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ENCICLOPEDIA DEL CINEMA IN PIEMONTE

Lungometraggi



Il silenzio dell'allodola
Italia, 2004, 35mm, 96', Colore

Altri titoli: The Silence Of Skylark

Regia
David Ballerini

Soggetto
David Ballerini

Sceneggiatura
David Ballerini

Fotografia
Lorenzo Adorisio

Musica originale
Giorgio Vacchi, Daniele Lombardi

Suono
Gianni Sardo

Montaggio
Alessio Focardi

Scenografia
Marianna Sciveres

Costumi
Marianna Sciveres

Aiuto regia
Saverio Di Biagio

Interpreti
Ivan Franek (Bobby Sands), Flavio Bucci (direttore del carcere), Roberto Ceccacci (padre di Bobby), Annamaria Gherardi (madre di Bobby), Marco Baliani (capo dei secondini), Pietro Ragusa (secondino pentito), Alberto Caneva (secondino incriminato), Augusto Zucchi (ispettore Corpo speciale), Oliviero Corbetta (secondino ubriaco), Gianni Bisacca (Andrea)

Casting
Saverio Di Biagio

Produzione
Giuliana Del Punta, Bruno Restuccia per Esperia Film

Distribuzione
Revolver

Note
Suono Dolby Digital.
 
Film realizzato con il contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il sostegno di Film Commission Torino Piemonte.
 
Premio Migliore Film a Costa Iblea Film Festival 2005; premio "Il Coraggio" assegnato dalla Fondazione Gassman ad Europa Cinema 2005; premio Migliore Film a Gallio Film Festival 2005; premio "Ippocampo" Migliore Opera Prima a Maremetraggio 2005.




Sinossi
Bobby Sands veniva dai quartieri cattolici di Belfast e, come tanti giovani repubblicani irlandesi degli anni '70 frequentava gli ambienti dell'IRA, il braccio armato dello Sinn Fein. Come molti di loro Bobby venne arrestato e costretto a confessare, con una pistola puntata in fronte, un crimine che non aveva commesso.




Dichiarazioni
«Secondo me non è importante il fatto che la storia sia italiana, irlandese o di chissà dove. Questa è una storia universale e l’ho scelta perchè, a mio avviso, è una storia emblematica, simbolica e perciò sempre vera, vera ancora oggi e vera in tutto il mondo. Secondo me il cinema, in particolare quello che vuole essere forte, controcorrente, deve avere il coraggio di confrontarsi con delle storie significative perché altrimenti finiamo col fare il cinema dei trentenni con il complesso di Peter Pan, il cinema dell’orticello di casa e non lo esportiamo nemmeno a San Marino» (D. Ballerini, www.fctp.it).





«L'attenzione di Ballerini si concentra sul calvario di Bobby Sands, un giovane irlandese dei quartieri cattolici di Belfast. che venne arrestato negli anni '70 e obbligato a confessare un crimine che non aveva commesso. In carcere Sands venne aspramente maltrattato, gli furono negati tutti i diritti, fu costretto all'isolamento e a vivere in condizione disumane. La storia di Bobby è quella di un martire moderno che dimostra che anche nelle più estreme condizioni dì privazione dei diritti umani è possibile continuare a scegliere per sentirsi uomini. Dopo un lungo sciopero della fame. Bobby morì nel 1981, lasciando le sue memorie raccapriccianti ed emozionanti scritte sulla carta igienica. Un film molto intenso, che non lascia indifferenti, e che si avvale dell'ottima interpretazione di lvan Franek nei panni di Bobby» (a.diMa., “Segnocinema” n. 135, settembre-ottobre 2005).
 
