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ENCICLOPEDIA DEL CINEMA IN PIEMONTE

Cortometraggi e Documentari



Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana
Italia, 1953, 35mm, 12', B/N


Regista
Fausto Fornari

Soggetto
Piero Malvezzi, Giovanni Pirelli, Fausto Fornari

Sceneggiatura
Piero Malvezzi, Giovanni Pirelli, Fausto Fornari

Fotografia
Oberdan Troiani

Musica originale
Mario Zafred

Montaggio
Rinaldo Ricci

Aiuto regia
Gianni Corbi

Produzione
Fausto Fornari

Note
Supervisione: Cesare Zavattini.
                                  
Le difficoltà realizzative non furono poche: gli autori del libro pretesero, come una sorta di garanzia “qualitiva”, l’accreditamento tra i titoli del nome di Cesare Zavattini, per quanto l’intero onere economico ricadesse su Fornari stesso. Secondo le dichiarazioni del regista, Zavattini non intervenne né nell’ideazione, né nella realizzazione dell’opera, ma si limitò a darne l’approvazione finale a riprese e montaggio ultimati. Ovviamente le dichiarazioni di Zavattini si discostano da quelle di Fornari come si può leggere nella lettera pubblicata su “Patria Indipendente” del 20 luglio 1952 .
 
Locations: Torino (Carceri Nuove, piazza Luigi Martini, Poligono di tiro del Martinetto), Vercelli (Carceri), Perosa Argentina TO (Cotonificio Valle Susa).
 
Premio come Miglior Cortometraggio a soggetto vario alla Mostra del cinema di Venezia del 1953; Medaglia d’oro al Concorso cinematografico del Festival Mondiale della Gioventù di Varsavia.




Sinossi
Il documentario è un tributo alla memoria dei martiri del periodo tra l´8 settembre 1943 e il 25 aprile 1945. È tratto dall’omonima raccolta di lettere pubblicata da Einaudi nel 1952, a cura di Pirelli e Malvezzi. Le immagini mostrano le lettere di alcuni dei condannati a morte e i luoghi dove vissero, lottarono e si sacrificarono, da Vercelli a Savona, da Fiano a Roma. Le voci fuori campo interpretano le loro parole tenendo conto dell’età, della condizione sociale e della regione di provenienza di ciascun personaggio. Il film si chiude conducendo lo spettatore lungo il percorso che va dal carcere di Torino al muro del poligono da tiro del Martinetto dove vengono eseguite le fucilazioni.




Dichiarazioni
«Nessuno, fra venti e più noleggiatori ai quali presentai il film, dico nessuno, ebbe il coraggio di acquistarlo e di metterlo in distribuzione. Ebbi tante parole di elogio, ma anche tanta commiserazione per aver sprecato il mio talento in un film sulla Resistenza, argomento anticommerciale per eccellenza» (F. Fornari in Carlo Di Carlo, Il cortometraggio italiano antifascista, in “Centrofilm” nn. 24-26, 1961).
 
«Come di tutte le cose che dallo scritto passano allo schermo, c’erano infiniti modi per farlo; noi crediamo di aver scelto un modo se non altro molto discreto, ed è certo che abbiamo sentito estremamente tutto il pudore possibile di fronte al tema; veniva davvero la voglia di limitarsi a riprodurre là sullo schermo il testo di alcune di quelle lettere, perché le leggessero milioni di persone invece delle poche migliaia che possono comprare il libro. A noi è sembrato giusto che ci fosse anche una testimonianza cinematografica di queste lettere, che documentano in un modo tanto vivo la nostra storia risorgimentale; non sono lettere d’odio, ma lettere che colpiscono appunto per la loro semplice umanità, per il timbro particolare, italiano di quell’eroismo senza retorica, imbevuto dei fatti di tutti i giorni» (C. Zavattini, “Patria Indipendente”, 20.7.1952)
.





«Il documentario, della durata di dodici minuti, si apre con un cartello: “Un documentario
girato sui luoghi dove si svolsero fatti dolorosi ed eroici della recente storia d’Italia”. La premessa è volta, sin dall’inizio, ad avvertire lo spettatore che il riferimento spaziale sarà prevalente rispetto a quello temporale. Fornari costruisce infatti una geografia del cuore e della sofferenza, scegliendo di riprendere ora i luoghi della morte, ora i luoghi della vita di coloro che hanno affidato la loro ultima parola ad una penna e ad un foglio. Come ogni storia che si rispetti, anche questa inizia con un libro che si apre e dal quale le voci dei condannati prendono vita e iniziano a raccontare le loro singole dolorose storie. L’autore, dopo averci mostrato alcune vecchie carte scritte con grafie incerte e tremanti, ci aiuta a comprendere: “oggi queste lettere sono state raccolte in un libro, riapriamo qualche pagina, riandiamo nei luoghi che esse ci evocano» (I. Perniola, Oltre il neorealismo, in Documentari d’autore e realtà italiana del dopoguerra, Bulzoni, Roma, 2004).


Scheda a cura di
Marta Teodoro


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