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ENCICLOPEDIA DEL CINEMA IN PIEMONTE

Lungometraggi



Quando i bambini giocano in cielo
Italia/Danimarca/Islanda/Gran Bretagna, 2005, 35mm, 106', Colore

Altri titoli: When Children Play in the Sky

Regia
Lorenzo Hendel

Soggetto
Lorenzo Hendel

Sceneggiatura
Lorenzo Hendel, Silvia Innocenzi

Fotografia
Frederic Fasano

Musica originale
Hilmar Örn Hilmarsson

Montaggio
Anna Napoli

Scenografia
Luisa Iemma

Costumi
Cristina Audisio

Interpreti
Bruno Stori (Nicola), Giulian Ferro (Matteo), Angjiuk Jonathansen Bianco (Qivi), Pele Kristiansen (Qipigi bambino), Jóhann G. Jóhannsson (Lars)



Produzione
Silvia Innocenzi, Giovanni Saulini, Jòn Thòr Hannesson, Gillian Berrie, Lene Børglum, Aalbæk Jensen per Orione Cinematografica

Distribuzione
Istituto Luce

Note
Il soggetto del film si ispira al romanzo Il mio passato esquimese di Georg Qúpersimân; suono Dolby Digital; montaggio del suono: Becky Thomson.
 
Opera prima realizzata con il contributo del Ministero dei Beni e le Attività Culturali, Zentropa Entertainmen (Damimarca), SagaFilm (Islanda), Sigma III Film (UK), e con il sostegno di Film Commission Torino Piemonte.
 
Premi:
Premio Migliore Lungometraggio all'Ischia Film Festival 2006;
Premio "Ippocampo" come Migliore Lungometraggio a Maremetraggio 2006;
Premio della Critica al Sulmona Cinema Film Festival 2005;
Menzione Speciale al Festival del Cinema Italiano di Stoccolma 2005; .
Miglior Film al Festival International du Film de Montagne d’Autrans 2006;
Menzione Speciale della Giuria a Pele Kristiansen come Miglior Attore;
Migliore Film a Soggetto al Cervino Film Festival 2007.




Sinossi
Groenlandia Orientale agli inizi del Novecento, albori della colonizzazione europea. Un giovane cacciatore durante una battuta di caccia, viene assassinato. Suo figlio Quipingi incontra così un destino di bimbo senza padre, esposto alla crudeltà di una natura estrema e alla violenza di un’umanità arcaica in lotta per la sopravvivenza. Tutta la sua vita è segnata dal bisogno di affidarsi al sostegno di un padre: prima, bambino, al fianco della madre presa in moglie dal crudele Kilimé e relegata ai margini della grande casa di terra come l’ultima delle sue molte mogli; poi, adolescente, nell’iniziazione allo sciamanesimo artico e nell’incontro con i tarta, i gelidi spiriti del ghiaccio che, in cambio del calore degli umani più sensibili, concedono forza e protezione; quindi, ragazzo, nel tragico fallimento dei suoi tentativi di vendetta che gli costa l’abbandono da parte dei suoi tarta; infine, adulto, orfano ormai anche dei suoi spiriti protettori, nella vana speranza che il Dio a cui gli europei erigono chiese sulla sua terra, possa rappresentare per lui un nuovo grande tarta.




Dichiarazioni
«Quando i bambini giocano in cielo lo definisco un dramma etnico, nel senso che c’è questa ambientazione antropologica di circa cento anni fa, alternata ad una storia italiana moderna. Si racconta il dramma di un ragazzo che ha un’infanzia tormentata e disastrosa, e che cerca di vendicare qualche sua avventura attraverso il contatto col mondo sciamanico. Questa vendetta non avverrà mai perché il destino dice no, e dicono no anche le nuove tendenze religiose, attraverso l’imposizione delle quali i missionari che hanno egemonizzato la Groenlandia scoraggiano l’uso della vendetta che chiaramente non è cristiana. Quindi, a mano a mano, la vendetta diventerà sempre più irrealizzabile, questo ragazzo diventerà cristiano e da vecchio incontrerà un bambino italiano, il quale è il bambino della storia italiana e moderna del film. Questo è il film raccontato in due parole» (L. Hendel, www.fctp.it).





«Il film di Lorenzo Hendel prometteva molto sulla carta: soggetto originale e interessante, scenari suggestivi e poco sfruttati al cinema, per tacere dell’esperienza quasi ventennale del regista come autore di documentari a sfondo antropologico. Eppure la pellicola si perde, viene da dire, nel proverbiale bicchier d’acqua. Come per Le conseguenze dell’amore fu la Svizzera, qui è l’inospitale e ancor più glaciale e distante Groenlandia a far da cornice alla storia italiana. Ma non basta certo lo sfondo suggestivo a ricreare un’emozione. L’immagine della grande isola ghiacciata è cartolinesca né più né meno del calendario di Firenze con l’immagine del duomo che il tour-operator tiene appeso nel suo ufficio. Il difetto più evidente del film riguarda la strana urgenza avvertita da Hendel di inserire in un modo che risulta pretestuoso addirittura a livello epidermico una vicenda familiare italiana, quella di un padre ed un figlio che entrano a contatto con alcune famiglie di pescatori eschimesi. Ma per quali versi il dolore del piccolo Qippingi che ha perso il padre quando era ancora in tenera età dovrebbe essere accostabile proficuamente a quello di Matteo, costretto a seguire il padre tour-operator di Groenlandia rimane un mistero. Certo, il bimbo italiano è costretto ad allontanarsi dalla mamma per seguire il papà distratto dal lavoro e prova per la prima volta il sentimento desolante della solitudine [...]. Il collegamento appare però troppo debole e lo scarso interesse rivestito per noi dai piccoli conflitti della famiglia italiana viene accentuato dall’indubbio valore storico e insieme umano del racconto del gruppo di pescatori locali, che per molti versi pare accostabile a quella degli indiani d’America (addirittura più dimenticati, probabilmente). [...] E, di nuovo, stride con l’abituale asciuttezza con cui il documentarista si accosta al suo soggetto, il sapore dolciastro del finale, in cui la strabiliante apparizione dell’aurora boreale viene spiegata con il saluto ai vivi da parte di "bambini morti che giocano a palla nel cielo"» (A. Spagnoli, www.close-up.it).





Persone / Istituzioni
Lorenzo Hendel
Frederic Fasano


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