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ENCICLOPEDIA DEL CINEMA IN PIEMONTE

Lungometraggi



Controvento
Italia, 2000, 35mm, 98', Colore

Altri titoli: Against the Wind

Regia
Peter Del Monte

Soggetto
Gloria Malatesta, Claudia Sbarigia, Peter Del Monte

Sceneggiatura
Gloria Malatesta, Claudia Sbarigia, Peter Del Monte

Fotografia
Saverio Guarna

Musica originale
Paolo Silvestri

Musiche di repertorio
F. Schubert

Suono
Tullio Morganti

Montaggio
Simona Paggi

Effetti speciali
Franco Fabio Galiano

Scenografia
Tommaso Bordone

Arredamento
Stefania Maggio

Costumi
Metella Raboni

Aiuto regia
Stefano Botta

Interpreti
Margherita Buy (Clara), Ennio Fantastichini (Leo), Valeria Golino (Nina), Maria Monti (la madre), Stefania Marsala (Teresa), Stefano Abbati (Attilio), Elena Danco (madre di Teresa), Gabriele Bocciarelli (Marco), Alberto Cracco (Arturo), Patrizia Sacchi (Maria), Giuseppe Pellegrino (Giuseppe), Varo Venturi (Alberto), Tommaso D’Andrea (Michele), Elio Luzzi (relatore), Andrea Scorzoni (Rasicci)

Direttore di produzione
Alberto Leotti

Ispettore di produzione
Salvatore Finocchiaro, Enrico De Lotto

Produttore esecutivo
Bruno Tribbioli

Produzione
Andrea De Liberato per Poetiche Cinematografiche, Carlo Pontesilli e Peter Del Monte per Controvento Film

Distribuzione
Istituto Luce

Note
2770 metri.
Aiuto operatore: Daniele Marchitelli; assistenti operatori: Loris Rossi, Nicola Benazzo; operatore steadycam: Salvatore Aversa; fotografo di scena: Daniel Mularoni; musiche eseguite dall’Orchestra di Roma; direttore d’orchestra: Paolo Silvestri; canzoni: E dimmi che non vuoi morire di Rossi/Curreri/Ferri, De cara a la pared di de Fela/Desrosters, The Chains of Hell di Gazzara/Edwards; microfonista: Alessandro Pambianco; montaggio del suono: Maurizio Palmisano; assistente al montaggio: Maddalena Colombo; assistenti scenografi: Benedetta Cappelloni, Jacopo Andrea Baruchello; assistente ai costumi: Ilaria Albanese; assistente al trucco: Jessica Poligarpo; parrucchiere: Fiorella Novarino, Angela Mariantoni; assistente alla regia: Francesca Calella, Barbara Pullerà; altri interpreti: Giovanna Arena (Amalia), Massimiliano Napolitano (Domenico), Daniele Ferretti (paziente), Elena Guerrini (paziente), Fabio Bussotti (attore teatrale), Tiziano Saita (impiegato), Francesco Amenta (agente), Immacolata Agrippino, Barbara Braconi; assistente al doppiaggio: Paola Evangelista; segretaria di edizione: Monica Liguoro; segretari di produzione: Marcella Dumont, Luca Santelli; amministrazione: Stefania Carrani; produttore associato: Istituto Luce in collaborazione con Tele+.
Il film è stato girato in gran parte a Torino.




Sinossi
Clara è una psichiatra che lavora in un centro di salute mentale a Torino, una donna razionale e borghese che rinuncia alla vita privata per il lavoro. Sua sorella Nina è un’attrice di basso livello dalla vita sregolata, pessima madre e in perenne  fuga da se stessa e dagli altri. Leo, infermiere in un pronto soccorso, uomo intrigante dai modi bruschi, vuole rintracciare Nina, ma incontra Clara. Il loro incontro in un primo momento risulta alquanto sgradevole, ma l’iniziale avversione della donna si trasforma in attrazione e scoperta di una nuova natura a lei ancora sconosciuta.  




Dichiarazioni
«[…] un cammino doloroso ma necessario perché se è vero che chi va controvento rischia di perdere dei pezzi, è anche vero che una vita in cui non ci si lascia mai trasportare da una vertigine, è una vita senza crescita né maturazione» (Peter Del Monte, “La Stampa”, 1.11.2000).
 
