«L'impegno di Daniele Segre per un cinema civile, attento ai problemi, alle discussioni e polemiche del dibattito politico e sociale; non è una novità. […] Pur nella grande diversità tra un'opera e l'altra, se si può riconoscere un tratto comune nella scelta degli argomenti, di grande impatto politico-sociale, è nel modo di realizzare i film, che consiste soprattutto nel dare la parola ai protagonisti, nel consentire loro la possibilità di esprimersi liberamente, nello scavare il, retroterra degli atteggiamenti che li caratterizzano nei confronti degli altri. Segre in questi giorni […] ha appena terminato O.A.D. - Ospedalizzazione a domicilio, un video di 25 minuti che tratta di un aspetto molto particolare del trattamento terapeutico possibile. L'ospedalizzazione a domicilio […] è .una vera e propria strategia alternativa che evita al paziente, quando è possibile, il ricovero in ospedale, con il conseguente sradicamento dalla struttura familiare e affettiva, facendolo restare a domicilio assistito da un'équipe che verifica giorno per giorno il decorso della malattia. È un trattamento che riguarda soprattutto persone anziane e tiene conto ovviamente di fattori come lo spazio disponibile in casa, la possibilità di assistenza da parte dei familiari etc. La filosofia che sottende tale esperimento è quella secondo la quale la medicina non è una scienza astratta e meccanica "ma può essere influenzata - come spiega il dottor Luigi Pernigotti, che ha collaborato alla realizzazione del video - da una serie di fattori e di relazioni che hanno, un'importanza notevole". Le dichiarazioni di chi ha vissuto come familiare o paziente la ospedalizzazione a domicilio, restituiscono agli spettatori tutte le emozioni di una scelta che consente di starsene a casa e non abbandonare quel letto che, come afferma un'inferma, "prima di me è appartenuto ai miei genitori, poi ha visto crescere i miei figli". Pochi ritratti, tutti commoventi: il vecchio piemontese con i baffi e con il comportamento impeccabile che conclude la conversazione dicendo: "Allora, lo facciamo questo elettrocardiogramma?", la signora che narra come adesso si senta pronta ad aiutare anche altri malati, l'altra che racconta come sia potuta passare da una vita priva di pensieri a un impegno quasi globale al fianco della sorella» (S.D.C., “La Stampa -Torinosette”, 30.11.1990).