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ENCICLOPEDIA DEL CINEMA IN PIEMONTE

Cortometraggi e Documentari



Peopling The Palaces At Venaria Reale
Italia, 2007, 35mm, Colore

Altri titoli: Ripopolare la Reggia

Regia
Peter Greenaway

Soggetto
Peter Greenaway

Sceneggiatura
Peter Greenaway

Fotografia
Ruzbeh Babol

Operatore
Timothy Heys Cerchio

Musica originale
Marco Robino

Suono
Mirko Guerra

Scenografia
Maarten Piersma

Arredamento
Luisa Iemma

Costumi
Marrit van der Burgt, Gianluca Sbicca, Simone Valsecchi

Trucco
Pilo Pilkes

Aiuto regia
Duccio Fabbri

Interpreti
Ornella Muti (marchesa di Caraglio), Ennio Fantastichini (marchese di Caraglio), Remo Girone (segretario), Martina Stella (Antonia Cotta), Piero Chiambretti (paggio), Giuseppe Battiston (cuoco Tomaso Foco), Ugo Nespolo (paggio), Mattia Sbragia (precettore Filippo Arduzzi), Alessandro Haber (medico di Corte), Luciana Littizzetto, Valentina Cervi, Tommaso Ragno, Sonia Bergamasco, Iaia Forte

Casting
Simona Cagnasso, Morgana Bianco

Direttore di produzione
Diego Cavallo

Ispettore di produzione
stripslashes(Enrico Cannizzo)

Produzione
Domenico De Gaetano per Volumina

Note
Consulenza storica: Paolo Cornaglia, Silvia Ghisotti, Andrea Merlotti, Tomaso Ricardi di Netro; assistente operatore: Massimo Setteducati; aiuto operatore: Alice Massano, Alessandro Felice; fotografa di scena: Paola Emanuel; suono Stereo Dolby Digital; microfonista: Sonia Portoghese; assistente scenografo: Anna De Coster, Ignazio Brucato, Gaia Pisani, Laura Costa; calligrafo: Brody Neuenschwander, Massimo Polello; editing: Irma De Vries, Joris Fabel; sarti: Barbara Molineri, Emiliano Mancini; assistente truccatrici: Arianna Manghisi, Nicole Tomaini;  assistente alla regia: Daniela Rovera, Clem Hitchcock, Marilee Reina; altri interpreti: Debora Caprioglio, Sandra Ceccarelli, Aisha Cerami, Cecilia Dazzi, Davide Scabin; assistente casting: Susanne Fischer, Valentina Pozzi; segretaria di edizione: Maria Bisognin; coordinatrice di produzione: Anna Frandino; amministratore: Franco Giannì; segretaria di produzione: Valentina Rossetto, Fabio Valente; aiuti di produzione: Rosario Barbera, Valeria De Bruno; backstage: Paolo Rapalino, Francesca Gentile
Le riprese sono state effettuate presso i Lumiq Studios di Torino.
 
Installazione multimediale realizzata con il sostegno di Film Commission Torino Piemonte.
 
Peter Greenaway ha anche pubblicato un libro intitolato Peopling the Palaces presso Volumina, Torino, 2007.




Sinossi
«Installazione multimediale firmata da Greenaway e realizzata per la rinnovata Reggia di Venaria Reale, residenza sabauda a due passi da Torino. Le scene ricostruiscono cinque differenti ambienti: l'entrata a palazzo con 10 personaggi che introducono il visitatore nel mondo della corte, le rumorose cucine dominate da un tirannico cuoco, gli appartamenti privati dove 40 damigelle di corte svelano intrighi amorosi, la sala della caccia dove si parla solo di cavalli e cavalieri, e infine le sale di rappresentanza dove la corte in processione avanza a ritmo di musica sfidando i pettegolezzi degli altri cortigiani. Le stanze della Reggia si animano di protagonisti del passato interpretati da noti attori italiani, tra suoni, musica, luci e rumori» (www.fctp.it).