«Mi interessava soprattutto raccontare questo personaggio che ha sempre creduto nella necessità di ordine e di rigore esistenziali, mentre, dietro questa apparenza si nasconde una paura di vivere. Clara, che lavora in un centro di salute mentale, all’inizio si presenta senza incrinature. È il personaggio maschile, che ha la funzione di una specie di nocchiero, a traghettarla in una zona di disordine e smarrimento, che la porta ad avere meno resistenza, ad abbandonarsi alla vita e, anche se il film esplicitamente non lo dice, a rinascere […] Margherita è il cuore stesso di Controvento: il film per me è una specie di teatrino dei sentimenti e vedo i personaggi quasi come proiezioni dell’inconscio di Clara. Di solito lei è legata a ruoli fortemente nevrotici e averle offerto invece un personaggio la cui essenza è l’autocontrollo ha rappresentato, sia per lei che per me, una sfida affascinante. D’altra parte ho fatto la stessa cosa con Valeria: ha avuto paura della sgradevolezza di fondo che ha il suo personaggio, ma per me era fondamentale evitare certe idealizzazioni adolescenziali che pratica spesso il cinema quando parla di donne» (Peter Del Monte, “Ciak” n. 11, novembre 2000).





«A conferma del talento di Peter Del Monte, visivamente il film possiede un’indubbia suggestione e gli interpreti, soprattutto la Buy che è la vera protagonista della storia, hanno accenti vibranti. Concentrati su quello che accade dentro di loro e impermeabili a quanto sta fuori, questi personaggi in delicato equilibrio vagolano in una Torino fredda e piovosa, ben fotografata da Saverio Guarna, come in uno spazio dell’anima» (A. Levantesi, “La Stampa”, 5.11.2000).
 
«Di fronte a un film così bisognerebbe non ascoltare quello che dicono i personaggi e non badare a ciò che fanno. Controvento va guardato come si guarda un quadro: apprezzando spazi, colori, intensità di sguardi, vibrazioni sottili» (T. Kezich, “Corriere della Sera”, 4.11.2000).
 
«Piove sulle piazze barocche e le periferie industriali della capitale sabauda, in Controvento, e Peter Del Monte disegna il ritratto di uno strano triangolo di infelici […] mentre le ambizioni del progetto si riflettono con successo in un impasto visivo di alta qualità, grazie alla bellissima fotografia si Saverio Guarda, il ritratto del terzetto è a dir poco irrisolto e inframmezzato da piccoli squallori verbali e fisici fuori registro» (I. Bignardi, “la Repubblica”, 5.11.2000).
 
«L’intreccio tra i tre si fa sempre più serrato, sullo sfondo di una Torino grigia e livida dove la pioggia si sente e si sogna anche quando non c’è, assurta ad emblema dell’alienazione nel recente cinema italiano da Calopresti in poi. Più che lo sviluppo della vicenda affascina la descrizione dei personaggi, che sembrano uscire dallo schermo tanto son ben delineati dalla sceneggiatura di Del Monte con Claudia Sbarigia e Gloria Malatesta. […] I tre attori – che rielaborano e sviluppano personaggi già interpretati più volte in passato – sono decisivi per la tenuta del film, che nonostante perda compattezza e fluidità nella seconda parte rappresenta un’interessante indagine sulla zona d’ombra che può attrarre e risucchiare ciascuno di noi, sull’implosione della famiglia (con un interessante personaggio di madre) e sull’impossibile recupero dei legami allentati» (M. Mazzetti, “Vivilcinema” n. 79, settembre/ottobre 2000).
 
«Cosa accade di nuovo in Controvento? Apparentemente nulla: lo stile, lo stato d’animo, la sospensione di giudizio, la presunta “anaffettività” di Del Monte sembrano quelle di ieri: acuto osservatore dei dettagli, degli ambienti, delle pieghe del viso; assorto notomizzatore di rapporti o dinamiche affettive estremizzate, ma non necessariamente verosimili, psicologicamente ascrivibili alla dimensione dei border line del recondito desiderio di “usarsi” reciprocamente. Eppure si muove, il laconico Del Monte, fra le sue schegge, reticenze, collocazione dei personaggi in un acquario che non è più il liquido amniotico, illusorio e consolatorio di Invito al viaggio, ma la dolorosa accettazione di una molto pudica cognizione del dolore, di una non più catartica disposizione al mistero altrui, alla insondabilità del libero arbitrio. Permangono, rispetto al passato, alcune costanti poetiche che sono, alla fin fine, il vanto e la cifra di un autore: il senso dello spiazzamento, del vuoto, dell’attesa, della libertà di scelta trascinata sino alle estreme conseguenze (il suicidio di Nina, non a caso un nome cecoviano), quella sartriana sensazione dell’essere e del nulla – in gesti, celie, soluzioni finali – che già permeavano il fantasmatico epilogo di Tracce di vita amorosa» (A. Pizzuto, “Cinemasessanta” n. 1, gennaio/febbraio 2001).
 