«I poeti in carcere ispirano il cinema. In Eloge de l’amour Jean-Luc Godard fa recitare Il testamento di un condannato di Robert Brasillach; ora David Ballerini si ispira a Bobby Sands per Il silenzio dell’allodola. [...] Ballerini vuol farne il paradigma d’ogni repressione: i secondini portano la camicia nera fascista, i pantaloni marroni nazisti, chiamano i prigionieri “sovversivi”, come fossero brigatisti, e Sands “esseno”,come fosse Gesù; i soldati inglesi hanno elmetto americano; sul muro della fabbrica dismessa, spacciata per carcere, c’è la scritta “Arbeit macht frei” (“Il lavoro rende liberi”), come ad Auschwitz! Quanto alla protesta degli escrementi, vista oggi cambia segno: fa pensare alle vessazioni inflitte nelle carceri irachene. Ammette Ballerini che il direttore (Flavio Bucci), amante del capo delle guardie (MarcoBaliani), è “mitologico”» (M. Anselmi, “l’Unità”,10.6.2005).
 
«Il set è inglese, il pretesto Bobby Sand, il poeta dell'Ira ucciso in galera dalla democrazia parlamentare più prestigiosa [...]. Ivan Franek, slavo sex symbol alla moda, e pur senza cantare troppo, neanche nei flash back, interpreta il ruolo di chi condusse quella celebre, durissima lotta, nonostante torture e umiliazioni pressanti (che daranno idee e dettagli fertili ai sani ragazzi di Abi Ghraib), ispirandosi più allo spirituale Burt Lancaster di L'uomo di Alcatraz che al “politico” Clint Eastwood di Fuga da Alcrataz. Infatti il regista David Ballerini, più che ellittico sui dettagli macabri e sulla violenza nazistoide dei democratici anglicani, vuole usare il livido film (“un pugno in testa più che semplicemente nello stomaco”, lo ha definito Liv Ullman) per un appello, anzi preghiera, alla pietà cristiana tra i cristiani. Così si trova un capro espiatorio al criminale assassinio di stato, nel rapporto, non poco ridicolo, tra Flavio Bucci, il direttore del carcere ecologista pazzoide e dunque gay, è l'adorato subalterno, sadico come pretende lo stereotipo. Mentre in alto sono sempre più buoni e perfetti... Così la messa solenne senza volerlo è per tutti i detenuti europei, obbligati alle lotte più disperate e coraggiose (anche a due passi da qui, a Regina Coeli) perché negli hotel di lusso a 5 stelle si fa scempio dei diritti dell'uomo. Da sradicare, dunque, le radici cristiane e inquisitorie della cara Europa» (R. Silvestri, “Il Manifesto”, 10.6.2005).
 
«Dopo 66 lunghissimi giorni di sciopero della fame, il 5 maggio 1981 Bobby Sands, ventisettenne giovane di Belfast, muore in carcere. David Ballerini sceglie la sua incredibile storia per esordire nel lungometraggio. Una storia crudele, liberamente rielaborata, ma che mantiene inalterati nella sostanza i fatti e le angherie, i soprusi e gli accadimenti maturati nella prigione dove Sands fu rinchiuso ingiustamente per crimini che non aveva commesso. [...] La nobiltà del tema scelto, tuttavia, cozza con una scelta stilistica che non ha fiducia in se stessa. La prova? L’uso smodato e ingombrante di una colonna sonora che setaccia il repertorio dei cori classici inserendoli in ogni pertugio del film. Un peccato. Perché sia l’intensa interpretazione di Ivan Franek, sia la scenografia – quasi completamente in interni - da teatro brechtiano, non abbisognavano di sottolineature. Né tantomeno di rimandi metaforici all’allodola che non dovrebbe mai rimanere chiusa in una gabbia. La forza dell’esperienza estrema di Sands bastava per sbattere sullo schermo una potenzialità d’immagini che, invece, si autodisintegrano a ciascun incipit di nota» (A. Fittante, “FilmTV”, www.film.tv.it).




Persone / Istituzioni
David Ballerini
Ivan Franek
Flavio Bucci
Marco Baliani
Oliviero Corbetta


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