Dichiarazioni
«In questi ultimi anni il mio interesse ha virato sempre più verso il concetto di "mostra", nelle sue accezioni più varie. I miei primi esperimenti cinematografici sono stati film-documentari su alcune mostre, quindi non è poi così strano che ora io stia procedendo all'inverso: partecipare ad alcune esibizioni, grazie a un mio particolare tipo di film. In più, c'è da dire che la storia è sempre stata una mia grande passione, ho fatto vari film ambientati nel XVII secolo, e penso costantemente a quell'epoca come l'inizio della storia moderna, che ha visto la nascita del capitalismo e della democrazia. E poi la gente ormai studia la storia più al cinema che sui libri [...] A mio avviso, il cinema è sprecato per il cinema. Sembra un'affermazione paradossale, ma non lo è. C'è un immenso vocabolario cinematografico a disposizione eppure i film che vediamo sono spesso noiosi, già visti, banali, dopo cinque minuti sai già come finiranno, i personaggi sono prevedibili. Abbiamo ancora un cinema che è come il teatro di ?echov, basato cioè sulla quarta parete invisibile. Ormai siamo nell'era post-televisiva: i ragazzi oggi nascono con il computer nella culla, hanno una tale familiarità con i mondi virtuali che il cinema deve sembrare loro incredibilmente vecchio. La nozione di schermo, invece, mi interessa molto: ci sono schermi ovunque oggi, dagli aeroporti ai centri commerciali, dai telefoni cellulari agli orologi da polso. È a questi schermi che bisogna pensare per essere all'avanguardia. L'atteggiamento dello spettatore cinematografico è del tutto passivo: due ore seduto al buio a guardare nella stessa direzione, qualcosa di completamente contrario alla fisiologia umana. Forse questo avrà soddisfatto le generazioni dei nostri padri e nonni, ma certo non soddisfa la generazione X, cresciuta con il pc, che ragiona secondo due canoni che al cinema sono preclusi per costituzione: l'interattività e la multimedialità. E questo mi riporta a Venaria. Lì siamo in un luogo reale, storico, si può toccare il muro, annusare l'atmosfera, guardare centinaia di schermi sui quali si rincorrono personaggi di carne e sangue, usare il corpo per spostarsi da una stanza all'altra. Il linguaggio cinematografico esiste ancora, ma in un contesto più ampio e vario» (P. Greenaway, www.repubblica.it).
 
«La Venaria prima dei 200 milioni di euro e dei 10 anni di restauri era molto più di una semplice rovina, più del fenomeno ripulito che è adesso. Un restauro crea inevitabilmente un falso. Quando entrai in contatto la prima volta con la Reggia mi tornò alla mente Piranesi, grandi palazzi per giganti, con stalle di 300 cavalli, e per ogni cavallo 3 persone, 900 persone solo per i cavalli. Un ceto immensamente ricco e il resto della popolazione impoverita e analfabeta. Ero colpito anche dal fatto che Napoleone l'avesse razziata e che abbiate fatto rientrare in Italia la ex-famiglia reale. Inizialmente mi hanno indicato 6 aree differenti su cui lavorare, dalla stanze private alla caccia passando per le cucine. Mi hanno fornito l'architettura, le pitture, i mobili, ma non c'erano le persone. Con le moderne tecnologie abbiamo tentato di riportare in vita re, giardinieri, servitù, dame di corte, cacciatori, soldati… Ho scritto una serie di brevi aneddoti, gli attori erano impostati in modo televisivo, rivolti verso la macchina da presa. Un esercizio tecnologico più difficile da mantenere vivo, dato che starà 3 anni a Venaria, da sviluppare. C'è però la possibilità di ritornarci sopra con aggiunte o modifiche» (P. Greenaway, 15.11.2007, www.ilsole24ore.com/art).





