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ENCICLOPEDIA DEL CINEMA IN PIEMONTE

Persone



Tullio Pinelli

Torino, 24 giugno 1908 - Roma, 7 marzo 2009
Sceneggiatore
Frequenta il Liceo Massimo D’Azeglio di Torino insieme a Cesare Pavese cui rimane legato da amicizia per tutta la vita. Laureato in Giurisprudenza, negli anni Trenta si dedica al teatro, scrivendo numerose commedie tra cui l'ironica La pulce d'oro (1935) e l'atto unico Lo stilita (1937) che attirano l’attenzione della critica e del pubblico. Nel 1943 la sua attività ottiene un premio dell’Accademia d’Italia. Le sue opere più importanti (I padri etruschi, 1941; Lotta con l'angelo, 1942 e Gorgonio ovvero il Tirso, 1952) sono caratterizzate da toni drammatici e tematiche di carattere spiritualistico.
Durante la guerra comincia ad occuparsi di cinema come sceneggiatore e soggettista; nel dopoguerra questa diventa la sua principale occupazione, imponendosi tra i maggiori professionisti italiani in questo settore. Lavora – sovente insieme ai colleghi Leo Benvenuti, Piero De Bernardi e Suso Cecchi D’Amico - a film di notevole impegno artistico, realizzati dai migliori registi italiani; in particolare collabora a lungo con Federico Fellini: spesso insieme a Ennio Flajano, Pinelli scrive i soggetti e le sceneggiature di tutti i suoi film da Luci del varietà (1951) fino a Otto e mezzo (1963). Fra le sceneggiature dagli anni Quaranta ai Sessanta ricordiamo quelle scritte per film di Mario Soldati (Le miserie del signor Travet, 1946), Alberto Lattuada (Il bandito, 1946; Senza pietà, 1948 e Il mulino del Po, 1949), Pietro Germi (In nome della legge, 1949; Il cammino della speranza, 1950; Il brigante di Tacca del Lupo, 1952 e Serafino, 1969), Roberto Rossellini (L’amore, 1952), Vittorio Cottafavi (Traviata ’53, 1953), Antonio Pietrangeli (Adua e le compagne, 1960), Dino Rosi (Il gaucho, 1965), Liliana Cavani (Francesco d’Assisi, 1966 e Galileo, 1969). Dopo gli anni Settanta collabora alle sceneggiature della trilogia di Amici miei di Monicelli e Loy (1975, 1982, 1985) e a quella di Speriamo che sia femmina ancora di Monicelli (1986).
Ha scritto anche libretti d’opera, testi di prosa radiofonica e sceneggiati televisivi (Eleonora, 1972 e Madre Teresa di Calcutta, 1987).
Nel 1998 ha pubblicato il romanzo La casa di Robespierre ed ha ricevuto il David di Donatello alla carriera.





Io non sapevo assolutamente niente del cinematografo. Facevo l’avvocato a Torino e, stando a Torino, conoscevo Gualino soltanto di nome, quando fui chiamato alla Lux.
La Lux cercava di svolgere un’attività letteraria in campo cinematografico, cercava di agganciare il cinematografo alla cultura. C’era anche, come direttore delle produzioni, Valentino Brosio, cugino di Manlio Brosio, rappresentante per il Partito Liberale nel C.L.N. a Torino, e ministro nell’immediato dopoguerra. Io ero stato, per combinazione, apprendista avvocato nello studio di Manlio Brosio.
Ero autore di teatro e avevo avuto un grosso successo a Roma con un mio lavoro al teatro Quirino. Il mio ingresso alla Lux avvenne in questo modo: Gatti mi propose di scrivere un trattamento di La figlia del capitano in concorso con Brancati e Vittorini, anche loro giovani autori sulla cresta dell’onda. Come andarono gli altri due trattamenti non lo so, so solamente che il mio fu accettato, e fui chiamato inaspettatamente a Roma alla Lux. Era il 1940-41, la Lux era in piena attività e mi proposero di lavorare con Camerini a La figlia del capitano.
Ebbi un contratto in esclusiva con la Lux: 80.000 lire l’anno, una cifra favolosa per l’epoca. Io stavo ancora a Torino e facevo su e giù in treno. Per l’affitto del mio appartamento spendevo 3.200 lire l’anno. Dovevo scrivere tre sceneggiature all’anno e, in più, avevo l’obbligo di letture, che presi molto sul serio: leggevo tutti i libri nuovi che uscivano e spedivo montagne di riassunti a Gatti. Fra le sceneggiature che scrissi allora, c’era anche quella di Le miserie del signor Travet. Avvenuta la liberazione del Nord Italia, io, che ero rimasto a Torino con la famiglia, seppi che il film era stato girato. Subito dopo mi trasferii definitivamente a Roma.
Ero con Borghesio nel Partito Liberale clandestino. Su ordine di Brosio gli diedi incarico di girare, per conto del C.L.N., le giornate dell’insurrezione. Borghesio girò un documentario terrificante: l’impiccagione del federale di Torino, le fucilazioni, i cadaveri: tutto. Una cosa atrocissima. Sparì quasi subito: credo che sia stato distrutto. Ritrovai Borghesio a Roma, sul soggetto di Come persi la guerra per Macario. Macario era stato l’interprete della mia prima commedia scritta in dialetto piemontese.
(in Lux Film, a cura di A. Farassino, Editrice Il Castoro, Milano, 2001).






Film
titoloregiadatanote
Si chiude all’albaNino Giannini1944Italia, 35mm, 72', B/N
La signora è servitaNino Giannini1945Italia, 35mm, 91', B/N
Il banditoAlberto Lattuada1946Italia, 35mm, 85', B/N
Come persi la guerraCarlo Borghesio1947Italia, 35mm, 90', B/N
Il cammino della speranzaPietro Germi1950Italia, 35mm, 101', B/N
Le avventure di CartoucheGianni Vernuccio1953Italia, 35mm, 85', B/N
Traviata ’53Vittorio Cottafavi1953talia/Francia, 35mm, 105', B/N
Amore e ginnasticaLuigi Filippo D'Amico1973Italia, 35mm, 112', Colore




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