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ENCICLOPEDIA DEL CINEMA IN PIEMONTE

Cinema muto



Il dottor Antonio
Italia, 1914, 35mm, B/N

Altri titoli: Voor zijn vaderland, El doctor Antonio.

Regia
Eleuterio Rodolfi

Soggetto
dal romanzo omonimo di Giovanni Domenico Ruffini

Sceneggiatura
Arrigo Frusta

Interpreti
Arthur Hamilton Revelle (il dottor Antonio), Fernanda Negri-Pouget (Lucy Davenne), Armand Pouget (sir John Davenne), Alfredo Bertone (Aubrey Davenne, fratello di Lucy), Cesare Zocchi (il Re di Napoli), Alberto Albertini, Serafino Vité



Produzione
Società Anonima Ambrosio, Torino

Note
Visto censura. n. 3.904 del 22.7.1914, 1.165 metri.
 
Una copia dattiloscritta della sceneggiatura di Arrigo Frusta, suddivisa in tre parti, è conservata presso il Museo Nazionale del Cinema di Torino.




Sinossi
1840. Il giovane siciliano Antonio, esule per motivi politici, lavora come medico condotto nella zona di Bordighera; mentre si reca dai suoi pazienti, soccorre lungo la strada che conduce a Genova gli occupanti di una carrozza che si è appena ribaltata: il nobile inglese sir John Davenne e sua figlia Lucy, che si è fratturata una caviglia. Piacevolmente sorpreso dall’incontro, sir John nomina Antonio medico curante di Lucy ma, venendo informato che la ferita della ragazza richiede quaranta giorni di degenza e sospettando il giovane di una condotta non del tutto onesta, lo solleva temporaneamente dall’incarico. Reintegrato al proprio posto, il medico si innamora, ricambiato, della paziente; il padre e il fratello di Lucy, sopraggiunto in visita, non vedono di buon occhio l’unione e riconducono la ragazza in Gran Bretagna non appena possibile. Trascorsi otto anni, alla vigilia dei moti del 1848, Lucy torna in Italia e, durante una festa da ballo, ritrova Antonio; tra i due è ancora vivo il sentimento di un tempo ma il medico parte poco dopo per combattere sulle barricate come patriota e, arrestato, è condotto a Ischia. Pur di non perdere ancora l’amato, la nobildonna si trasferisce sull’isola, poco distante dal carcere dove è rinchiuso, e ogni sera comunica con lui tramite l’accensione di una lampada... fino a morire di crepacuore.





