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ENCICLOPEDIA DEL CINEMA IN PIEMONTE

Lungometraggi



Persiane chiuse
Italia, 1951, 35mm, 95', B/N

Altri titoli: Behind Closed Shutters

Regia
Luigi Comencini

Soggetto
Massimo Mida, Gianni Puccini, Franco Solinas, Sergio Sollima

Sceneggiatura
Massimo Mida, Gianni Puccini, Franco Solinas, Sergio Sollima

Fotografia
Arturo Gallea

Operatore
Antonio Belvisio

Musica originale
Carlo Rustichelli

Musiche di repertorio
Pippo Barzizza

Suono
Aldo Calpini, Giovanni Canavero

Montaggio
Rolando Benedetti

Scenografia
Luigi Ricci

Costumi
Annunziata Piacentini

Trucco
Libero Politi

Aiuto regia
Massimo Patrizi, Armando Crispino

Interpreti
Massimo Girotti (ing. Roberto), Eleonora Rossi Drago (Sandra), Giulietta Masina ("Pippo"), Liliana Gerace (Lucia), Renato Baldini (Primavera), Sidney Gordon (il commissario), Antonio Nicotra (Barale), Cesarina Gheraldi (Gianna), Adriana Sivieri (Iris), Goliarda Sapienza (la prostituta religiosa), Octavio Senoret (Edmondo), Piero Pastore (il «Cinque»), Antonio Carrera, Arturo Gallea (padre di Sandra e Lucia), Luisa Ravelli,

Direttore di produzione
Enzo Provenzale

Produzione
Giannini, Sergio Barbonese

Distribuzione
Lux Film

Note
Nulla Osta n. 9.490 del 4.3.1951; 2.607 metri.
Aiuto operatore: Alfieri Canavero; fotografo di scena: Luigi Bertazzini; direttore d’orchestra: Ugo Giacomozzi; canzone: A baci baci di Pippo Barzizza; segretaria di edizione: Serena Benvenuti; aiuto arredatore: Italo Giraldi; sarta: Annunziata Piacentini; altri interpreti: Ignazio Balsamo, Lina Acconci, Carmen Nazzari, Jone Salinas, Alberto Collo, Lalla Ambraziejus, Marcella Genuino, Gino Passatelli.
Le riprese degli interni sono state realizzate negli stabilimenti Fert di Torino.

 





Sinossi
La giovane Lucia ha una relazione fallimentare con un uomo, che poi l’abbandona. Dopo essere stata cacciata dai genitori, che riprovano le sua condotta e le sue scelte, finisce per trovare lavoro e riparo presso una casa di tolleranza nel centro di Torino, ove diventa l’amica di Primavera, un temuto sfruttatore di donne. Sandra la cerca senza successo con l’aiuto di un’attrice di varietà. Dopo qualche tempo Primavera, colpevole di omicidio, si mette in contatto con Sandra dicendole che è disposto a rinunciare a Lucia in cambio di soldi per espatriare; riceve la somma e viene ucciso dalla polizia. Lucia dapprima inveisce contro la sorella, poi si ravvede e si lascia persuadere a tornare a casa, dove il padre la perdona.




Dichiarazioni
«Una sera mi telefonò Fellini da Torino sottoponendomi una proposta che avrebbe risolto tutte le mie insoddisfazioni. Premesso che mi telefonava per conto del produttore Rovere, i fatti erano i seguenti: Gianni Puccini stava girando da tre giorni il film Persiane chiuse, che Fellini aveva sceneggiato insieme a Pinelli, ma alla fine della prima settimana avrebbe lasciato il film. “È un debutto e non se la sente di andare avanti, preso dal panico della macchina da presa. Germi, dal canto suo, ha letto per caso il tuo soggetto La città si difende e gli è piaciuto molto. Se tu passi il tuo soggetto a Germi, tu puoi fare subito Persiane chiuse”. [...] Andai a Torino a trovare Puccini che aveva iniziato Persiane chiuse. Ferveva una discussione sul posizionamento della macchina da presa nella quale ognuno diceva la sua. La ciurma era insorta ed era chiaro che la macchina da presa non si sarebbe mai piazzata. Puccini era in preda al fallimento totale. Quando mi vide mi venne incontro quasi rincuorato. Si sentiva in un ambiente ostile, incapace di prendere in mano la situazione. E il set purtroppo è così, o lo tieni in pugno o ti schiaccia. Puccini sapeva di non farcela e voleva cedermi il comando “ipso facto”. Gli consigliai di stare calmo e di tentare di fare il film. Sarei venuto a prendere il suo posto solo se mi avesse chiamato lui personalmente. Mentre stavo per uscire dal teatro, Puccini mi prese da parte e mi sussurrò: “C’è già chi è pronto a prendere il mio posto. Lo vedi quel rosso laggiù? È lui. È siciliano e vuol fare il regista, qui fa il direttore di produzione. Se non lo fai tu il film lo fa il rosso. A me non lo fanno più fare”. Ma dopo aver visto quel covo di vipere, non ero molto propenso a sostituirlo. Chiamai l’operatore Gallea, che fino a quel momento era rimasto in disparte. Mi confermò che il film o lo facevo io, o lo faceva un altro. Tanto valeva che accettassi perché Puccini era ormai fuori gioco. Fu così che prese via quest’intrigo dove tutto era sbagliato: Puccini non faceva la sua opera prima, io facevo un film non mio e il mio film lo faceva Germi. Il copione del film Persiane chiuse era quanto di più convenzionale si potesse immaginare: un padre, che è in casa a fare un solitario, riceve una telefonata dalla figlia scomparsa, finita nei giri della prostituzione. La telefonata è interrotta e la ragazza, che chiedeva aiuto, non fa in tempo a dare il suo recapito. Turbamento del padre! Organizza una ricerca della figlia nel mondo sotterraneo della malavita, aiutato da un’amica volonterosa. Entrano in bische, ambienti equivoci, locali notturni, tra prostitute e delinquenti di ogni tipo. Alla fine la figlia perduta è ritrovata e ricondotta dal padre felice che l’abbraccia. Piangono tutti: classico lieto fine. Mi ricordo che ero in clinica per un piccolo intervento. All’alba suonò il telefono. Era Mario Soldati che mi diceva:  “Bravo! Bravo!”. “Per che cosa?” gli chiesi. Il film gli era piaciuto e aveva sentito l’urgente bisogno di dirmelo. Soldati ne definì anche uno stile: “L’irrealtà che sembra vera”. Il film, malgrado l’irrealtà di tutta l’opera, ebbe successo» (L. Comencini, Infanzia, vocazione, esperienza di un regista, Baldini e Castoldi, Milano, 1999).





