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ENCICLOPEDIA DEL CINEMA IN PIEMONTE

Cortometraggi e Documentari



Io la mia famiglia Rom e Woody Allen
Italia, 2009, HDV, 50', Colore

Altri titoli: Me, My Gipsy Family and Woody Allen / A Wheel of the Wagon / Una ruota del carro

Regia
Laura Halilovic

Soggetto
Laura Halilovic, Nicola Rondolino, Davide Tosco

Sceneggiatura
Laura Halilovic, Nicola Rondolino, Davide Tosco

Fotografia
Laura Halilovic, Nicola Rondolino, Davide Tosco

Operatore
Davide Tosco, Fabrizio Giuliano, Laura Halilovic

Musica originale
Fabio Barovero, Bruskoi Prala, Giuseppe Napoli

Suono
Nicola Rondolino, Fabio Coggiola

Montaggio
Marco Duretti

Direttore di produzione
Emiliano Darchini

Produzione
Davide Tosco per 2+1 e Zenit Arti Audiovisive (Torino)

Note
Consulenti; Enrico Cerasuolo, Marco Rubiola, Vito Miccolis; repertori familiari: Fikert Halilovic; mix audio: Fabio Coggiola; colore: Marco Fantozzi; assistente alla regia: Fabrizio Giuliano; coordinamento: Francesca Portalupi; contabilità: Luana Rao; produttori associati: Massimo Arvat, Deana Panzarino per Associazione giovanile Aria Viva; con la collaborazione di: Rai Radiotelevisione italiana - Rai3; con il sostegno di: Open Society Institute/Roma Decade Initiative 2005-2015, Piemonte Doc Film Fund – Fondo Regionale per il Documentario; con il sostegno di Città di Torino Assessorato alle Politiche di Integrazione, Provincia di Torino, Regione Piemonte. Un'iniziativa realizzata nell'ambito del protocollo d'intesa Città di Torino-Compagnia di San Paolo in materia di immigrazione, integrazione e interculturalità, Regione Piemonte Assessorato al Welfare e Assessorato alle Pari Opportunità, Consiglio d'Europa/Campagna Dosta! contro i pregiudizi e gli stereotipi verso i Rom in Italia sviluppato grazie al Programma MEDIA della Comunità Europea
 
Il documentario è stato trasmesso il 30 luglio 2009 su Rai 3 nell'ambito del programma DOC3.
 
Premi: Menzione speciale della Giuria al 27° Bellaria Film Festival per "la freschezza e lo humour con cui la regista rivendica fieramente la sua identità rom pur mettendone giocosamente in discussione talune tradizioni"; Segnalazione della giuria AVANTI! (Agenzia Valorizzazione Autori Nuovi Tutti Italiani) per la distribuzione culturale tra i film  "che presentano qualità sul piano tecnico ed espressivo che li rendono meritevoli di confrontarsi con il pubblico più ampio delle sale di essai e delle associazioni di cultura cinematografica"; Premio UCCA 20 Città "per la capacità di descrivere in modo lieve, a tratti ironico, sempre diretto, la propria storia, quella della famiglia e attraverso di esse la difficile condizione dei rom in Italia. Da sottolineare l'utilizzo consapevole ed efficace del linguaggio cinematografico da parte della giovane autrice".




Sinossi
Io, la mia famiglia Rom e Woody Allen è la storia di una ragazza Rom che abita con i suoi in un quartiere popolare alla periferia di Torino. Il racconto in prima persona esplora i cambiamenti e le dif?coltà della nuova vita stanziale, le relazioni con i parenti che ancora vivono nomadi, i contrasti e le incomprensioni che ?n da bambina la accompagnano nelle relazioni con gli altri, i Gagè. Attraverso i ricordi dei suoi familiari, tra cui l’anziana nonna che ancora vive in un campo, le fotogra?e e i ?lmati del padre che ha documentato negli anni la vita quotidiana della piccola comunità, scopriamo una realtà sconosciuta che ?no ad oggi abbiamo voluto conoscere solo attraverso gli stereotipi e i luoghi comuni. Ma il documentario non è soltanto la storia di una famiglia, di fatto chi parla è una ragazza di oggi che cresce inseguendo i propri sogni di adolescente, combattendo contro i pregiudizi e le tradizioni di una cultura dif?cile da accettare.




Dichiarazioni
«Mi chiamo Laura Halilovic sono nata il 22 novembre del 1989. La mia passione per la regia è nata quando avevo nove anni. Ho vissuto al campo per anni e mi trovavo benissimo, poi mi sono trasferita alla Falchera quando ci hanno dato una casa popolare. Mi trovo bene anche qui. Qui ho anche girato il mio primo cortometraggio con un gruppo di amici. Voglio fare un documentario sui Rom per far conoscere agli altri la nostra vita. I Rom, o come vengono chiamati con un tono dispregiativo, gli Zingari, per la maggior parte vivono nelle case, i loro figli vanno a scuola, a differenza di quello che tutti credono, solo alcuni di loro vivono ancora girando come facevano una volta. Sono stati fatti film e documentari sulle loro usanze, sul loro modo di vivere, ma nulla i cui loro possano veramente riconoscersi. I registi e gli sceneggiatori presentano il mondo dei Rom con idee ancora molto stereotipate. Non sanno che alcuni non si direbbe che sono Rom e che molti di quelli che ancora oggi vivono viaggiando sarebbero felici di avere una casa popolare e di poter mandare i propri figli a scuola. La gente oggi ha ancora paura, non si fida, appena sente la parola Zingaro si allontana e questo mi da molto fastidio, non ci fa sentire accettati in un paese che non è il nostro e nel quale stiamo cercando di costruirci un futuro e di dare un futuro ai nostri figli» (L. Halilovic, www.sivola.net/dblog/articolo).
 
