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ENCICLOPEDIA DEL CINEMA IN PIEMONTE

Lungometraggi



Il magico natale di Rupert
Italia, 2004, 35mm, 85', B/N e colore

Altri titoli: Rupert's Magic Christmas

Regia
Flavio Moretti

Soggetto
Vincenzo Torelli

Sceneggiatura
Flavio Moretti

Fotografia
Pietro Sciortino

Musica originale
Andrea Tosi

Suono
Vito Martinelli

Montaggio
Ilaria Fraioli

Effetti speciali
Michele Guaschino, Enrico Corradino, Massimo Sponza

Scenografia
Giuseppe Garau

Costumi
Patrizia Ciairano

Trucco
Pina Di Tommaso

Interpreti
Gianmaria Corolla (Rupert), Piera Cravignani (nonna Porfiria), Clara Droetto (madre di Rupert), Renato Liprandi (padre di Rupert), Carlo Valli (voce narrante), Eugenio Allegri

Casting
Maura Cudal

Direttore di produzione
Diego Cavallo

Produzione
Silvio Pederzoli per Unistudio, Giovanni Saulini e Silvia Innocenzi per Orione Cinematografica

Distribuzione
Istituto Luce

Note
2500 metri.
Suono Dolby Digital; illustrazioni/disegni animati: Giorgio Lusso; effetti speciali digitali: Massimo Sponza; collaborazione alla produzione: Tele+, Istituto Luce e Rai Cinema.
 
Film realizzato con l’intervento del Ministero per i Beni Culturali Direzione Generale Cinema e il sostegno di Film Commission Torino Piemonte.




Sinossi
È la vigilia di Natale, la nonna lascia a Rupert alcuni incarichi tra cui quello di riassettare la soffitta. Rupert suo malgrado si appresta ad eseguire l’ordine ma viene sopraffatto da molte sorprese. In soffitta trova, tra le svariate invenzioni del nonno accumulate dopo la sua scomparsa, una rudimentale macchina del tempo. I veri guai per Rupert arrivano quando attacca alla presa della corrente una strana lampada che, a sua insaputa, emana segnali che si propagano nello spazio e raggiungono un’astronave aliena di passaggio intorno alla terra. Proprio in quell'attimo il ragazzo intravede una luce che solca il cielo e un piccolo pacco che sta precipitando. Viene aperto, dalla scatola escono dei piccoli, micidiali alieni. Sono pronti ad invadere la casa...




Dichiarazioni
«La creatività e la fantasia trovano, da sempre, il loro terreno più fertile nel racconto fantastico. Il cinema e la televisione costituiscono i principali stimolatori dell’immaginario collettivo. Ed è prevalentemente attraverso tali mezzi di comunicazione che sperimentiamo quotidianamente il passaggio dal reale al fantastico, dal vero al non vero. È necessario, d’altra parte, invertire una tendenza che ha paralizzato e pressoché estinto la produzione italiana di fiction cinematografica, abbassando notevolmente gli standard di qualità e di professionalità dei nostri prodotti. Ritengo, infatti, che sia importante investire guardando lontano, mentre è deleterio considerare solo il riscontro immediato. Negli anni Sessanta è stato reinventato dagli italiani il cinema di genere western e mitologico; perché non riprovare nel nuovo secolo con il genere fantasy? Il mio personaggio, di pura fantasia, si muove in un paesaggio dai connotati fiabeschi; la commedia è divertente, colorata, spettacolare: un prodotto realizzato da una squadra di giovani ed entusiasti collaboratori» (F. Moretti, “Primafila” n. 71, marzo 2001).
 
