentano dei ricoverati che, in presenza del prof. Negro e di altri, eseguono semplici azioni per mostrare i loro limiti funzionali fisiologici» (V. Tosi, “Bianco e Nero” n. 3, maggio-giugno 1979).
 
«Il documentario La neoropatologia [sic], prodotto dall’Ambrosio e presentato a Torino il 17 febbraio del 1908 al cinema Ambrosio Biograph di via Po 21 a un pubblico formato in larghissima parte da medici e dai soci della Reale Accademia di Medicina che avevano trasferito la loro sede, per la circostanza, sul lato opposto di via Po: un documentario che fece scalpore e di cui si parlò a lungo, perché mostrava con estrema chiarezza, tanto che “pareva di essere in una clinica”, una lunga e dettagliata serie di “nevropatici d’ogni specie, affetti da emiplegia organica, da paralisi agitante, da accesso epilettico, da crisi isterica, da diverse forme di corea e di tics, da andature patologiche, da paralisi dei muscoli oculari, ecc.”, come riferisce il puntuale Mario Dall’Olio. [...] Questo è l’aspetto del cinematografo che alcuni intellettuali, educatori, moralisti non soltanto prediligono ma ritengono l’unico giusto e valido» (G. Rondolino, I giorni di Cabiria, Lindau, Torino, 1993).


Scheda a cura di
Azzurra Camoglio

Persone / Istituzioni
Roberto Omegna


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