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ENCICLOPEDIA DEL CINEMA IN PIEMONTE

Cinema muto



Tigre reale
Italia, 1916, 35mm, B/N

Altri titoli: La tigresse royale, Koningstijger, O tigre real, Tigre real

Regia
Piero Fosco (Giovanni Pastrone)

Soggetto
dal romanzo omonimo di Giovanni Verga

Sceneggiatura
Giovanni Pastrone

Fotografia
Giovanni Tomatis, Segundo de Chomón

Interpreti
Pina Menichelli (la Contessa Natka), Alberto Nepoti (l’ambasciatore Giorgio La Ferlita), Febo Mari (Doski), Valentina Frascaroli (Erminia), Gabriel Moreau (il Conte de Rancy), Ernesto Vaser (il droghiere), Enrico Gemelli, Bonaventura Ibañez



Produzione
Itala Film, Torino

Note
Visto censura n. 11.662 del 20.6.1916; 1.742 metri.
 
Viene considerato il secondo episodio di un “dittico dannunziano” composto da Il fuoco (1915) e Tigre reale, entrambi diretti da Giovanni Pastrone e interpretati da Pina Menichelli.
Giovanni Pastrone firmò il film con lo pseudonimo di Piero Fosco; per alcuni anni vennero avanzate diverse ipotesi sulla reale identità del “misterioso” regista che si celava dietro tale nome d’arte.
In alcune fonti il personaggio Doski viene indicato come Dolskij; a seconda delle fonti, si tratta di uno studente di idee rivoluzionarie o di un guardiacaccia.
Distribuito in Francia, Olanda e Spagna. Venne proiettato ad Amsterdam nel marzo 1917, con un lancio pubblicitario che poneva l’accento sulla fama di Giovanni Verga; venne distribuito in Portogallo nel 1919.
 
Copie conservate presso: Cineteca Nazionale (Roma); Museo Nazionale del Cinema (Torino); Nederlands Filmmuseum (Amsterdam).
I nulla osta e alcuni quaderni di produzione relativi al film e alla produzione dell’Itala Film sono conservati presso il Museo Nazionale del Cinema di Torino.
Il film è stato proiettato durante la XI edizione del Festival Internazionale Cinema Giovani (ora Torino Film Festival, 13-20 novembre 1993) nella sezione Il centenario - Cinema e critica. Gli anni del muto in una copia colorata e restaurata dal Museo Nazionale del Cinema di Torino in collaborazione con la Cineteca del Comune di Bologna. I colori usati rispecchiano quelli usati abitualmente all’epoca dall’Itala Film e sono arancio, rosso, giallo, verde, verde speciale, rosa e blu.
Una copia restaurata del film della durata di 80 minuti (35mm, 1.742 metri) è stata proiettata nel 1994 al Festival del Cinema Ritrovato di Bologna, con didascalie in italiano e accompagnamento al pianoforte del Maestro Stefano Maccagno (velocità: 18 f/s). Provenienza: Museo Nazionale del Cinema (Torino).



Sinossi
Ambasciatore a Parigi, Giorgio La Ferlita incontra durante un ricevimento l’affascinante Contessa russa Natka e, per lei, sfida a duello un altro uomo. Stregato dalla bellezza e dai modi scostanti della donna, viene da essa alternativamente incoraggiato e respinto finché, durante un incontro, Natka gli rivela il proprio tragico passato: infelicemente sposata, si era innamorata di un uomo di nome Doski ma il marito, scoperto l’adulterio, aveva confinato il rivale in Siberia. Raggiunto Doski fra le nevi e avendolo sorpreso con un’altra, Natka era scappata rifiutandosi di perdonare l’amante che, per disperazione, si era suicidato davanti a lei. Dopo il racconto, la Contessa congeda Giorgio e sparisce nel nulla per alcuni mesi; avendola cercata invano, il diplomatico intreccia una relazione con la ricca Erminia. Ottenuto infine un ultimo appuntamento dalla misteriosa Contessa, Giorgio si reca da lei in albergo e la trova gravemente ammalata; a causa di un corto circuito, l’edificio prende fuoco e la coppia è intrappolata in una stanza, chiusa a chiave dal Conte per gelosia. I due riescono insperatamente a salvarsi, mentre il Conte muore nell’incendio.





