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ENCICLOPEDIA DEL CINEMA IN PIEMONTE

Cinema muto



Nozze d'oro
Italia, 1911, 35mm, B/N

Altri titoli: Goldene Hochzeit (Austria); Kultahäät (Finlandia); Les noces d'or (Francia); Die Goldene Hochzeit (Germania); After Fifty Years (Gran Bretagna); Bodas de oro (Spagna); Noces d'or (Svizzera); Az arany lakodalom (Ungheria); The Golden Wedding (USA)

Regia
Luigi Maggi

Soggetto
Arrigo Frusta

Fotografia
Angelo Scalenghe

Interpreti
Alberto A. Capozzi (il nonno/il Bersagliere), Mary Cléo Tarlarini (la nonna/la contadina), Luigi Maggi (il padre della contadina), Mario Voller Buzzi, Giuseppe Gray (l’ufficiale degli Ussari), Paolo Azzurri (il capitano dei Bersaglieri), Oreste Grandi, Ernesto Vaser, Norina Rasero



Produzione
Società Anonima Ambrosio

Note
450 metri.
Nulla Osta n. 6.183 del 11.1.1915 (Il visto di censura si riferisce alla seconda distribuzione commerciale della pellicola)
L’attrice Norma Rasero è accreditata come Norina Rasero.
Il film apparteneva alla “Serie Oro Ambrosio”.
Venne premiato con il primo premio al Concorso Internazionale Cinematografico di Torino indetto in occasione dell’Esposizione dell’Industria e del Lavoro del 1911.
Distribuito in Austria, Finlandia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Spagna, Svizzera, Ungheria e negli Stati Uniti; la versione austriaca e ungherese era lunga 447 m; la versione francese era lunga 347 m; la versione tedesca era lunga 505 m.
Vietato dalla Prefettura di Roma nel dicembre 1911 mentre era in regolare programmazione per il pericolo di manifestazioni anti-austriache, venne nuovamente distribuito nel 1915 alla vigilia dell’ingresso dell’Italia in guerra e fu nuovamente vietato dalla Prefettura di Genova; entrambi i divieti suscitarono ampie proteste e un’agguerrita campagna stampa.
 
 
 




Sinossi
Nel festeggiare in compagnia dei familiari il cinquantesimo anniversario del proprio matrimonio, un uomo racconta ai nipoti un episodio avvenuto durante la seconda guerra del Risorgimento, il 30 maggio 1859, alla vigilia della battaglia di Palestro. Giovane Bersagliere incaricato di attraversare le linee nemiche per ricongiungersi alle truppe italiane, reperire munizioni e difendere un edificio dall’assalto degli Austriaci, l’uomo si impadronisce di uno dei cavalli di un distaccamento di Ulani e, nella fuga, viene raggiunto da una fucilata e ferito. Si nasconde nel casolare dove vivono un contadino e la sua giovane figlia, che si occupa di medicarlo come può; al sopraggiungere degli Austriaci che vogliono perquisire la cascina, la ragazza si taglia un polso per distogliere l’attenzione dalle ricerche, salvando così la vita al soldato italiano. Mentre si svolge la battaglia di Palestro e il casolare viene liberato, il Bersagliere compie la missione; insignito di una decorazione, torna a chiedere in sposa la figlia del contadino, con la quale sta ora celebrando le proprie nozze d’oro tra la gioia dei parenti.





«Un titolo idilliaco, un’azione meravigliosa per grandiosità: non ci si aspetterebbe mai, dalla modesta festa familiare che dà inizio alla film, giungere alla meravigliosa riproduzione delle campagne per l’indipendenza italiana. Un alto sentimento patriottico vibra in queste scene ricche di vita, di movimento di un realismo sorprendente che raggiunge il diapason nell’assalto di Palestro da parte delle truppe alleate franco italiane. Il genere è differente, Ambrosio non si copia mai, ma la perfezione e la grandiosità delle Nozze d’oro riportano alla mente un altro capolavoro dell’Ambrosio che non sarà mai dimenticato, anche perché fu il primo della serie, in un’epoca in cui le pellicole colossali erano ancora di là da venire: Gli ultimi giorni di Pompei» (“La Cine-Fono e la Rivista Fono-Cinematografica”, n. 170, 7.10.1911).
 
«Se il soggetto è più che bello, il modo come si inizia ed è condotto lascia assai a desiderare. Primieramente è inverosimile, nonché puerile aspettare 50 anni per narrare un evento, Dio sa quante volte narrato alla propria moglie, al proprio genero, alla propria figlia, alla propria nipote. Ci manca la serva; ma la serva, non si sa perché, ha chiusa prudentemente la porta, portando via le sedie, sicché non ce ne sono che due, e però il genero, la figlia e la nipote rimangono in piedi. E così, parte in piedi, e in parte seduti, la scena comincia: ed è di un patetico manierato: c’è troppo glucosio, o meglio saccarina in quelle faccie [sic] – tutto che bellissime – ; gli atti e gli accenti poi sono zuccherini, svenevoli, e sì compassati che pare di assistere ad un dialogo di morti o di moribondi. [...] Tutto termina con [...] strette convenzionali di mano e abbracciamenti snervanti, accompagnati sa un piagnisteo generale, quando, sul quadro e come finale della pellicola, si rinnova la melliflua scena manierata con cui la pellicola stessa si inizia» (Aristarco Scannabue [G.I. Fabbri], “La Cinematografia Italiana ed Estera”, n. 17, 1-5.11.1911).
 