«Ho finito la terza media e non sono andata avanti a studiare perchè avevo voglia di scrivere. Diciamo anche che non capita spesso che una ragazza Rom vada avanti negli studi... dovendosi sposare abbastanza presto. A me per ora è andata bene, i miei genitori hanno capito che la mia strada è un'altra. Certo che ho dovuto lottare per far valere le mie ragioni. Dal giorno che mi è venuta l'idea di fare un documentario la prima cosa a cui ho pensato è stata la mia famiglia, con tutte le difficoltà e i problemi di una famiglia normale, volevo far capire che le differenze sono soprattutto nella testa delle persone. Quello che volevo era raccontare la nostra storia per spiegare alla gente che alla fine le persone non sono poi così diverse come molti pensano. Da lì è cominciato questo lavoro. Allora avevo ancora 17 anni, mi sembra che sia passata un'eternità. Oggi ne ho 19. Sono stati due anni pieni di emozioni, non sempre facili ma credo di aver imparato molto. Un giorno mentre ero sul pullman ho assistito ad una brutta scena di razzismo contro due ragazze Rom. È stato questo episodio che mi ha spinto a fare qualcosa. Quella sera ho cominciato a scrivere quelle che poi sono diventate le mie motivazioni per fare questo documentario. Le ho poi fatte leggere a Davide Tosco e Nicola Rondolino, che mi avevano già dato una mano con il mio primo corto, a loro l'idea è piaciuta e da lì ci siamo messi a scrivere tutti e tre. Loro scrivevano una cosa partendo da quello che avevo scritto, poi io ne scrivevo un'altra, poi ne discutevamo e piano piano siamo arrivati ad una prima versione di trattamento che abbiamo fatto leggere a diverse persone e a qualche produttore. Ognuno diceva la sua ma nessuno voleva immischiarsi in questo progetto, a parte la Film Commission e la Città di Torino che ci hanno dato fiducia fin dal principio. Siamo andati avanti più di un anno a scrivere e ri-scrivere, e a cercare di convincere la gente. Finchè la Rai ha deciso di entrare nel progetto pre-acquistando il documentario. Mi ricordo che siamo scesi a Roma con Tosco ad incontrare la responsabile dei documentari di Rai Tre, con lei c'erano altre quattro persone, all'inizio ero un po' impacciata poi sono riuscita a spiegare le cose che per me erano importanti e ho visto che tutti mi capivano e così in quel primo incontro siamo riusciti a convincerli che questa era una cosa che bisognava fare. Dopo un'ora siamo usciti dalla Rai e non ci potevo credere, finalmente qualcuno che credeva in noi. Da li in poi tutti erano più interessati... [...] Ci sono stati momenti dove pensavo di mollare tutto e che non ce l'avrei mai fatta ed altri in cui mi sentivo veramente contenta perchè mi rendevo conto che stavo facendo una cosa importante e avevo la fortuna di lavorare con delle persone che rispettavano le mie idee» (L. Halilovic, Pressbook della produzione).
 
«Questa è un'occasione per avvicinarci ad una dimensione umana troppo spesso stigmatizzata. Sappiamo bene che l'incomprensione nasce dalla diffidenza e da quella supponenza che ci porta a credere di conoscere. È una superficialità a cui pigramente ci siamo abituati, questo purtroppo è forse la condizione che caratterizza molte delle relazioni tra le comunità. Sono convinto che troppo spesso i mezzi di informazione, a cui puo' essere attribuita una parte della colpa, sono lasciati soli ad imporre una prosepttiva purtroppo limitata degli eventi. Ma non ci si può solo sempre lamentare, bisogna sforzarsi e trovare nuove strade, forse ancora non battute, per proporre altre visioni, altri punti di vista che valorizzino quell'universo sfaccettato di voci diverse e quasi mai udite. Questo lavoro è un tentativo di proporre uno sguardo inverso; un mondo svelato dal suo interno come forse mai prima: vuoi l'età della narratrice, vuoi il tema e l'intenzione. Credo che una
televisione in ascolto, recettiva e promotrice di dialogo dovrebbe fare anche questo: trovare il coraggio di dare spazio a quelle realtà che ancora faticano a raccontarsi, a raccontarci. Sono contento del risultato che abbiamo ottenuto e credo, anzi spero, che lo stupore del pubblico che sarà, prevalga sull'indifferenza» (D. Tosco, Pressbook della produzione).




Scheda a cura di
Franco Prono

Persone / Istituzioni
Laura Halilovic
Nicola Rondolino
Fabio Barovero
Giuseppe Napoli


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