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ENCICLOPEDIA DEL CINEMA IN PIEMONTE

Cinema muto



La gerla di papà Martin
Italia, 1914, 35mm, B/N


Regia
Eleuterio Rodolfi

Soggetto
dalla commedia “Les crochets du père Martin” di Eugène Cormon e Eugène Grangé

Sceneggiatura
Arrigo Frusta

Fotografia
Giuseppe Paolo Vitrotti

Interpreti
Ermete Novelli (Papà Martin), Luigi Chiesa (Armando), Gigetta Morano (Amelia), Ersilia Scalpellini (Genovieffa), Umberto Scalpellini (Charenzon), Eleuterio Rodolfi (il rapitore), Cesira Lénard, Giorgio Piamonti



Produzione
Società Anonima Ambrosio, Torino

Note

Nulla osta n. 5.595 del 30.11.1914; 823/1.200 metri.

Riduzione e adattamento: Arrigo Frusta.                                                                    

La prima visione pubblica è avvenuta nel dicembre 1914.

La sceneggiatura «Contiene un “N.B.” che suggerisce di rifarsi ai disegni di Gavarni per i costumi (si tratta di Paul Gavarni, illustratore, incisore e caricaturista francese del XIX sec.)» (S. Alovisio, Voci del silenzio. La sceneggiatura nel cinema muto italiano, Museo Nazionale del Cinema, Torino - Il Castoro, Milano, 2005).  

 

 

 

 

 

 

Un omonimo film era già stato portato sugli schermi nel 1909 dalla Cines con la regia di Mario Camerini (nulla osta n. 6.201 del 11.1.1915; 314 metri). Un altro film omonimo, inoltre, viene realizzato da Mario Bonnard nel 1923 per la Caesar Film (nulla osta n. 18.396 del 30.6.1923, 1795 metri).





Sinossi

Papà Martin e la moglie Genoveffa sono orgogliosi di Armando, loro figlio che vive in città, studia e deve sposarsi con Amelia. In realtà Armando è stracolmo di debiti, ha un’amante e non è vicino alla laurea. Inscena persino una festa di laurea, durante la quale, però, viene scoperto dal padre che, distrutto, paga con tutti i suoi risparmi i debiti del figlio con uno strozzino e successivamente impone al figlio di partire per l’Australia. Al rientro dall’Australia Armando, redento, ottiene un lavoro grazie a un gesto eroico compiuto in mare e può sposare Amelia e far smettere di lavorare il padre.






«Nel cinema, come nel teatro, la favola passa in seconda linea; a teatro come al cinema si va a vedere Novelli (e dico vedere anche per la scena) poiché Novelli, se è grande nella parola, è inarrivabile nell’azione. [...] Il revisore di Casa “Ambrosio” ha creduto di portare qualche modificazione al vecchio lavoro drammatico. Non si tratta di modificazioni essenziali, richieste da esigenze cinetecniche, né di sostanza, ma puramente di forma; ed  è ciò appunto che mi stupisce. La scena si apre, dopo alcune scene d’antefatto, col quadro della vita spensierata di Alberto fra quattro pareti, mentre nel dramma, molto più grandiosamente quella scena si svolge in un ampio giardino, all’ombra di grandi alberi. [...] La cinematografia, ch’è l’arte dello spazio, ridurla a forme più ristrette della scena, non mi sembra troppo vantaggioso. [...] Data l’eccezionale importanza dell’avvenimento (perdonatemi la venerazione che ho pel Grande Artista), non sarebbe stato male una maggiore larghezza di mezzi atti a dare impronta di grandiosità alla film. Una discesa del Novelli con Genovieffa o con la figlioccia Amalia, a la gare di Parigi, ed il passaggio in carrozza per alcuni punti della grande Metropoli, era più che necessaria, indispensabile. [...] Quel trenino della Ciriè-Lanzo, quantunque si possa ammettere che un convoglio, su per giù uguale, possa aver portato Papà Martin a Parigi, non fa troppo buona impressione. Si tratta di provinciali zotici [...] ma poiché anche i campagnuoli vanno nei treni, per decoro della film non sarebbe stato male servirsi di un treno omnibus, magari, piuttosto di quel trenino. Una mancanza di certa importanza mi pare che si sia commessa al finale del secondo atto, sostituendo una scena con un lungo sottotitolo: “Dirò a mia moglie che l’imbecille sono stato io, che ho giocato in borsa ed ho perduto....”. Nel dramma la partenza di Alberto è uno dei momenti più toccanti. [...] Perché fu soppressa? Strano che nel mentre in altre films si fa uso ed abuso di particolari, in questa si scarseggi! [...] Molto spesso, anzi, la faccia del Novelli è posta contro luce, per cui mal si distinguono i lineamenti del volto. [...] Ho creduto scorgere in questa film una certa soggezione degli artisti, pel fatto di trovarsi a fianco di un così grande compagno. Il rispetto vince l’arte [...] Il Rodolfi, direttore artistico e ottimo primo attore brillante, ha voluto anche lui figurare a fianco del Grande. [...] Il Chiesa (Armando) è fuori posto. Non si può far lo studente a quell’età e con quei baffi; ben altra figura doveva essere quella del figlio di Martin» (“La Vita Cinematografica”, a. V, nn. 44/45, 30.11 – 7.12.1914).

«[...] il grande Ermete vi palesa i più intimi segreti dell’animo suo colla sua espressione e sentimento, che sono le doti essenziali di un artista che intenda come il Novelli di sollevare coll’arte tutto sé stesso e riuscire a spaziare sopra il limitato orizzonte della vita comune, a confortarsi d’un oblio di sé medesimo in mezzo alle cose volgari che lo circondano... Bene interpretato anche dal Chiesa, Scalpellini e dalle signore Lenard e Gigetta Morano La Gerla di Papà Martin riesce una vera opera d’arte» (“Il Maggese Cinematografico”, a. II, n. 20, 30.11.1914).

«Ermete Novelli prodiga in questa film tutta la sua arte singolare fatta di naturalezza, di misura, di sobrietà, di mezze tinte, di espressione comunicativa, tanto più efficace, quanto più semplice e fine. […] La commedia è vecchia e tutti la conoscono. […] Rodolfi l’ha messa in scena con gusto di poeta e di artista. […] Tutti i quadri sono ben fatti, meno forse quelli che figurano svolti a Parigi, che sono troppo poco lussuosi. Buonissimi gli esterni eseguiti nel porto (che dovrebbe essere quello dell’Havre, ma è invece quello di Napoli). Tutti bravi gli artisti che circondano Novelli. […] Nitida e chiara la fotografia» (“La Cinematografia Italiana ed Estera”, a. VIII, nn. 179/180, 1-30.111914). 

 

 

 

 



Scheda a cura di
Chiara Giorgetti

Persone / Istituzioni
Arrigo Frusta
Giuseppe Paolo Vitrotti
Ermete Novelli
Gigetta Morano
Umberto Scalpellini
Eleuterio Rodolfi


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