«Quando gli è stato proposto di contribuire con un suo intervento alla "risurrezione" della Reggia della Venaria Reale, capolavoro dell'architettura barocca a pochi chilometri da Torino, realizzato per i Savoia tra il XVII e il XVIII secolo dai più grandi architetti dell'epoca, [...] il regista gallese non ha resistito. Perché un'installazione in quel luogo combina la sua formazione di pittore, il suo interesse per l'architettura e la sua infaticabile voglia di sperimentare nuove tecnologie, cinematografiche e non solo. Così Greenaway ha pensato di riportare la vita a corte e ha scritto una sceneggiatura fitta di personaggi che vivono la loro quotidianità tra quelle mura. E "su" quelle mura: il bianco sporco delle pareti e degli stucchi della Venaria sarà infatti uno schermo perfetto per proiettare questi innumerevoli tableaux vivents che raccontano la storia "minima": quella dei pettegolezzi e degli amori, degli struggimenti e dei tradimenti, delle malinconie e delle gozzoviglie gastronomiche. La storia, insomma, della vita che brulicava all'epoca all'interno di questa magnifica reggia, che assieme alle altre residenze sabaude nel 1997 è stata dichiarata dall'Unesco Patrimonio dell'Umanità» (M. Capuani, www. repubblica.it).
 
«[...] la Reggia ritrova oggi l’atmosfera del XVII secolo anche grazie a uno dei massimi appassionati mondiali della storia e dell’arte di quel periodo. Peter Greenaway non è certo un esordiente per quanto riguarda le installazioni cine-artistiche né a Torino né nel nostro paese, ma ci risulta sia questa la prima occasione, almeno in Italia, in cui si misura con lo spazio e lo specifico di un simile particolare museo. In altre occasioni le sue creazioni interagivano maggiormente con la città e l’architettura, come nella Cosmologia visivo-decorativa messa in atto nella Piazza del Popolo di Roma nel 1996, e come nel suo esperimento più interessante, le Sei storie per Bologna datate 2002. In quel caso numerose immagini pittoriche in movimento interagivano sulle facciate di un palazzo con molte scritte e un variegato sonoro. A Venaria si sono viste sì una serie di immagini e luci proiettate (la sera) sulla facciata principale della Reggia, ma il lavoro del regista è tutto da scoprire all’interno. Il percorso espositivo della mostra La Reggia di Venaria e i Savoia. Arte, magnificenza e storia di una corte europea presenta al pubblico lungo tutti e due i piani del complesso 450 opere d’arte provenienti da una quarantina di musei internazionali e da numerose altre dimore sabaude dove gli arredi originali della Venaria erano stati trasferiti o trafugati negli anni. La mostra è suddivisa in diciotto sezioni tra le quali si inserisce, in cinque diversi spazi, l’allestimento di Greenaway che s’intitola Ripopolare la Reggia [...] Il cinema entra quindi nel museo, luogo chiave di tutte le ossessioni catalogatorie del regista massimo interprete della "forma database", ma vale anche molto il contrario. La prima stazione della mostra coincide con la prima video-installazione: sei schermi che circondano il visitatore per un loop di 12 minuti, nei quali si alternano dieci personaggi del 1670, veri cortigiani, ma soprattutto archetipi di tutti i cortigiani possibili. Dietro al trucco e sotto le parrucche riconosciamo tra gli altri Ornella Muti, Alessandro Haber, Remo Girone, Ennio Fantastichini e Giuseppe Battiston, che ritroviamo nella seconda tappa multimediale, quella delle cucine. L’attore interpreta infatti il capo cuoco in uno spazio angusto ma ricolmo di schermi semitrasparenti dove si moltiplica e si rifrange l’immagine sua e del suo esercito di sottoposti che compaiono a presentarsi quasi sempre uno ad uno. In una stanzetta adiacente che forse era una ghiacciaia è invece emarginata la “alcolizzata”. Più interessante, una volta saliti al piano superiore, il gioco che Greenaway ha imbastito negli appartamenti privati del duca e della duchessa dove i ritratti di 37 dame dialogano e in molti casi spettegolano da altrettanti quadretti proiettati sulle pareti di quattro diverse stanze, accanto a molte riproduzioni di quadri veri, la cui iconografia è chiaramente ripresa dai filmati. Nella camera da letto dei padroni del palazzo ci si riscopre poi sfacciatamente voyeurs, costretti dall’esposizione al bordo del giaciglio che poi sarà reale sulla cui superficie riposano e si abbracciano nel sogno le immagini proiettate dei due duchi. Nel nucleo seicentesco del palazzo troviamo invece la quarta tappa cinematografica, quella della Caccia che è rimessa in scena, con molte parole e poca azione, su tre pareti e sul soffitto della Stanza dei Trofei. La notte e il giorno si alternano insieme ad interminabili aneddoti su cervi e cavalli, che gli organizzatori della mostra giurano essere in gran parte storie che nella Reggia si raccontavano davvero nel XVII secolo. Superato la sempre stupefacente Galleria di Diana l’opera di Greenaway si completa di altre tre stanze dove il visitatore è circondato da video proiettati su pannelli montati ad ogni parete con qualche sforamento sui tendaggi: Luciana Littizzetto, Ugo Nespolo, Piero Chiambretti e altri attori e piemontesi “illustri” mettono in scena i principali riti della corte: la festa, la processione, la musica. A conti fatti con circa un milione di euro di budget Greenaway ha utilizzato 165 attori italiani (100 caratteri più le comparse) facendo recitare loro davanti a una camera fissa un breve numero di frasi a testa poi proiettate più su schermi che sulle decorazioni vere e proprie degli ambienti. Chi si aspettava qualche barocchismo in più potrà rimeditare sulla sempre minimale purezza stilistica del regista che il barocco tanto ama. Quel che forse manca è una qualche interazione tra lo spettatore e le immagini, che magari c’è ma non è in alcun modo esibita» (C. Panella, 3.10.2001, www.cinema.dada.net).
 