«Focalizzando il discorso su Controvento, dobbiamo rispondere che si tratta di un’interiorità malata, di una malattia i cui sintomi sono malessere, sbandamento, una terribile incertezza rispetto a che cosa fare della propria vita, la difficoltà di amare. Una malattia che accomuna più personaggi. In Controvento una ragazza, Nina, addirittura si suicida. Ma se il film illustra i sintomi di questo male, le sue radici sono avvolte nel mistero» (G. Cercone, “Cinemasessanta” n. 2, marzo/aprile 2001).
 
«Del Monte, nel raccontare un percorso di ordinaria nevrosi e di insostenibile pesantezza dell’essere, tra piccoli scarti dell’anima, continui scacchi sentimentali, fragilità emotive, abbandoni e ritorni, opta per una messa in scena che non ha nemmeno l’umiltà di lasciarsi invisibile, al servizio dei suoi bravi interpreti, ma che, al contrario, appesantisce con un’irritante ricerca di senso, con un uso accanito della metafora, proponendo ogni situazione con i caratteri dell’esemplarità universale. Ogni scena, ogni situazione è artefatta, in cui spesso emerge un diffuso senso di stridore tra il dispositivo di riproduzione e la narrazione stessa. Anch’essa, naturalmente, satura di stereotipi e déjà vu. […] Un cinema conformista, che non osa, ombelicale, ripiegato su se stesso, che non prova nemmeno, diversamente da come hanno fatto Amelio in Così ridevano e Calopresti con Preferisco il rumore del mare, a sfruttare le location di Torino, da tempo ormai città meticcia, coacervo di contraddizioni, incontro di culture, laboratorio sociale e politico del nord Italia in misura forse maggiore anche rispetto a Milano. Del Monte si limita ad inquadrare lo stereotipo di Torino, quello della città plumbea, triste, quella di Palazzo Carignano e della medio-alta borghesia che non rinuncia al cappuccino delle cinque nelle vie limitrofe a piazza San Carlo, che ascolta i concerti di musica da camera» (A. Termenini, “Cineforum” n. 10, dicembre 2000).
 
«Si sa che Peter Del Monte, ormai da oltre trent'anni, rappresenta il lato colto, intransigente e solitario del cinema italiano con i suoi film che sono un tuffo nella freddezza dei rapporti, come dei paesaggi cittadini. […] Il carattere fortemente intellettualistico del suo cinema lo rende ulteriormente difficile da gustare, soprattutto per un pubblico abituato all'immediatezza del cinema hollywoodiano e al minimalismo italiano. Egli parla soprattutto a chi ha voglia di cogliere il suo simbolismo, lasciando da parte le incoerenze di sceneggiatura, i passaggi assurdi e i comportamenti irreali dei suoi personaggi. […] Controvento è un film sui sentimenti, o meglio sulla loro mancanza. Ma questa è banalità, perché nel film, in realtà, sembra sempre contare di più il linguaggio, il modo in cui le cose vengono dette, piuttosto che il loro significato: la forma conta più del contenuto. Scopriamo, dunque, una realtà che tutta intera rimanda a qualcosa d'altro: dalla freddezza dell'appartamento di Clara, così ricco, ordinato, impersonale, dipinto con le luci tristi e spente di un inverno torinese, al grigiore di una periferia che non ha spazio per la bellezza. Tutto intorno a Clara sembra segnare il suo distacco dal mondo che la circonda. Lei appare fuori posto da per tutto tranne che nella sua casa o nelle sale da concerto. […] Nina, al contrario, è quella sopraffatta da una cultura che respinge tenacemente, fatta di rinunce, di perbenismo, di nevrosi nascoste e povertà spirituale. Lei è la fuggiasca, che non è a casa sua né tra le mura domestiche né nel mondo; non ha un ambiente che la rappresenti in modo soddisfacente, tranne forse quelle strade piovose e solitarie, che percorre in cerca di affetto, e quella macchina, che sarà la sua tomba» (D. Gigante, “Film” n. 49, gennaio-febbraio 2001).


Scheda a cura di
Giusy Cutrì

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