«Quanta poesia in questa rievocazione! e quanta naturalezza e fedeltà nella riproduzione di quegli episodi guerreschi, che nella nostra recentissima storia occupano pagine gloriose, indimenticabili! Per l’esecuzione artistica non ho parole di lode che bastino: tutti, tutti gli artisti hanno lavorato col cuore e coll’anima [...]. Le masse sono disciplinate mirabilmente e guidate da una mano maestra ed insuperabile: scene, armi, vestiari, attrezzerie, riprodotti fedelissimamente; parte tecnica, fotografia e viraggi, meravigliosi. Cosa dire del successo? Non solo da noi, ma in ogni parte del mondo questa film ha destato e sta destando un entusiasmo grandiosissimo, e questa per me è la miglior lode che possa rivolgere alla grande Casa torinese, con quella sincerità ed imparzialità di giudizio che mi è di guida in ogni recensione» (Il rondone, “La Vita Cinematografica”, n. 21, 30.11.1911).
 
«[il film è] pur sempre il più ispirato, il più eletto, il più gagliardo e all’istesso tempo, il più sentimentale lavoro uscito dalla Casa Ambrosio, anzi direi il migliore lavoro della Casa Ambrosio. Una tale corrente di fresco entusiasmo, di dolce bontà, di commovente verità è in lui – da farne un’opera imperitura, come i romanzi immortali. Se il paragone fosse ammissibile – io direi che Nozze d’oro sono il più bel romanzo cinematografico scritto sino ad oggi dal genio di cinematografia. [...] È proprio nell’assistere alla riprogrammazione di questo film che un fascio di ricordi dai rifugi della mente, lenti mi sono scesi al petto ad accarezzarvi, come fossero amiche ombre, i rimpianti. [...] Nozze d’oro mi han data più grande la visione della nostra Italia, e fatta più larga e più squallida la guerra combattuta fuori delle nostre Alpi. Per quale mistero di dolce poesia, la terribile guerra Europea vi ridona ai nostri pubblici d’Italia, o belle Nozze d’oro? Il mistero della silenziosa gloria dei nostri morti» (M. Woller-Buzzi, “Il Maggese Cinematografico”, n. 2, 30.1.1915)
 
«Per diverse sere tenne il cartello al nostro Olympia il lavoro patriottico di “Casa Ambrosio”, e non esageriamo affermando che mai Catania applaudì e fischiò tanto lo stesso film. Effettivamente è un buon lavoro; poi per i momenti che viviamo, tutti i cuori vibrano di sacro entusiasmo, e le imprese del Capozzi trasportarono il nostro pubblico ad applaudire fragorosamente i nostri baldi bersaglieri, ed a fischiare i nemici di allora e di domani» (F. Calabrese, “La Vita Cinematografica”, n. 19, 22.5.1915).
 
«Si tratta di uno dei primi esempi di narrazione in prima persona da parte dello stesso soggetto dell’azione: un lungo flash-back è introdotto da una didascalia che storicizza con esattezza l’azione [...]. L’immagine del Risorgimento è quella della partecipazione interclassista concorde e soprattutto popolare alle guerre d’indipendenza. La macchina da presa è già molto più vicina ai personaggi negli interni [...] e negli esterni sfrutta in pieno la profondità di campo e le possibilità spaziali per i combattimenti o gli inseguimenti. I trionfi di Roma e di Venezia – in misura comunque più rilevante rispetto alla celebrazione delle glorie risorgimentali – vengono naturalmente assimilai alle ambizioni del presente, alimentate a partire dalla guerra di Libia e servono quasi da prima esibizione pirotecnica e manifestazione incruenta della frenesia combattentistica che contagia interi gruppi di giovani nazionalisti» (G.P. Brunetta, Storia del cinema italiano. Il cinema muto 1895-1929, Editori Riuniti, Roma, 1993).
 
La réclame d’epoca
«Questa meravigliosa film che, prendendo lo spunto da una commovente festa famigliare di un vecchio soldato, riproduce con scrupolosa esattezza di particolari una parte delle campagne per l’indipendenza italiana, e specialmente l’assalto a Palestro delle truppe alleate franco-italiane (1859) è un vero capolavoro, un gioiello dell’industria cinematografica, che torna ad onore della grande Casa torinese, la quale, superando non poche difficoltà, è riuscita a far vibrare la corda del patriottismo, evocando un brano di quella storia che presentemente la nazione italiana sta glorificando nel cinquantenario della propria indipendenza. La Casa Ambrosio, che tante benemerenze si è acquistate nel campo di questa fiorente industria, e che gode in tutto il mondo una reputazione invidiabile, con questo insuperabile lavoro ha superato se stessa, ha compiuto quanto di più perfetto e grandioso si è prodotto finora in Cinematografia» (“La Vita Cinematografica”, n. 16, 20-25.9.1911).
 
«Le Autorità Governative hanno tolto il veto per la proiezione di Nozze d’oro – La grandiosa e patriottica pellicola della Casa Ambrosio, (premiata colla massima onorificenza all’Esposizione di Torino del 1911) che tanto successo ed entusiasmo ha suscitato nei pubblici di tutto il mondo». (“La Vita Cinematografica”, anno VI, n. 3, 22 gennaio 1915).




Persone / Istituzioni
Luigi Maggi
Arrigo Frusta
Angelo Scalenghe
Alberto A. Capozzi
Mary Cléo Tarlarini
Mario Voller Buzzi
Oreste Grandi
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