«Accanto alla mostra ufficiale, fatta di oggetti materiali, di tangibili documenti di un’epoca e di uno stile, si colloca una testimonianza imprevedibile e, a suo modo, innovativa. Si tratta del contributo offerto da Peter Greenaway, l’eccentrico e poliedrico artista gallese che per l’occasione ha fuso la propria passione storico-filologica e la propria verve creativa realizzando un film che evade dalle sale cinematografiche e si insinua in quelle della corte sabauda. Si tratta di Peopling the Palace, un lungometraggio girato in gran segreto e finanziato per 1 milione di euro dalla regione Piemonte. Proiettato sulle pareti di alcune sale della reggia, è un tentativo di descrivere gli ambienti secondo la loro originaria destinazione d’uso. Le cucine, le sale da pranzo o le stanze da letto improvvisamente riprendono vita grazie a una moltitudine di personaggi virtuali. Dame, stallieri, nobili e cuochi si muovono nello spazio descrivendo azioni quotidiane e familiari, in più mettendo in mostra i vezzi segreti di una classe votata al potere. Da questo punto di vista Peopling the Palace è molto più di un film: è un’opera d’arte contemporanea in cui lo schermo cinematografico si sovrappone e si mescola allo spazio libero delle odierne installazioni multimediali, dando vita a un linguaggio ibrido che sta a cavallo tra pittura e video arte. Con duecento pagine di sceneggiatura e 170 scene tutte girate in interni, l’intervento di ripopolazione virtuale della Venaria si inscrive in un più ampio interesse storiografico che Greenaway aveva iniziato a realizzare sin dal 1982 con la presentazione a Venezia del film Il mistero del giardino di Compton House. [...] In ultimo è interessante ricordare che per tale progetto Greenaway si è avvalso della collaborazione di numerosi giovani selezionati attraverso il progetto di formazione 10x4, promosso dalla Mediateca e dal DAMS di Torino» (E. Diamanti, www.tafter.it).


Scheda a cura di
Franco Prono

Persone / Istituzioni
Peter Greenaway
Mirko Guerra
Enrico Cannizzo
Ornella Muti
Ennio Fantastichini
Remo Girone
Martina Stella
Piero Chiambretti
Giuseppe Battiston
Ugo Nespolo
Mattia Sbragia
Alessandro Haber
Luciana Littizzetto
Valentina Cervi
Tommaso Ragno
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