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ENCICLOPEDIA DEL CINEMA IN PIEMONTE

Cortometraggi e Documentari



Alda Bianco, una staffetta partigiana
Italia, 1993, Bvu, 36', B/N e colore


Regia
Alessandro Amaducci

Sceneggiatura
Alessandro Amaducci

Musiche di repertorio
This Mortal Coil

Montaggio
Alessandro Amaducci



Produzione
Cooperativa 28 dicembre

Note
testimonianze di Alda Bianco e Eugenia Ruata; interviste a cura di Paolo Gobetti e Paola Olivetti, 9 maggio 1989; testi e fotografie a cura di Alberto Bianco.




Sinossi
Alda Bianco, una ragazza come tante altre e moglie di Alberto Bianco, racconta le sue esperienze di lotta clandestina in città e le sue missioni di staffetta di collegamento con le bande in montagna. E trova pure il tempo di sposarsi.




Dichiarazioni
«Allora provo [...] a riprendere le foto in movimento su uno sfondo nero e provo a intarsiare lo sfondo nero con le immagini [dell'intervista] di Alda; quando faccio le prime prove sono entusiasta: le foto volano letteralmente, senza forza di gravità,da un'estremità all'altra dello schermo,coprendo e svelando il volto di Alda, come se il flusso dei ricordi si concretizzasse in immagini sgranate, fluidificate nel vuoto» (A. Amaducci, in Piemonte partigiano, Regione Piemonte, Torino, 1993).





«Il punto di partenza da cui prende corpo il film è un'intervista di quasi due ore ad Alda Bianco, valorosa staffetta nei venti mesi della Resistenza, amica e poi moglie, dal gennaio del 1945, di Alberto Bianco, comandante della terza divisione GL e fratello di Dante Livio Bianco. Dall'intervista, realizzata qualche anno prima del film, scaturisce l'immagine di una donna vitale e decisa, capace con molta naturalezza e senz'ombra di retorica di raccontarsi davanti alla videocamera. La rievocazione dell'esperienza partigiana di Alda Bianco, organizzata nel film con un lineare criterio cronologico, trova un supporto visivo efficace nelle numerose foto d'epoca della protagonista e dei suoi amici e compagni di lotta, che il regista riesce a mettere in relazione dinamica con le immagini ricavate dalle riprese dell'intervista. Il risultato è un ritratto che si propone con una straordinaria, piacevole levità, discorsiva e visiva» (C. Borsa, Scheda di accompagnamento al video, Ancr, Torino, 2009).
 
«Amaducci lavora in profondità sulla memoria contaminata o meno con la videoarte. Lo fa con lavori realizzati per l’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza di Torino. In tale linea si inseriscono Work in Progress, Aleph-Taw, memorie dello sterminio, Alda Bianco, una staffetta partigiana, e il recente Il giudizio di Norimberga. Sono lavori, soprattutto i primi due, in cui rispettivamente la memoria partigiana e quella della persecuzione nazista subita dal popolo ebraico confluiscono nel territorio della videoarte, dell’uso del video, come terreno di ricerca, in questo caso per non lasciare isolata oppure chiusa in un discorso visivo tradizionale la memoria storica» (G. Gariazzo, Il documentario indipendente italiano, Sopralluoghi, SNCCI, Festival dei Popoli, Firenze, 1994).
 
«L’attività presso l’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza di Torino ha (...) permesso a questo autore di ripensare il documentario in pellicola e il film d’archivio, mettendolo a confronto con le possibilità di una “impaginazione” (e quindi di una rilettura) in video che lo “dialettizzasse”, creando estensioni all’oggi, confronti con testi scritti sullo schermo, combinazioni grafiche, inserzioni di documenti fiction» (S. Lischi, Visioni elettroniche. L’oltre del cinema e l’arte del video, Fondazione Scuola Nazionale di Cinema, Roma, 2001).


Scheda a cura di
Marta Teodoro

Persone / Istituzioni
Alessandro Amaducci


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