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Cortometraggi e Documentari |
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Sul 45° parallelo
Italia/Mongolia, 1997, 35mm, 50', Colore
Regista Davide Ferrario
Sceneggiatura Gianni Celati, Davide Ferrario, Giovanni Lindo Ferretti
Fotografia Marco Preti (Mongolia), Massimiliano Trevis (Italia)
Operatore Marco Preti
Musica originale C.S.I. (Tabula Rasa Elettrificata)
Interpreti Davide Ferrario, Giovanni Lindo Ferretti, Massimo Zamboni
Produzione Colorado Film Production e Dinosaura
Sinossi
Il documentario racconta un duplice viaggio in terre lontane, ma che insistono sul 45° parallelo. Mentre Giovanni Lindo Ferretti e Massimo Zamboni, del gruppo musicale CSI, viaggiano in Mongolia, Ferrario viaggia nella pianura padana osservata assumendo il punto di vista di un asiatico. Immagini e atmosfere suggestive sono sottolineate da una colonna sonora che, da lì a poco, avrebbe portato i CSI al successo.
Dichiarazioni
«La prima idea cominciò ad essere discussa dopo Materiale resistente e dopo Tutti giù per terra. Il progetto prevedeva che i C.S.I. registrassero un nuovo cd in Mongolia, dopo un viaggio in treno in Transiberiana. Proposi di seguire il viaggio con una piccola troupe e di filmare la registrazione del cd e i concerti che i C.S.I. avrebbero tenuto a Ulan Baator. Oltre, naturalmente, a portare a casa una grande quantità di materiale documentario su quelle regioni suggestive e poco filmate che, per qualche ragione, colpivano il nostro immaginario comune. Tutto si fermò per una questione di permessi governativi. Quando i permessi arrivarono, nell’estate del 1996, io mi trovavo impegnato nella preparazione di Tutti giù per terra. D’altra parte, solo Giovanni Ferretti e Massimo Zamboni, tra i C.S.I., avevano deciso di partire. Lungi dall’abbandonare l’idea, mi interrogai sul senso di quel viaggio e mi resi conto che il mio viaggio non era quello materiale, ma quello virtuale del film che avrei voluto girare. E che anzi la separazione tra me e Ferretti/Zamboni apriva uno spazio forse ancora più interessante di ricerca: una specie di diario di fine millennio tra Oriente e Occidente, tra qui e altrove, tra nomadismo e stanzialità. Idea rafforzata dalla scoperta geografica che il deserto del Gobi è attraversato dal quarantacinquesimo parallelo, lo stesso che corre per la pianura padana: casa mia, e anche quella dei C.S.I. Il quarantacinquesimo parallelo è di per sé un luogo arcano: rappresenta l’esatta metà dell’emisfero nord, a mezza via tra Polo ed Equatore. Contattai Marco Preti, operatore e filmaker, che si aggregò al viaggio in Mongolia. E io cominciai a girare la pianura con una 16mm, semplicemente guardandomi attorno, immaginando talvolta di essere una troupe mongola in Europa. Su questo paradosso ho coinvolto pian piano gli amici-complici come lo scrittore Gianni Celati e il regista-fotografo Attilio Concari. Ferretti e Zamboni tornarono carichi di idee e suggestioni. Si chiusero insieme agli altri del gruppo in un agritur dell’Appennino reggiano per comporre il nuovo disco. Io mi installai al piano di sopra con un Avid e cominciai a montare. Ogni giorno io scendevo ad ascoltare la musica e loro salivano su a vedere le immagini. Il risultato è Tabula Rasa Elettrificata, il nuovo disco, e Sul Quarantacinquesimo parallelo, questo film che ne usa le canzoni come spina dorsale. Il film è quanto più lontano si possa immaginare da un film-concerto. I C.S.I. non vi suonano una sola nota live. Non è nemmeno un documentario su qualcosa. È un viaggio in uno spazio che si è creato tra la realtà e la fantasia di tutti coloro che sono stati coinvolti. Che è, precisamente, il luogo in cui esiste il cinema» (D. Ferrario, in Rete Civica del Comune di Reggio Emilia, “municipio.re.it”, 31.3.2009).
«Partendo da Torino e andando a est arrivi in Mongolia: non so quale, ma c’è un significato. Non è detto che non ci ritorni un’ennesima volta su questo parallelo, mi piacerebbe camminarci su da Torino fino a Boccasette sull’Adriatico e vedere che ci trovo: mi affascina di più l’esplorazione del mondo vicino, piuttosto che paesi lontani da cui torni uguale a prima» (D. Ferrario in occasione della presentazione di La luna su Torino, Il Sole 24 Ore, 10.11.2013).
«Accostati insieme padani e mongoli, ne viene fuori una lezione di etnologia comparata del vicino e del lontano. E non è detto che sia il lontano ad essere più strambo e singolare: anche qui da noi sappiamo difenderci. Qui come là, gli uomini sanno essere straordinari. Ottima idea, questa di Ferrario, di girare, tra un film e l’altro, fuori da schemi e regole, lavori compositi, dai confini, geografici e stilistici, irregolari. Se in Tutti giù per terra Ferrario rendeva viva una storia di ordinario e consapevole smarrimento grazie ad una messinscena allegra, mossa e imprevedibile, qui, sul quarantacinquesimo parallelo, mette in scena l’imprevedibilità del mondo in modo ugualmente imprevedibile. Un altro passo avanti per un regista che cresce a vista d’occhio» (B. Fornara, “Cineforum” n. 367, 9/1997).
«Un viaggio reale che diventa però in breve più ampio delle sue coordinate geografiche, per abbracciare il concetto stesso di spostamento, di movimento. Film ispirato da popoli nomadi e da strade identiche a se stesse da secoli, che concilia il moto di chi passa dalla quiete di chi, comunque, rimane. In sottofondo, e a tratti in soprafondo, la musica dei CSI, quella di Tabula Rasa Elettrificata, album che trova le sue radici proprio nell’essere specchio di distanze da percorrere, per poi coprirne delle altre ancora» (“Rockol.it”, 1.1.1998).
«Sono passati quasi vent'anni da questo documentario firmato Davide Ferrario, che da sempre (ancor oggi) è stato attratto e incuriosito dal parallelo terrestre numero 45, che unisce sulle mappe la pianura padana e la Mongolia, due mondi apparentemente così lontani ma che in qualche modo devono essere uniti. […] Interviste, incontri e tanta tanta musica (la colonna sonora è lo straordinario album Tabula Rasa Elettrificata degli stessi C.S.I.), per un film che procede senza alcuna storia ma “non senza un senso precisissimo”, con immagini e atmosfere uniche. Un tuffo in un passato che per certi versi sembra lontanissimo (e non solo per le ceneri di quel gruppo musicale...) ma all'interno di una ricerca che nel cinema di Ferrario ancora prosegue (“quel” parallelo è molto presente anche nell’ultimo suo film, La luna su Torino)» (C. Griseri, “cinemaitaliano.info”, 16.04.2015).
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