«”In una bella mattina di primavera, verso l’anno 1840, una diligenza di quattro cavalli, coi postiglioni gallonati, correva sulla più bella strada del mondo; sulla strada della Cornice. Dentro la corriera si trovavano sir Jon Davenne di Davenne, e miss Lucy, sua figlia, che si recavano da Nizza a Genova. La fanciulla era alquanto sofferente per lo scotimento della vettura!...” Mi fermo su questo punto particolare per accennare ad una di quelle sfumature, la cui trascuranza toglie verità all’azione e sminuisce di qualche linea il valore esecutivo. Se la fanciulla si mostra sofferente, e si cura il particolare del padre che le accomoda i cuscini, che le fa annusare la boccetta dei sali, perché omettere la causa dell’indisposizione, lo scotimento della vettura? E giacché ci siamo fermati, ammiriamo la bellezza del paesaggio, di cui la splendida fotografia dà una magnifica idea: “La vettura, giunta alla sommità di una salita, fa uno sbalzo e precipita giù per la scarpata. Il dottor Antonio, medico condotto di Bordighera, bel giovane siciliano, emigrato nel genovese per ragioni politiche, che sul suo calessino si recava a fare il giro quotidiano di visita agli ammalati, vede di lontano il disastro, ed... eccolo al fianco di miss Lucy, svenuta, coricata a terra sovra i cuscini tolti dalla carrozza rovesciata”. Non assistiamo allo slancio del dottore; a nessuno dei particolari della caduta; del salvataggio, a nulla! Il dottor Antonio passa dal carrozzino al fianco di miss Lucy. Ho notato subito questi due fatti che illustrano fin da principio due difetti; per tutti insignificanti, per me capitali. Trascuranza dei particolari di complemento; mancanza di azione continuata. “La proiezione scritta fa capire che il medico conosce l’inglese, ciò che rende gratamente sorpreso sir Jon che gli affida la cura della fanciulla. Il dottor Antonio si mette all’opera e... tasta il polso all’ammalata che s’è spezzata una caviglia...” (?)... Dichiaro ch’io le avrei visitato il piede, prima di tutto... Ma siamo nel 1840 e andiamo avanti. “Eccoci giunti all’osteria del Muttone. Il medico che oltre ad essere un bel giovanotto è anche forte, prende la fanciulla fra le braccia e la porta entro all’osteria”. A questo punto, è naturale che il quadro ci faccia vedere miss Lucy nel suo letto, dopo qualche giorno, per non incorrere in ripetizioni che sarebbero un contrapposto non meno errato del brusco passaggio da un quadro all’altro. [...] Graziosa la scenetta dei primi passi per la stanza, e le poetiche passeggiate fra gli scogli, e nei prati fioriti. E la serenata che sale dal mare nella sera della sua festa. Bellissimo sarebbe stato il quadro secondo, se il dottor Antonio, anziché seduto in basso fra gli scogli, si fosse collocato contro luce, sullo spigolo d’una roccia. [...] Qui il riduttore non ha creduto opportuno farci vedere, e nemmeno farci sapere, che ne sia avvenuto di Lucy in questi otto anni, e com’è divenuta libera. Un cenno, almeno. Nulla! Passiamo via, dunque! I due amanti si ritrovano assieme in casa di Lucy: stanno forse per aprirsi l’animo dopo tanti anni di lontananza, quando scoppia la rivoluzione del 17 maggio 1848. Antonio è un patriota fervente, e corre alle barricate nonostante le lagrime, le suppliche, le proteste d’amore di Lucy. Ma quel distacco, nella mente, nel cuore, nelle parole, sarà stato violento, forte finché si vuole, ma nell’azione fu alquanto fiacco. Se si tien conto delle difficoltà di riprodurre una scena di rivoluzione e barricate in mezzo ad una via, si deve convenire che s’è fatto molto e che un’idea del fatto la si è data. Certo che se pensiamo a ciò che è realmente una scena simile, l’azione appare alquanto deficiente. Mi piace meglio ritenerla una buona esecuzione, poiché si deve tener assai conto delle difficoltà. Ciò che non approvo è la stroncatura che si eseguisce anche in questo quadro. Il dottor Antonio sta curando un ferito, la scena cambia, e lo vediamo sbarcare ad Ischia!... Il cartello dice che fu arrestato e tradotto ad Ischia. Via! Almeno si vedesse l’arresto! – “Lucy comperò una villa di fronte al castello; da una finestra del quale, ogni notte, vede il lume che il suo Antonio accende in segno di saluto, e muore di languore per non averlo potuto salvare”. Scena che la ditta “Ambrosio”, coi grandi mezzi economici, artistici e tecnici di cui dispone, avrebbe potuto rendere più perfetta, più suggestiva, un capolavoro (la Lampada della Nonna informi). Invece n’è uscita fuori una cosettina... Un primo piano in gran luce (per quanto lunare), non può permettere un effetto di fondo. In questo quadro, la parte suggestiva è data appunto dal fondo. In questo, doveva primeggiare il Castello d’Ischia, come quel campanile nella Lampada della nonna. La figura naturalmente sarebbe riuscita in ombra. Ma sarà la “Ambrosio” che si confonderà, per dare all’ultimo momento, dopo l’apparizione del “lume”, con un giro tenue di luce, un risalto anche alla figura morente?... E colla faccia rivolta al suddetto lume, come dice il romanzo. Che se per una volta tanto, miss Lucy non avrà volta la faccia al pubblico, credano pure che per così poco il pubblico non l’avrebbe accusato... d’avere provocato la guerra europea. Abbiamo così, in blocco, detto del soggetto e della esecuzione; dei pregi e di quelli che ci sono sembrati difetti. L’interpretazione. Buona nel complesso, ma questo è troppo poco, poiché oggidì, data la Casa primaria, doveva essere ottima, perfetta, e per essere tale, conveniva appunto non vi fosse trascuranza in quei particolari, in quelle sfumature, di cui facciamo cenno parlando del soggetto. Di più, avremmo diritto di vedere emergere i caratteri. Non basta dare colorito all’azione, significato alla frase; ma è doveroso, per attori come quelli dell’”Ambrosio”, che tanto il colorito quanto la significazione siano dati conforme [sic] alla linea del carattere di un dato tipo di personaggio. Non si può tollerare una interpretazione comune. [...] La film, nel complesso, piace, e piacerà ovunque per la bellezza del soggetto, per le belle fotografie; piacerebbe ancor più se meglio concorressero l’esecuzione e l’interpretazione, alle quali devesi aggiungere la solita posizione degli attori in fila di fronte, così antipatica, inverosimile e antiartistica, che porta pure la sua nota poco simpatica ogni qual volta appare. Sono forse stato un po’ severo? Mi mostro un po’ troppo esigente? Che volete? L’indulgenza la serbo pei deboli, pei piccoli; non pei forti e per i grandi. Da questi si ha diritto di esigere di più che non da quelli. Vero?» (Pier da Castello [A.P. Berton], “La Vita Cinematografica”, a. V, nn. 34-35, 15-22.9.1914).


Scheda a cura di
Azzurra Camoglio

Persone / Istituzioni
Eleuterio Rodolfi
Arrigo Frusta
Fernanda Negri-Pouget
Armand Pouget


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