Persiane chiuse, al di là dei risultati e dei limitati riscontri di pubblico e critica, rimane un film e una vicenda produttiva significativi del panorama cinematografico italiano del tempo, in cui continuamente si sperimentano e si incontrano stili e generi, in un’intensa mobilità professionale e artistica.
 
«Per avere un'idea del grande lavoro compiuto da Luigi Rovere, si pensi che nell'anno 1950 egli ha contemporaneamente in produzione Il cammino della speranza, Il monello della strada di Borghesio, Il bivio e Persiane chiuse di Comencini. Quest'ultimo film viene iniziato da Gianni Puccini, ma Rovere non è soddisfatto del suo lavoro e decide di sostituirlo con un altro regi­sta; mentre si reca a Roma per cercare un sostituto (che sarà appunto Luigi Comencini), per non lasciare a Torino la troupe inattiva incarica un giovane sceneggiatore presente sul set, Federico Fellini, di girare la sequenza del ritrovamento del cadavere di una donna nel Po. Vedendo che il risultato è ottimo, promette a Fellini di produrgli un film, che sarà Lo sceicco bianco (1952), opera di grande interesse e di straordinario insuccesso commerciale» (L. Ventavoli,  “Mondo Niovo 18-24 ft/s” n. 2, 2006).
 
Questi si trova dunque coinvolto nella produzione di Rovere non per sua scelta, ma si trova in un momento di crisi in cui «non riesce a portare a buon fine il progetto della Città si difende, scritto insieme a Fellini e Pinelli e poi affidato a Pietro Germi. Ma non sembra risentire dell’occasionalità dell’approccio. La sceneggiatura di Persiane chiuse, scritta da Mida e Puccini in collaborazione con due giovani (Franco Solinas e Sergio Sollima), lo convince anche per l’originalità dello spunto, la descrizione di un mondo della prostituzione che è davvero insolito nel panorama conciliante e tranquillizzante della realtà italiana dei primi anni ’50. L’autore ne approfitta per marcare meglio la sua vena più spontanea, un raccontare dal vero senza compiacenze e moralismi, con molto rispetto per la drammaturgia classica ma con uno stile già moderno, curioso, personale» (G. Gosetti, Luigi Comencini, Firenze, La Nuova Italia, 1988).

Comencini aveva esordito nella regia nel 1946 con un documentario, Bambini in città, sulle misere condizioni dell’infanzia nelle borgate e nelle periferie urbane; il suo primo lungometraggio, Proibito rubare (1948), ambienta la vicenda tra gli “scugnizzi” di Napoli che un prete cerca di togliere dalla strada e di avviare a un lavoro onesto. Questa propensione all’indagine di stampo sociologico, attraverso film che rappresentano regie di buon respiro e stile, si conferma con Persiane chiuse e La tratta delle bianche (1952), anch’esso impegnato ad affrontare il tema della prostituzione.
 
