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ENCICLOPEDIA DEL CINEMA IN PIEMONTE

Cortometraggi e Documentari



Con-certo rituale
Italia, 1973, 16mm, 20', Colore


Regia
Ugo Nespolo

Soggetto
Ugo Nespolo

Sceneggiatura
Ugo Nespolo, Gianni Baratto

Fotografia
Paolo Mussat Sartor

Musica originale
Roberto Musto

Montaggio
Ugo Nespolo

Interpreti
Enrico Baj (Entr’acte), Gianni Piacentino (Kawasaki Kid), Duilio Gambino (Age of Yesterday), Armando Puglisi (la Dialettica), Beppe Bergamasco (Frittella), Ulla Alasjarvi (Petit Fleur), Gianni Colosimo (Toselli), Osvaldo Nicastro (Andy), Alberto Negro (Sempronio), Francesca Lombardo (Ya)



Note
Girato in Eastmancolor



Sinossi
In una casa, sono presenti vari personaggi. Alcuni suonano, uno cuoce delle frittelle, uno scatta fotografie con la polaroid, uno sta in un cesto, uno si droga, uno maneggia una mitraglietta, e così via. Alla fine scompaiono tutti, ad uno ad uno, per opera di un mago il quale rivolge poi la bacchetta magica verso se stesso, scomparendo.



Dichiarazioni
«Con Con-certo rituale, avevo messo in pratica ciò che avevo da lungo tentato con la cinepresa: ho provato ad unire la vecchia idea del “teatro fotografico” a quella del magico. […] Plaisir de rire? O piacere di sorridere magari; voilà concerto (o con certo) rituale arcadico (per gioco) e in bello stile (per gioco) altisonante. Ne vien fuori così fra Andy stereotipo (ed idiota) e lo stile raffinato-barbonesco, che il sesso si confeziona come in un casalingo lovercraft (di indubbia provenienza svedese) con gli organi-ordigni in sete e vinavil per un amplesso totalmente improbabile. C’è poi il “polaroidismo” di Ya e Frittella (incurabile vezzo di un intero lustro di conformismo) un’idiozia frustrante? Intanto l’amplesso omosessuale (Toselli-Sempronio) salva in modo brillante tristi relazioni etero tragicamente condotte e vissute. La Dialettica in quanto tale si fa aria (ha caldo) con un ligneo “stalinismo” tra le mani (tra lo stupore di alcuni malpensanti)» (U. Nespolo, in V. Fagone, La fugace vita dei fotogrammi, Mastrogiacomo Editore, Padova, 1978).




In Con-certo rituale la trama ha un ruolo pressoché nullo. Non c’è dialogo, ma solo una musica over. I gesti, i movimenti, le azioni dei personaggi sono astratti, slegati dalla pratica quotidiana: «Sembrano rituali vuoti, forme di un teatrino grottesco e sofisticato al tempo stesso, cerimonie che non conoscono neppure la propria ragione intrinseca. La scena degli artisti, evocata con Baj e Piacentino, pare sul punto di rilevare una vacuità segreta, una frustazione radicata. Dai gesti non escono opere, ma solo vaghi progetti senza costrutto, manie soggettive che non comunicano nulla» (P. Bertetto, in Nespolo, Art’è, Villanova di Castenaso, 2003).

Questo cortometraggio pare veramente un gioco chiuso in se stesso, come se al suo interno contenesse vecchie scatole magiche cinesi che si aprono e si chiudono meccanicamente. Potremmo definirlo un «film-armadio, […] costituito da un gran numero di piccoli e di grandi cassetti da cui spuntano frammenti di immagini, frammenti di fotografie, frammenti di movimenti, fili di seta, nastri, intimo femminile un po’ in disordine, pezzi di carte, capezzoli maliziosi, occhi un po’ stravolti» (Janus, Ibidem).

I personaggi non sono chiamati a far procedere l’intreccio narrativo, hanno quindi un ruolo puramente simbolico, sono maschere grottesche che ruotano in una danza di dannati, simile ad uno di quei “balletti meccanici” che venivano messi in scena dai dadaisti e dai surrealisti all’inizio del Novecento. Questi personaggi rappresentano «alcuni dei luoghi comuni visivi più ricorrenti nel cinema a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta: il nudo posteriore “preraffaellita” femminile, la falce e il martello, i fedayn. Appaiono, ma al tempo stesso sono decontestualizzati, risultano come un catalogo di possibilità, più che come gli elementi sui quali costruire il senso vero del racconto: proprio come il gioco della cavallina che sembra appassionare i protagonisti del film» (S. Della Casa, Ibidem).

Enrico Baj è il “mago” che fa scomparire tutti (anche se stesso) nel finale. È questa la seconda volta che il grande pittore viene coinvolto da Nespolo in un suo film e ricorda il grande impegno con cui preparò l propria performance: «[Nespolo] mi pregò anche di far l’attore per lui, come accadde in una particina accanto a Lucio Fontana, che voleva sfottere quella grande igienista di mia suocera ne La galante avventura del cavaliere dal lieto volto, cui seguì per me il ben maggiore impegno di interpretare il Mago in Con-certo rituale arcaico. Quest’ultima interpretazione risultò particolarmente gravosa, dovendo io rifarmi culturalmente, per superarlo, immedesimandomi nel ruolo di quel tal “mago” introdotto da René Clair in Entr’acte, studiandone quindi a menadito la parte e il d‘après che ne avrei fatto. Insisté ancora nel cinema con Un supermaschio, radunandovi attorno un mucchio di bellissime dame spudorate» (E. Baj, Ibidem).

«In Con-certo rituale il gioco delle immagini per sommatoria e brusche sottrazioni stabilisce un ritmo narrativo veloce e trasmutante, come in una sorta di movimento circolare. In questa giostra sfrenata si muovono riconoscibili i personaggi di un'avanguardia internazionale ormai ridotti a stereotipi. Il gioco di Nespolo si è incattivito, diventa tagliente, ogni personaggio è colto in un attimo di riconoscibile fragilità e personale failure. Ideologie ed emblemi diventano giocattoli. Un erotismo ambiguo e sfrenato lega i diversi personaggi. La dinamica del film, che si muove per rapide associazioni più che per sequenza, ricorda il sogno e del sogno ha - non si dimentichi l'equazione che Robert Desnos stabiliva tra sogno e film nel 1926 - l'affiorante ambiguità erotica» (V. Fagone, in Nespolo Cinema Time After Time, Museo Nazionale del Cinema, Torino - Il Castoro, Milano, 2008).



Scheda a cura di
Davide Larocca

Persone / Istituzioni
Ugo Nespolo
Ulla Alasjarvi
Gianni Colosimo
Alberto Negro


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