«Nei suoi
Ricordi di uno della pellicola Arrigo Frusta racconta che nella primavera 1909 “giunse da Berlino una lettera dei signori Thieman e Reinhardt, agenti per la Germania e la Russia, che sollecitava l'esecuzione di pellicole su opere di Schiller, Puschkin e Lermontoff...”. La lettera venne trasmessa all'Ufficio Soggetti della casa (che era composto dal solo Arrigo Frusta): “L'amministratore delegato l'aveva postillata con solo due parole: provveda subito”. Frusta si mise al lavoro e si lesse tutti gli autori richiesti, ma non riusciva a trovare... “Mi sovvenne d'una ballata, che avevo tradotta alla scuola di tedesco... Quando l'ebbi tra le mani e gli detti una sfogliata... gaiamente mi proruppe dal cuore un
Kolossal poderoso: avevo fermato gli occhi sulla ballata del
Guanto”
. Nella celebre poesia schilleriana la bella Cunegonda, per metter alla prova l'amore del cavalier Delorge, getta un guanto nell' arena dei leoni ed invita il pretendente a raccoglierlo. Il cavaliere, con molto coraggio, lo riprende, ma lo getta in faccia alla dama, piantandola in asso. Per realizzare il film erano indispensabili i leoni e Ambrosio non ebbe il
replica panerai coraggio di rischiare; invitò Frusta a cercare qualche altra ballata. Frusta sceneggiò
L'ostaggio che, secondo il suo parere, assomigliava un po' troppo ai
Due sergenti. Ma la pellicola «ben interpretata dal Valentino di allora, che era A.A. Capozzi, ebbe ottimo successo larga vendita. Di conseguenza la Germania chiese dell'altro Schiller. Ed eccoci a scegliere una nuova ballata.
Il guanto? Ché!
L'andata alla fucina, più melensa, più dolciastra de
L' o
staggio”
. Il successo e la paura che altri concorrenti si impadronissero di Schiller - la Cines infatti realizzò
La campana, da
Das Lied der Glocke, e lo fece uscire il 2 novembre 1909 - convinsero alla fine Ambrosio a realizzare
Il guanto con la sceneggiatura di Frusta e i leoni del domatore Alfred Schneider. Purtroppo di questo film, che doveva essere abbastanza lungo, ci è pervenuta solo la prima parte, mentre la scena in cui Capozzi (ma Schneider gli fa da controfigura) scende tra i leoni a riprendere il guanto doveva essere nella seconda» (R. redi, a cura,
Cinema italiano muto 1905-1916, CNC Edizioni, Roma, 1991).