«Rupert sostituisce […] Wilbur, causa problemi d’età dell’attore Vincenzo Torelli, che vestiva in passato i panni di Wilbur. Il regista ha deciso di utilizzare un attore più giovane e idoneo al ruolo, Gianmaria Corolla, che al tempo delle riprese aveva 15 anni. Nel film appaiono due tipi di alieni: quelli buoni (la famiglia aliena, composta da mamma, papà e figlioletto) e quelli cattivi (i Drauni, una ventina di piccoli diabolici mostriciattoli da combattimento alti circa 30 cm.). In prima persona  […]  mi sono preso l’incarico di costruire tutte le navicelle dei Drauni e le varie armi aliene, ad esempio il cannone laser, e la scatola che le contiene. Ho fatto comprare dalla Produzione una decina di scatole di montaggio di missili aerei e ho cominciato a montarli mischiando tutti i pezzi, e dopo un paio di mesi ho ottenuto le cose qui fotografate. Poi, con l’aiuto di mio padre, falegname-tornitore, mi sono fatto costruire altri oggetti, ad esempio la scatola aliena. Con dei pezzi di tubi, fili e rondelle ho costruito anche il resto. Ci tengo a sottolineare che anche se questo è un “vero” film, i soldi sono stati da subito ridotti al minimo; pertanto è stata una sfida ancora più ardua riuscire a far sì che risultassero ben fatte sia le varie astronavi che le particolarissime armi. […] L’incarico di realizzare gli alieni, sia buoni che i cattivi, è stato affidato al “Rick Baker torinese” Michele Guaschino, con il quale avevo collaborato nel 1993 per il mio cortometraggio Il cerchio, dove apparivano degli uomini-albero. Avevo visto il suo laboratorio pieno di mostri e gente squartata; superato lo shock iniziale, ho deciso che era la persona giusta per questo lavoro. La sua perfezione nell’esecuzione e il suo entusiasmo - anche quando gli ho detto che non avremmo potuto pagarlo come Rambaldi - mi hanno convinto. Così, dopo aver studiato insieme le fisionomie delle creature, Guaschino ha cominciato a lavorare sui modelli più piccoli (30 cm); in seguito ha preparato anche degli esemplari in grandezza naturale, nei quali possono entrarci dei mimi per le inquadrature in primo piano. […] Il tecnico-artista digitale Massimo Sponza, ha infine ricreato in modo digitale le creature della famiglia aliena che appaiono nel film. Inoltre ha creato molti complessi effetti speciali fra i quali la grande disintegrazione finale della casa della nonna Porfiria. […] Enrico Corradino, giovane realizzatore di Effetti Speciali, è stato l’addetto alla costruzione di piccoli modelli in scala, come il pupazzo di Rupert in scala 1/10 con movimenti, Babbo Natale con 6 renne per la scena finale del film, e vari elementi da inserire nei modelli in scala delle case. […] Nei miei cortometraggi ho sempre dato molto spazio alla costruzione e alla messa in scena dei modellini in scala e a grandezza naturale, realizzati da me e dal mio collaboratore di lunga data, lo scenografo Giuseppe Garau. Ovviamente, in questo mio ”piccolo Kolossal” ho potuto usufruire di scenografie in spazi più ampi; ad esempio, è stato costruito un villaggio dentro un teatro di posa di 800 mq; è stato dipinto un cielo di 120 x 8 m.; è stato tutto ricoperto di neve artificiale poiché il film è ambientato alla vigilia di Natale. Nel teatro di posa più piccolo (400 mq. X 6 m. di altezza) è stato allestito tutto l’interno della casa del protagonista dove si svolge la metà del film, compresi la soffitta e l’interno dell’astronave. […] Garau, oltre a supervisionare tutti i lavori degli abili costruttori, ha dovuto anche pensare alla preparazione dei vari modellini in scala delle case che in alcune scene sono stati integrati (con l’uso della prospettiva forzata) al villaggio costruito nel teatro di posa più grande. […] Molto importante per un film fantastico è la direzione della fotografia. L’incarico è stato affidato a Pietro Sciortino, versatile direttore che […] è stato importante per dare il look al film, giocato sulla cromaticità dei colori ispirata ai fumetti degli Anni ’50 e ’60. […] Per Rupert ci sono stati da eseguire più di 6000 interventi animati, la metà dei quali hanno riguardato i raggi colorati alieni che escono dalle micidiali armi realizzati con un sistema denominato Rotoscope (fotogramma per fotogramma), una tecnica simile a quella utilizzata da Ray Harryhausen. Inoltre nel film ci sono dei veri e propri disegni animati che escono dai fumetti e vanno ad interagire con gli attori in carne ed ossa. […] Il tecnico del suono Vito Martinelli coadiuvato da Flavio Moretti, ha realizzato una complessa colonna effetti sonori, che ha richiesto quattro mesi di lavoro per via delle innumerevoli situazioni del film» (F. Moretti, www.flaviomoretti.it).





«Tutta la produzione precedente di cortometraggi del regista è un lungo viaggio attraverso mondi immagi­nifici, ma soprattutto è un universo dalla grande complessità espressiva, erede diretto di un intero secolo di cinema. A partire dai primi corti, [...] Moretti rappre­senta una fresca ventata dì novità con quel pizzico di audacia necessaria nel panorama cinematografico italiano, soprattutto in un genere come il fantasy, per tradizione avaro di talenti nella nostra terra. Il suo Rupert, protagonista di questa favola, rappresenta la natura­le evoluzione del precedente Wilbur, una creatura per certi versi geniale. [...] Moretti ha un'idea interessante dei cinema, certamente di ampio respiro, una concezione simile a quella di alcu­ne Factory, ad esempio quella di Roger Corman. La sua personale estetica del cinema, il suo mondo poetico, ma soprattutto il suo modo di lavorare (Moretti ha utilizzato in parte metodi empirici ereditati da suo padre falegna­me-tornitore e in parte un'avanzata tec­nica digitale) ne fanno un vero artigiano dell'immaginario, per usare il titolo di un suo vecchio cortometraggio, un vero disognatore. E, inutile dirlo, di sognare non ci si stanca mai» (E. Bartoni, “Film” n. 75, maggio-giugno 2005).
 
