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ENCICLOPEDIA DEL CINEMA IN PIEMONTE

Cinema muto



In hoc signo vinces!
Italia, 1913, 35mm, B/N

Altri titoli: In hoc signo vinces (Par ce signe tu vaincras), In diesem Zeichen wirst Du siegen!, By the Cross, In dit teken zult gij overwinnen, I detta tecken skall du segra, The Triumph of an Emperor (By This Sign You Will Conquer)

Regia
Nino Oxilia

Soggetto
dal dramma storico di Darga (o Draga)

Sceneggiatura
Giovanni Alessio

Fotografia
Augusto Navone

Interpreti
Adriana Costamagna (Fausta), Dillo Lombardi (l’Imperatore Massimiano), Maria Jacobini (Costanza), Arturo Garzes (l’Imperatore Costantino), Francesco Bonino (l’Imperatore Massenzio), Mario Mariani (il Vescovo Materno), Annibale Durelli (Licinio), Indo Garrone (Elvo Bruto), Nino Tarabini (Vittorio), Jeanne Bay (Elena)



Produzione
Savoia Film, Torino

Note
Visto censura n. 1.833 del 13.12.1913; 2.500/3.000 metri.
 
Sottotitolo: (In questo segno vincerai).
Il film era composto da tre parti.
In alcune fonti il personaggio Massimiano viene indicato come Massimino Ercole, Costanza come Costantina, Licinio come Licino, Vittorio come Vito ed Elvo Bruto come Elvio Bruto.
Film distribuito in Francia, Germania, Gran Bretagna, Olanda, Spagna, Svezia e negli Stati Uniti; la versione francese era lunga 1.650 m; la versione inglese era lunga 5.000 feet; la versione svedese era lunga 1.716 metri; la versione statunitense era lunga 5 reels.
In Olanda ottenne un notevole successo e nel Sud del Paese, cattolico, venne proiettato fino alla prima metà degli anni Venti.
Aldo Bernardini e Vittorio Martinelli evidenziano lo scarso numero di recensioni reperibili, a fronte dell’ingente campagna pubblicitaria orchestrata all’epoca per la pellicola, e segnalano che fonti d’epoca calcolavano in 600 unità il numero degli attori impiegati nelle scene di massa.
 
Copie conservate presso: Nederlands Filmmuseum (Amsterdam); Centro Galego de Artes da Imaxe (A Coruña); Cineteca del Friuli (Gemona).




Sinossi
IV secolo d.C. Mentre l’Impero Romano, governato da quattro Tetrarchi, è scosso da guerre civili ed è teatro di sanguinose persecuzioni nei confronti dei cristiani, la vita nei palazzi imperiali scorre tra lusso sfrenato, intrighi e congiure dinastiche, orge. Per sconfiggere l’usurpatore Massenzio, nel 312 d.C. l’Imperatore Costantino giunge in Italia valicando le Alpi con il proprio esercito e, dopo alcune vittorie, si accampa nei pressi del Ponte Milvio, sul Tevere, per sferrare l’attacco decisivo. La notte prima della battaglia, Costantino ha una visione: dopo l’apparizione di una croce nei cieli, viene visitato da Cristo, che lo invita ad apporre il proprio segno sugli scudi dei soldati, affermando che se il condottiero gli darà ascolto risulterà sicuramente vincitore. Combattendo nel segno della cristianità, l’esercito travolge l’avversario e Massenzio stesso, in fuga, annega nel Tevere. L’anno successivo Costantino, Imperatore d’Occidente, promulga insieme all’Imperatore d’Oriente Licinio, al quale è andata sposa la pia sorella di Costantino, Costanza, l’Editto di Milano (313 d.C.), che garantisce la libertà di culto per ogni religione e pone fine alla persecuzione dei cristiani.





«Grandioso dramma in più parti, riproducente gli episodi dell’epoca Costantiniana. La grandiosità della messa in scena e la purezza del carattere storico danno a quest’opera di arte un valore assolutamente eccezionale» (“La Vita Cinematografica”, a. III, n. 24, 28.12.1912).
 
«Il fatto glorioso della liberazione del Cristianesimo per opera di quello stesso potere imperiale, che l'aveva per lunghi anni perseguitato ed arricchito di innumerevoli martiri, fatto glorioso, immortalato negli eterni bassorilievi dell'arco Costantiniano a Roma e più dal celebre dipinto di Raffaello nelle stanze Vaticane, sta per essere reso popolare a mezzo della cinematografia, la quale, assurta ad arte vera, vuole, come è còmpito della nobilissima fra le attività umane, concorrere efficacemente alla educazione e all'istruzione delle masse. In questa meravigliosa pellicola, di più di due mila metri, in tre parti e trentadue quadri, tutto il grandioso dramma vi è storicamente dimostrato. Le bieche mene degli imperatori ligi al paganesimo, i tradimenti famigliari della corte di Costantino; la torva figura di Fausta, le soavi di S. Elena e di Costanza, tutte studiate dalla storia, vi hanno degno risalto. La comparsa della croce prodigiosa, la battaglia al ponte Milvio, il decreto di Milano vi sono scrupolosamente ritratti. Né a meglio illustrare il fatto immortale manca un tenero e grazioso romanzo: i casti amori fra Costanza ed il Cesare Licinio, romanzo che trova epilogo nella stessa Milano, unendosi così il trionfo della fede e dell'amore» (“La Vita Cinematografica”, a. IV, n. 8, 30.4.1913).
 
«Il film dispiega una massa di comparse, degli interpreti di prima classe, una indescrivibile magnificenza di scenografie e un grande impiego di finezze nella fotografia» (“Kinematographische Rundschau” n. 284, 17.8.1913).
 
«Va davvero escluso ogni precedente, obliata qualunque altra ricostruzione storica, all’ammirare questo film sapientemente tracciato fedelmente eseguito! Sono quadri palpitanti di vita, situazioni imponenti di conquista, episodii d’amore e di dolore, che si alternano con vivacità e verismo... e poi il grandioso epilogo seguito dal trionfo del grande Costantino» (imasitt A. olat I. [Italo Attisani], “Il Maggese Cinematografico”, a. II, n. 22, 15.12.1914).
 
«Quasi tutti i dizionari cinematografici lo danno, per esempio, come regista de Il cadavere vivente, mentre si è poi rilevato da fonti d'epoca che il vero realizzatore era stato Oreste Mentasti ed il ruolo di Oxilia di aiuto. [...] Suo invece In Hoc Signo Vinces!, “visione storica”, ambientata nel 300 d.C., all'epoca di Costantino e Massenzio, per la quale la “Savoia” si impegnò finanziariamente in modo notevole, mettendo a disposizione del realizzatore l'intera scuderia di attori allora sotto contratto. Il film, di cui esiste ad Amsterdam un consistente frammento di circa seicento metri, è opera cupa e magniloquente ed indubbiamente rende l'atmosfera tetra dell'inizio dei secoli bui. All'epoca venne accolto con molte riserve ed i solitamente benevoli recensori delle pubblicazioni torinesi La vita cinematografica e Il Maggese si espressero chiaramente al riguardo. Probabilmente, la “Savoia” recuperò, il flop finanziario con Il velo di Iside, che Oxilia girò contemporaneamente, utilizzando, con le opportune modifiche, gli stessi set e il medesimo cast» (V. Martinelli, in Riccardo Redi, a cura, Cinema italiano muto 1905-1916, CNC Edizioni, Roma, 1991).


Scheda a cura di
Azzurra Camoglio

Persone / Istituzioni
Nino Oxilia
Adriana Costamagna
Maria Jacobini


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