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ENCICLOPEDIA DEL CINEMA IN PIEMONTE

Lungometraggi



Due cuori
Italia, 1943, 35mm, 76', B/N

Altri titoli: La casa sul fiume

Regia
Carlo Borghesio

Soggetto
Piero Ballerini

Sceneggiatura
Piero Ballerini, Carlo Borghesio

Fotografia
Edoardo Lamberti

Operatore
Luigi Fiorio

Musica originale
Giovanni Fusco

Montaggio
Carlo Borghesio

Scenografia
Guglielmo Borzone

Interpreti
Elisabetta Simor (Anna Serrati), Carlo Covacs (l'ingegner Andrea Dalmonte), Osvaldo Genazzani (Gianni Serrati), Nino Crisman (Ruggero Berti), Guglielmo Sinaz (De Marchis), Olga Vittoria Gentili (zia Gertrude), Angela Franceschetti (la cameriera), Ernesto Conte (avvocato), Domenico Corsetto, Tania Lante, Diana Mauri, Tina Santi, Felice Minotti

Produttore esecutivo
Giovanni Bona

Produzione
Domenico Valinotti per Dora Film, CIF (Consorzio Italiano Film)

Distribuzione
A.C.I. (Alleanza Cinematografica Italiana) Europa

Note

Nulla Osta n. 31.937 del 11.8.1943; 2.312 metri.

Titolo provvisorio La casa sul fiume.

Film realizzato negli stabilimenti FERT di Torino.





Sinossi
Un giovane impiegato, attratto da guadagni facili, sottrae illegalmente del denaro nell’azienda in cui lavora per impegnarlo in una speculazione, ma il suo piano fallisce e perde tutto. La sorella, disperata, cerca prima di farsi prestare il denaro dal proprio fidanzato e poi, dopo aver ottenuto un rifiuto, si reca dal proprietario dell’azienda del fratello, un ingegnere, per confessargli, senza riuscirvi, la vicenda. L’uomo si sente attratto dalla ragazza e ben presto le chiede di sposarlo, ma, venuto a conoscenza dell’esistenza del fidanzato, si allontana per poter riflettere sulla sua vicenda amorosa. Tutto si appiana quando la ragazza ritrova l’ingegnere: questi la perdona e i due continuano, felici, la loro storia d’amore.




«Questo film realizzato a Torino è veramente un sottoprodotto cinematografico: povero d’intreccio, di sceneggiatura, di tecnica [...] Piuttosto che ostinarsi a produrre coserelle scialbe come questa, sarebbe preferibile quel dignitoso silenzio in cui il carattere piemontese [...] sa rifugiarsi» (L.O., “Il Messaggero”, 11.12.1943).

«[...] nulla da meravigliarsi se questo film pensato, progettato e realizzato da persone serie ha l’aria di essere un elogio al furto [...] una regia piatta e incolore ci rivela tutte le pecche dell’inesperienza e non solleva le sorti del film. Gli attori, assai poco convinti delle loro parti, hanno snocciolato tutto d’un fiato un dialogo infiorato perfino di aforismi del tipo: “Una cordata di montagna è come il matrimonio, ci si lega per tutta la vita”. [...] Elisabetta Simor ha qualche momento felice: Macbeth ha ucciso il sonno – dice il poeta – ma questo film lo fa resuscitare» (J. Rizza, “Il Giornale d’Italia”, 13.12.1943).

«Come ha spiegato Lorenzo Ventavoli con un saggio nel volume Officina torinese edito da Lindau, la comunità ungherese ha avuto una grande importanza nel mondo del cinema torinese tra gli anni Trenta e gli anni Quaranta. Erano come noto anni di autarchia, quando i prodotti americani non arrivavano sui nostri schermi a vantaggio dei film prodotti nei paesi alleati, soprattutto la Germania di Hitler. Ma anche l’Ungheria esercitava un grande fascino, intesa come terra immaginaria di grande lusso ed eleganza mitteleuropea dove era possibile ambientare commedie sofisticate che dovevano cancellare il ricordo di quelle hollywoodiane. Attori e registi ungheresi a Torino erano numerosi, anche se qualche volta si cercava di mimetizzare le loro origini. È il caso della coppia composta da Erzsi Simon e Kasroly Kovacs, marito e moglie nella vita e spesso insieme sullo schermo. Nei titoli di testa di Due cuori, prodotto dalla Dora Film di Domenico Valinotti e girato negli stabilimenti della Fert di corso Lombardia, i due sono presentati come Elisabetta Simon e Carlo Covacs, simulando quindi un’italianità che era loro estranea» (S. Della Casa, “La Stampa – TorinoSette”, 5.3.2010).



Scheda a cura di
Valeria Borello

Persone / Istituzioni
Carlo Borghesio
Piero Ballerini
Giovanni Fusco
Felice Minotti


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