«Condotto con senso della misura, il film avrebbe comunque raggiunto una toccante drammaticità, ma l’enfasi che ne sottolinea tutti gli episodi gli toglie il respiro e ne annulla le sensazioni emotive!» (“Le Cinéma et l’Echo du cinéma réunis” n. 234, 1.12.1916).
 
«Qualcuno volle forse troppo leggermente accusare l’Itala di imperfezione nella riduzione di Tigre reale, il romanzo di G. Verga. Anche qui nulla di più errato. Ridurre non vuol dire ridurre pedestremente tutto quanto può esservi di stampato nelle trecento pagine di un volume. Ridurre in cinematografo vuole dire (e vorrei che lo sentissero certi ignobili riduttori che non hanno l’anima di chi ridusse Tigre reale) semplicemente adattare arrivando poi a dare allo spettatore non importa con quali mezzi, la stessa impressione che il libro od il copione possono dare sia attraverso alle righe che alle battute. Ecco il grande ed eterno equivoco! Troppi ancora ignorano che cosa sia ridurre, o meglio adattare l’opera teatrale o letteraria al cinematografo senza travisarne la sostanza, l’essenza, il concetto fondamentale ed inspiratore. Quante opere meravigliose non sono già state barbaramente rovinate da certi sedicenti riduttori? Chi conosce il dramma del Verga sa bene quanta prolissità esso contenga. Nell’opera del Verga il romanzo finisce di originarne due e uno vive ai danni dell’altro. [...] Io vorrei che tutti intendessero la riduzione come seppe intenderla Piero Fosco, il poeta del cinematografo, un francescano di questa arte alla quale egli ha aperto nuove vie buone. Fuoco e Tigre reale! Due simboli di nuovo. Il primo della rivelazione di un campo inesplorato, di una miniera preziosissima, l’altro la enunciazione del vero modello d’adattamento cinematografico» (A.o Menini, “Film”, a. III, n. 33, 3.11.1916).
 
«Un succès colossal, au contraire, vient de couronner la représentation de Tigre Royal, de l’Itala Film, avec Pina Menichelli, Febo Mari, Alberto Nepoti et Valentina Frascaroli dans les rôles principaux. Tigre Royal est la réduction du roman bien connu de Giovanni Verga, l’auteur insigne de Cavalleria Rusticana: une réduction executée avec ce noble sentiment d’art auquel l’Itala Film nous a depuis longtemps habitués. La mise en scène dirigée par Piero Fosco, le magnifique créateur du Feu a été jugée d’une seigneurilité incomparable et d’un bon gôut exquis. Très-admirées les scènes panoramiques de sujets russes. Ce film constitue aussi un grand succès personnel pour Pina Menichelli qui s’est affirmée encore une fois une interprète de première force» (“Excelsior”, a. I, n. 5, 15.11.1916).
 
«Già altra volta parlammo di “Tigre Reale” e di Pina Menichelli e, se non andiamo errati, furono parole del più alto elogio quelle che ci servirono ad illustrare quel “film”. Tanto di elogio che pure oggi, benché si tratti di una ripresa, ci siamo sentiti spinti a soffermarcisi ancora un po’. Niente diremo degli interpreti (Pina Menichelli, Alberto Nepoti) i quali, naturalmente, sono a posto, come lo erano nel passato, ma ci domandiamo solamente perché qualcuno s’è scomodato a cambiare il finale del lavoro. Domanda questa che non è priva di interesse in quanto ci è sembrato di assistere ad un rinnovamento privo d’interesse e di nessun effetto pratico» (Marfa, “L’Arte del Silenzio”, a. III, n. 24/6, 15.3.1922).
 
