«La storia avventurosa di due paia di scarpe da ginnastica e dei loro occupanti; un ragazzo e una ragazza, lui tipografo, lei softwarist. Una storia d’amore e di sport, ginnastica e footing, aerobica e breakdance, girata con i tempi dei clip e la leggerezza del walkman» (G. Gebbia, www.torinofilmfest.org/history).
« “La storia avventurosa di due paia di scarpe da ginnastica e dei loro occupanti, un ragazzo e una ragazza, lui fotografo lei softwarist. Una storia di amore e di sport, ginnastica e footing, aerobica e breakdance, girata con i tempi dei clip e la leggerezza del walkman”. Con questa “dichiarazione dell'autore” Giovanni Gebbia presentava nel 1986 il suo cortometraggio Walking Shoes presentato nello spazio aperto del IV Festival Internazionale Cinema Giovani. Giovanni Gebbia è poi diventato il re italiano della steadycam, quella particolare cinepresa bilanciata che permette riprese incredibili grazie soprattutto alle doti tecniche (e, diciamolo, anche atletiche) di chi la manovra. Giovanni Gebbia è torinese, ma ora ha lavorato un po' in tutto il mondo e sua filmografia ci sono anche parecchi film con i più famosi registi americani. È un peccato che questa attività prevalente gli abbia fatto mettere da parte la regia, perché le qualità e le idee c'erano. In questo cortometraggio (che si avvale dell'ottima fotografia di Claudio Meloni, altro nome di riferimento per il cinema subalpino) in soli dieci minuti Gebbia riesce a inventare una situazione e a raccontarla con ironia e divertimento. Gli interpreti erano Fabio Bonzi e Marianna Perla, il film fu proiettato nel formato U-Matic che all'epoca era all'avanguardia e che adesso è decisamente superato, il linguaggio della scheda mostra come i termini tecnici fossero importanti in quel particolare periodo» (S. Della Casa, “La Stampa-TorinoSette”, 15.4.2011).