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Lungometraggi |
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La vita provvisoria
Italia, 1962, 35mm, 114', B/N
Regista Vincenzo Gamna, Enzo Battaglia
Soggetto Fabio Jegher, Giorgio Prosperi
Sceneggiatura Giorgio Prosperi, Chris Broadbent, Vincenzo Gamna, Gianfranco Mingozzi, Berto Pelosso, Enzo Battaglia
Fotografia Guido Cosulich De Pecine, Alessandro D’Eva
Musica originale Carlo Savina
Musica di repertorio Domenico Modugno
Suono Renato Cadueri
Montaggio Roberto Cinquini
Aiuto regia Berto Pelosso
Scenografia Cesare Rovatti
Direttore di produzione Domenico Meucci
Interpreti Paola Pitagora (la figlia di Felice Tremoli), Paolo Graziosi (Toni), Yves Barsacq (Carloni), Vicky Ludovisi (Margherita), Peter Dane (il regista), Charles Lavialle (Felice Tremoli), Maria Antonietta Belluzzi (Beatrice), Cristina Parisi (suor Chiara), Ugo Zerbinati (cavalier Spadolini), Philippe Camus (Francesco), Adelmo Di Fraia (“Follow me”), Leda Guerra (Leda), Gianfranco Narducci (Franco), Antonio Venturi (Antonio), Krystyna Stypilkowska (Arabella)
Produzione Fabio Jegher per Avers Film
Distribuzione Olympic
Note Registro Cinematografico 2.825. Incasso: 89.600.000.
Regista della seconda unità: Enzo Battaglia; collaborazione artistica: Chris Broadbent; autori delle canzoni: Domenico Modugno, Fiorenzo Carpi, Dario Fo, Leo Chiosso, N Simoni; collaboratore al montaggio: Enzo Battaglia; altri interpreti: Daniela Rousselot, Rapha Temporel; voce off: Corrado Mantoni.
Enzo Battaglia è regista e sceneggiatore dell’episodio L’estate.
Sinossi
Il film si compone di vari brevi episodi. Un facchino della Stazione Centrale di Milano compera un pezzo di terreno sulla luna; una ragazza, poco prima di sposarsi, va a letto con un compagno di scuola; alcuni giovani fascisti fanno confusione in un locale notturno; due giovanissimi flirtano tra loro; un contadino proibisce al figlio di trasferirsi in città, questo reagisce sterminando tutta la famiglia; un comunista in crisi entra in chiesa e fraternizza con un malato di vaiolo.
Dichiarazioni
«E ora ho sulle braccia, come si dice, un film che m'imbarazza: La vita provvisoria di Vincenzo Gamma, scritto da Giorgio Prosperi. Affronterei una sassaiola in un vicolo stretto, come si dice nella mia fantasiosa città, piuttosto che dare un cruccio a Prosperi. Ma accidenti, qua mi pagano, la mia sincerità ha un prezzo convenuto fra galantuomini, fra puntuali contraenti; è cinematografica, sì, ma non alla maniera di quei produttori i cui nomi fanno spesso rimbombare le cronache giudiziarie. Vediamo. Il film esordisce annunziando: “Gli autori hanno voluto stabilire che l'idolatria della tecnica e del benessere, valori provvisori, hanno determinato la provvisorietà degli affetti, dei sentimenti”. Perché no? Ma ecco l'esemplificazione, in raccontini di varia misura. 1) il portabagagli Carloni è triste, avendo un figlio e una figlia moraviani; che fa dunque?: compra da un imbroglione un appezzamento di luna; deriso (e che voleva?) ammattisce. 2) un ripugnante donnone, persuaso di avere attitudini cinematografiche, si denuda a tradimento nell'ufficio di un regista; ciò è realmente accaduto: ma la realtà, in un film, non è né reale né significativa se non l'ha toccata l'angelo o il demonio che so io. 3) un giovane “mostro” narra come sterminò la propria famiglia; l'azione orrenda non ci è mostrata; lui dice che si alzò e quieto quieto li uccise. 4) monache al bagno: innocenza, azzurro e salsedine: mica c'è altro; e la “provvisorietà” non c'entra, né di punta né di taglio. 5) una ragazza promessa a un ambizioso medico, Francesca, è tarlata dalle assenze di lui; va a finire che si dà a un occasionale ammiratore, nel futuro nido nuziale ancora sprovvisto di mobili (questo è il migliore pezzo del film, vessato però da una ostinata ricerca di “atmosfere”, da giocherelli estetici inadeguatissimi al genere). 6) in un ufficio statale si è perduta una “bustarella “; tono farsesco; voli di scartoffie, l'umore di Clair non lo posso tirare in ballo perché fu, quando c'era, lieve ed elegante, una spuma; qui abbiamo invece una grossolanità, un'eccedenza che allega i denti. 7) idillio marino fra adolescenti; lido e costruzioni immotivatamente deserti, o meglio resi tali dalla sinistra influenza, sul regista Gamma, di Resnais e di Antonioni; la tesi del film va ancora una volta a farsi benedire, poiché le dolci e timide schermaglie del primo amore sono in pianta stabile, nei ruoli dell'umanità, fin dalla preistoria. 8) un teddy-boy di lusso informa gli amici che intende “scaricare” la sua ganza; state a vedere, sussurra, divertiamoci; la fa sballottare in un dancing, poi d'un tratto, all'acme di un rock, le strappa la parrucca e, non senza un tuffetto viscerale, apprendiamo che la bella è un bello; una ripugnante ma valida consistenza, per me, questo brano ce l'ha. […] È tutto. Caro Prosperi, non credere, ti prego, che le tue nobili intenzioni io non le abbia percepite. Il film ha i suoi coltellucci di affilata polemica e i suoi fiorellini di poesia; ma inconciliati, sparsi, non amalgamati né dallo stile ne dall'idea-base (tanto che quest'ultima sembra applicata in extremis). La colpa maggiore è, temo, del regista: immaturo quanto gonfio di reminiscenza (Antonioni, la nouvelle vague, Fellini... ogni sequenza è un'antologia visiva) e, cribbio, di presunzione. Quando, quando ci avvicineremo all'arte con umiltà e soprattutto come ci ha fatti la mamma: ossia magari fessi, ma della nostra individuale, genuina fessaggine?» (G. Marotta, Di riffe o di raffe, Milano, Bompiani, 1965).
«Ciò che vorremmo rimproverare [al film], che è stato pensato […] con nobilissimi principi, è […] la sua scarsa convinzione […] spettacolare. E ciò non per colpa dei registi […] agli esordi […]ma perché il tema […] è ormai tanto di moda […] da poter essere digerito soltanto se è svolto con assoluta originalità di linguaggio, e […] senza che in sottofondo si avverta la vocetta del grillo parlante. […] Quello che dispiace […] non è il pessimismo, ma il volerlo giustificare con gli annosi pensieri sulla bomba atomica e la crisi di tutti i valori tradizionali. Gli autori […] sono probabilmente sinceri, ma ciò non impedisce che siano noiosi […]. Eppure […] hanno ingegno e anche il senso del cinema» (G. Grazzini, “Corriere della Sera”, 13.2.1963).
Scheda a cura di Attilio Palmieri
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