«Fantascienza gentile, economica, tutta in interni e quindi curiosamente fuori moda rispetto al diktat dei kolossal americani. L'ha diretto con divertenti effettini speciali Flavio Moretti […], ed è la storia di un teenager taglia forte, pazzo di merendine, posteggiato a Natale da genitori senza cuore presso la decisa nonna Porfiria. […] Il magico Natale di Rupert è un Ritorno al futuro fatto in casa, un curioso fantasy artigianale, stile Tv per ragazzi, un po' Albero azzurro, ma che recupera le luci e l'estetica delle amazing stories ai confini della realtà dei fumetti americani anni '50. Piacevole operazione di fanta modernariato con accurata fattura, attori sintonizzati e una bellissima fotografia, ora ghiacciata in blu e ora calda in arancione, del compianto Pietro Sciortino» (M. Porro, “Corriere della Sera”, 4.12.2004).
 
 
«Occhiali tridimensionali che animano fumetti, macchine del tempo e minuscoli, micidiali alieni... […]  Regista di corti e di spot di Mtv, Moretti con questo film debutta nel lungometraggio. Certo, rispetto ai faraonici effetti speciali ai quali oramai siamo abituati, i trucchi adottati da Moretti sembrano fatti in casa. Ma restituiscono delle invidiabili atmosfere rétro a questo piccolo, coraggioso fantasy italiano» (R. Bottari, “Il Messaggero”, 3.12.2004).
 
«Tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90, uno dei “cortisti” più promettenti era considerato Flavio Moretti, specie con i suoi film dedicati al bizzarro Wilbur (Wilbur e la Tv, Troppi guai per Wilbur) che avevano fatto parlare di un “Tim Burton italiano”. Il suo esordio nel lungometraggio, tuttavia (che riprende alcune suggestioni dei film citati), è una delusione. […] L’operazione, rivolta esplicitamente all’infanzia, non ha però nulla di sognante: tutti gli attori (a cominciare dal protagonista) bambocciano, dopo venti minuti cala una noia mortale, non c’è una sola vera invenzione visiva e le scenografie da sole non bastano. Il generoso pollice medio è dovuto a una certa simpatia che l’operazione artigianale suscita, con la sua iconografia debitrice di fumetti alla Zio Tibia o Guerra d’eroi. Il film, costato 1 milione e 700 mila euro (non troppo), ricostruisce passabilmente una cittadina americana alla Norman Rockwell in un paio di capannoni a Torino» (E. Morreale, “FilmTV”, www.film.tv.it).
 
« Flavio Moretti debutta nel lungometraggio con una fiaba natalizia dalla trama un po’ sfilacciata ma capace di avvolgere lo spettatore in un’atmosfera di stupore infantile. Lo stesso che anima Rupert […], un ragazzo che trascorre un turbolento 24 dicembre a casa della nonna, alle prese con occhiali che animano fumetti, strane invenzioni scovate in soffitta e torri alieni. Rispetto agli effetti speciali ai quali siamo abituati i trucchi usati da Moretti possono sembrare artigianali, ma forse proprio questo sapore rétro, che recupera l’estetica anni 50 delle riviste di fantascienza come Amazing Stories, mescola la tecnica dei modellini e della prospettiva forzata con la computer graphic e ricorda gli incubi di Tim Burton, è uno dei pregi di questo piccolo, coraggioso fantasy italiano» (S. Rezoagli, “Ciak” n. 12, 2004).
 
«Del regista ricordavamo con simpatia il vecchio mediometraggio in video Troppi guai per Wilbur (1987), che tentava con ruspante talento una via autarchica al fantasy. Nulla che s ritrovi in questo suo (forse troppo) tardivo esordio, girato nel 2002, dove un corpulento ragazzino teledipendente scopre in soffitta le invenzioni magiche del nonno e scatena un attacco di alieni invasori. Per quanto ammirevole nel pensare in grande con un piccolo budget, è solo un pio desiderio di altro cinema: dì Joe Dante (di cui plagia tutto, da Gremlins a Small Soldiers passando per Explorers), di Tim Burton, persino di Ed Wood. Non è molto, per un film con la patente "d'interesse culturale nazionale" (leggi: finanziato anche da te, lettore). E l'ennesima conferma che oggi, in Italia, non c'è nulla di più difficile che lavorare sul genere. Su qualunque genere» (Phil M, “Segnocinema” n. 135, settembre-ottobre 2005).




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