«Secondo momento del dittico dannunziano, realizzato subito dopo Il fuoco, Tigre Reale è un poema sulla forza dell’amore e sulla distruttività della memoria, sulla femme fatale e sulla ossessione della colpa. Radicato in una rappresentazione fittizia del mondo dell’aristocrazia e intessuto di passioni folgoranti, di lacerazioni e di perdite improvvise, Tigre Reale legge insieme come dramma e come empito di riscatto l’amore totale di origine romantica. L’amore tra Natka, la contessa russa sregolata e tormentata, e l’elegante diplomatico Giorgio La Ferlita è reso drammatico dal ricordo di un’avventura trasgressiva e amorale della contessa con un giovane studente rivoluzionario polacco (come attestano i quaderni di produzione dell’Itala Film, smentendo un luogo comune della critica). Ridisegnato sui rituali e le simbologie del mondo dorato della nobiltà, Tigre Reale è poi un’interpretazione dell’infinito possibile dell’amore e del suo tragico intrecciarsi con il destino. Nel film tutto è per un verso rarefatto, condotto alle pure vibrazioni del sentimento, e per un altro verso eccessivo, quasi enfatico nella sacralizzazione della passione. Come Il Fuoco, Tigre Reale celebra l’immaginario irragionevole di un universo di cerimonie, di passioni e di morte che ripetono l’assunto dannunziano del “vivere di vita inimitabile”. [...] Tutto il lavoro di messa in scena è funzionale alla dimensione del pathos come forza spettacolare e valorizza sia le sorprese e i veri e propri coups de théâtre dello sviluppo narrativo, sia le componenti visive e scenografiche. Dopo la fondamentale esperienza di Cabiria, Pastrone sa organizzare lo spazio del film come uno spazio dinamico in cui i personaggi muovono liberamente nella scena e si intrecciano pienamente agli oggetti e agli ambienti. Pastrone costruisce sequenze elaborate, segnate anche da una cauta differenziazione della scala dei piani. È consapevole che la rappresentazione è strutturazione dello spazio, mentre usa forse con minore maestria l’articolazione del tempo e dunque il ritmo attraverso il montaggio. Negli ambienti, spesso arredati con lusso, muove come una ammaliatrice Pina Menichelli, forse l’attrice che più ha contribuito a creare e a sancire i modi, i gesti e le figurazioni della Diva italiana. La sua recitazione è palesemente artificiale, eccessiva. I gesti, gli sguardi, la mimica del volto puntano a delineare un universo inimitabile, riservato a personaggi dannunziani dai grandi destini. Pastrone insieme segue e dilata l’interpretazione della Menichelli, costringendola a volte a ripetizioni e prove defatiganti. Il risultato è la creazione di un personaggio vibrante e del tutto fittizio, in conformità alle caratteristiche dell’eroina dannunziana una figura che racchiude come una metafora non conchiusa gli aspetti essenziali di uno stile» (P. Bertetto, Catalogo del Festival Internazionale Cinema Giovani, Lindau, Torino, 1993).
 
«Tigre reale, che Verga aveva scritto nel 1873, era stato offerto alla Itala-Film dalla contessa Dina Castellazzi di Sordevolo come proprio: in realtà, lo scrittore siciliano voleva evitare di firmare con il proprio nome una sceneggiatura tratta da una sua novella. Acquistato dalla casa torinese per seicento lire nel settembre del 1912, il soggetto era rimasto nel cassetto fino al 1916, quando Pastrone, in questa vicenda che riflette le raffinatezze del dannunzianesimo in tutto il suo decorativo splendore, pensò di utilizzarlo per la Menichelli, rivelatasi dopo il successo de Il fuoco, l\'interprete ideale. [...] Pastrone si attiene al giovanile racconto di Verga solo nelle linee essenziali, ma nelle didascalie riporta alla lettera il dialogato della novella, che risulta cinematograficamente inappropriato e talvolta risibile. [...] Presentato in premières di gala nei maggiori cinematografi italiani, Tigre reale vi tenne il cartello per settimane a sale esaurite ad ogni spettacolo. Le recensioni furono dei veri e propri peana al lavoro di Pastrone [...]. Se il documento essenziale della letteratura del decadentismo è Il piacere di D\'Annunzio, Il fuoco e Tigre reale ne sono il corrispondente cinematografico. Poteva la censura non fare le sue riserve? Purtroppo, anche in questo caso intervenne con le sue inesorabili forbici. La parte finale del film subì il maggior vilipendio, con il taglio di varie scene in cui la protagonista è tra le braccia dell\'amante (e relative didascalie)» (V. Martinelli, Pina Menichelli. Le sfumature del fascino, Roma, Bulzoni, 2002).


Scheda a cura di
Azzurra Camoglio

Persone / Istituzioni
Piero Fosco (Giovanni Pastrone)
Giovanni Pastrone
Giovanni Tomatis
Segundo de Chomón
Pina Menichelli
Alberto Nepoti
Febo Mari
Valentina Frascaroli
Ernesto Vaser
Enrico Gemelli


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