Si tratta in entrambi i casi di lavori dai toni melodrammatici, per certi versi vicini ai film dello stesso periodo di Matarazzo, che trovano inoltre altre zone di confluenza, soprattutto nel debito che contraggono apertamente con il genere noir americano e con la relativa letteratura poliziesca, tanto per quanto riguarda la costruzione dell’intreccio – con la discesa nel mondo della malavita, sorta di viaggio infernale – quanto per la complessiva ambientazione delle vicende. L’aspetto notturno, gli incubi delle protagoniste – in entrambi i film il personaggio centrale della prostituta è interpretato da Eleonora Rossi Drago, che dopo la stagione dei concorsi di bellezza conosce con Persiane chiuse il vero debutto al cinema –, le immagini della delinquenza sono raccontate con una scelta di riferimento agli spazi bui e degradati, umidi e maleodoranti del cinema di genere americano, che trovano in Persiane chiuse sorprendenti sintonie con il degradato contesto urbano della Torino ferita dai bombardamenti e dai disagi degli anni della guerra.

In Persiane chiuse «si respira un clima – drammatico e popolare – che è il versante in chiave “melò” dello stile con cui il regista presenterà le sue storie “gialle” da Senza sapere niente di Lei a La donna della domenica a Il gatto. D’altro canto la descrizione d’ambiente trova le sue correlazioni, nel tempo, con esperienze che andranno da La finestra sul Luna Park a Delitto d’amore. In entrambi i casi, protagonista è l’ambiente che induce gli individui a compiere, provvisoriamente o per sempre, scelte estranee alla propria umanità e sensibilità. Sandra, la protagonista di Persiane chiuse, abbandona le certezze di Roberto e della sua famiglia d’origine per entrare, come l’Alice di Carrol, in un mondo che sta al “di là dello specchio”, spinta dal desiderio di ritrovare sua sorella Lucia. E questa donna, che scopriremo essere una prostituta asservita al bieco Primavera, è fuggita incontro al suo destino (come si diceva a quei tempi) soltanto perché cacciata di casa in seguito a un amore illecito. Famiglia e ambiente si connettono dunque strettamente. Ma anche Carlo, l’eroe senza aureola di La tratta delle bianche va in cerca di Alda (una protetta del bieco Manfredi) soltanto perché mosso da un sentimento di famiglia, quella che egli stesso vorrebbe formare con la donna se Alda non gli morisse tra le braccia percossa da Manfredi. Simmetrie insistite, che non si ricollegano soltanto alle necessità della committenza o alla struttura del racconto. Hanno lo stesso andamento, ad esempio, anche i fondali delle due vicende, così come personaggi ed attori che, benché mutino di nome, rivelano fondate parentele psicologiche ed espressive. Tutto non va esattamente nel modo voluto dall’autore […] ma si respira in entrambi i film un clima che si sarebbe tentati di collegare con quello delle Amiche di Antonioni e quindi con certa letteratura fra Pavese e Vittorini che fa dell’Italia del nord un paese riconoscibilissimo, ma letterariamente affratellato alle esperienze americane del realismo» (G. Gosetti, Op. cit.).

Il film ebbe un grande successo di pubblico e di critica che stupì lo stesso regista (non mancarono polemiche e persino una querela per diffamazione, intentata dai proprietari di un locale equivoco inserito nelle riprese con il suo vero nome), ma molti rilevarono che si trattava di un esperimento parzialmente «mancato, se si tiene conto del contenuto umano e psicologico e della debolezza psicologica dei personaggi. Al centro della vicenda è la prostituzione: il “problema del giorno”, come avvertono anche le frasi pubblicitarie che accompagnano il lancio del film. Ma nonostante l‘impegno di inquadrare il fenomeno della prostituzione da un punto di vista problematico, sociologicamente impegnativo, gli autori hanno limitato la loro indagine al tentativo – non sempre riuscito – di costruire un’atmosfera fumosa e artificiale e di ricorrere a soluzioni caratteristiche dei film avventurosi. […] C’è molto fumo e molto mistero, nei locali e nei vicoli di Persiane chiuse; ci sono molti individui che farebbero invidia alle più fornite galere. Ma cosa sta all’origine di quel mistero, e chi sta dietro a quegli individui? Il film non lo dice» (“Cinema”, n. 61, 1.5.1951).
 
In seguito Comencini si indirizzò sulla commedia, con un’ottima intuizione per quanto riguarda il consenso del pubblico, dando vita con Pane, amore e fantasia (1953) al filone del cosiddetto “neorealismo rosa”, che ottenne grande fortuna nei primi anni Cinquanta.
 
«Si fa vivo de Gasperi, con un foglietto scritto a mano, con matita blu, contro il film Persiane chiuse di Luigi Comencini, sospetto di istigare alla prostituzione. E Andreotti [Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega al Cinema, N.d.R.] tiene testa al suo principale: "Il film non contiene alcuna scena di sensualità morbosa o eccitante, e ha invece una chiara finaltà ammonitrice per le migliaia di ragazze che sono tentate a varcare la soglia della prostituzione organizzata... Al soggetto ha collaborato la Onorevole Tina Merlin, che non credo possa essere accusata di propaganda favorevole alla prostituzione"» (M. Damilano, "L'Espresso", 8.11.2007).


Scheda a cura di
Matteo Pollone

Persone / Istituzioni
Luigi Comencini
Massimo Mida
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