Torino città del cinema
info txt max
ENCICLOPEDIA DEL CINEMA IN PIEMONTE

Lungometraggi



Quattro mosche di velluto grigio
Italia/Francia, 1971, 35mm, 105', Colore

Altri titoli: 4 mosche di velluto grigio, Four Flies on Grey Velvet, Four Patches of Grey Velvet, Quatre mouches de velours gris

Regia
Dario Argento

Soggetto
Dario Argento, Luigi Cozzi, Mario Foglietti

Sceneggiatura
Dario Argento

Fotografia
Franco Di Giacomo

Operatore
Giuseppe Lanci

Musica originale
Ennio Morricone

Suono
Luciano Anzellotti, Mario Ronchetti

Montaggio
Françoise Bonnot

Effetti speciali
Cataldo Galliano

Scenografia
Enrico Sabbatini

Costumi
Enrico Sabbatini

Trucco
Giuliano Laurenti

Aiuto regia
Roberto Pariante

Interpreti
Michael Brandon (Roberto Tobias), Mimsy Farmer (Nina Tobias), Jean-Pierre Marielle (Gianni Arrosio), Bud Spencer (Diomede), Aldo Bufi Landi (medico legale), Calisto Calisti (Carlo Marosi), Marisa Fabbri (Amelia), Oreste Lionello (il professore), Fabrizio Moroni (Mirko), Stefano Satta Flores (Andrea), Laura Troschel (Maria), Corrado Olmi (portiere), Francine Racette (Dalia), Guerrino Crivello (Rambaldi), Costanza Spada (Maria Pia)

Direttore di produzione
Angelo Jacono, Giuseppe Mangogna

Produzione
Salvatore Argento per S.E.D.A. Spettacoli, Marianne Productions, Universal Productions France

Distribuzione
C.I.C.

Note
Nulla Osta n. 59.423 del 11.12.1971.
Girato in Cinemascope, Technicolor; assistenti operatori: Gianfranco Transunto, Claudio Marchetti; direttore d’orchestra: Bruno Nicolai; assistenti al montaggio: Alessandro Gabriele, Pietro Bozzo, Catherine Bernard; parrucchiere: Paolo Borselli; cantante: Edda Dell’Orso; altri interpreti: Gildo Di Marco (postino), Tom Felleghy (commissario Pini), Leopoldo Migliori (musicista), Fulvio Mingozzi (manager dello studio musicale), Jacques Stany (psichiatra), Stefano Oppedisano, Pino Patti, Ada Pometti, Luigi Cozzi, Giovanni Di Benedetto, Sandro Dori, Enzo Marignano, Diego Morreale; segretario di produzione: Carlo Cucchi; segretaria di edizione: Patrizia Zulini; amministratore: Carlo Du Bois; vietato ai minori di 14 anni.
Il film è stato girato a Torino, Milano, Spoleto, Roma (esterni) e nei teatri di posa Incir De Paolis, Roma (interni).
 




Sinossi
Il giovane Roberto Tobias, batterista in complesso rock, è pedinato da un misterioso individuo che egli una sera affronta e, involontariamente, uccide. Qualcuno ha assistito alla scena, fotografandola e da quel momento inizia a perseguitare Roberto, senza ricattarlo, ma dimostrando di odiarlo. Si susseguono altri omicidi, finché la soluzione del mistero arriva grazie ad un procedimento scientifico che permette di fotografare l’ultima immagine rimasta impressa sulla retina degli occhi delle persone uccise: questa immagine riproduce quattro mosche grigie.




Dichiarazioni
«Con Quattro mosche di velluto grigio avevo iniziato a ce6rcare la strada di un cinema molto più personale, più strano […]. È qualcosa che ha a che vedere con la mia insofferenza per le strutture predeterminate, per le regole immutabili della tradizione narrativa del cinema. L’horror, il thriller, dovrebbero essere sempre, per definizione, svincolati da questi legami. Non ho niente contro il giallo classico, anzi. Mi può piacere molto vedere un film che riesce a stupirmi e ad emozionarmi restando fedele a certe regole tradizionali. Ma il rispetto di queste regole non dovrebbe mai essere un obbligo. Ciò che conta è il risultato finale. Non si cercano logica e realismo, in una fiaba o in un racconto di Poe. Ci si aspetta emozione, sorpresa, inquietudine. In questo senso, credo di aver mantenuto un forte contatto mentale con il cinema sperimentale europeo e americano che seguivo da ragazzo nei cineclub» (D. Argento, in D. Costantini, F. Dal Bosco, Nuovo cinema inferno: l'opera di Dario Argento, Pratiche Editrice, Milano, 1997).
 





Terzo film di Dario Argento dopo L’uccello dalle piume di cristallo e Il gatto a nove code, Quattro mosche di velluto grigio conclude la “trilogia thrilling” con cui il critico cinematografico di “Paese Sera” ha iniziato la sua fortunata attività di regista. Il film viene accolto bene sia dal pubblico sia dalla stampa specializzata, anche se con entusiasmo minore rispetto ai primi due: «il film stenta a prender quota: ma poi ripaga degli indugi con una sapiente dosatura della suspense, accorto impiego di figure minori, ed agghiaccianti effetti scenografici. Negli “esterni” sarebbe irrilevante riconoscere un po’ Torino, un po’ Milano, un po’ Spoleto: in realtà non siamo in nessun luogo ma in un campo astratto di sofisticate combinazioni» (L. Pestelli, “La Stampa”, 23.1.1972). In effetti di Torino si riconoscono alcuni scorci i corso Vittorio Emanuele e di corso Galileo Galilei, ma evidentemente Argento cerca, assemblando spazi presi da diverse località, di comporre la sua città ideale, la città di sogno che egli ha creato con la sua fantasia.

Tra i più convinti sostenitori del nuovo talento registico che si presenta in Italia all’inizio degli anni Settanta c’è il direttore di “Filmcritica”, Edoardo Bruno: «Tra i film di corrente uscita, la divagazione sul giallo proposta da Dario Argento sembra la più coerente e personale. Nonostante le insufficienze, i raggiri attorno al kitsch, la tensione artificiosa, questo Quattro mosche di velluto grigio presenta alcuni motivi d’autore, conserva, nella mediazione di un prodotto consumistico, elementi personali – ansie, inquietudini, paura – di chi riesce ancora a esprimere una parte di sé. Soprattutto verso la fine dl film, lo scatenamento della giovane donna, la nevrosi di questo esile efebo, il suo accanimento, la sua irrazionalità e la morte, sgranata al rallentatore in tempi incredibili, compongono un’isteria, nutrita di film, di citazioni, di immagini» (E. Bruno, “Filmcritica”, n. 221, 1972).

In Quattro mosche di velluto grigio Dario argento pare prendere piena coscienza della peculiarità del proprio stile e delle proprie esigenze espressive. Mette a punto così la struttura “ondulatoria” in base alla quale egli distribuisce i tempi della suspense. Sembra che questi tempi siano diversi da quelli utilizzati tradizionalmente nei film di questo genere: egli impone una pausa, una sosta quando ci si aspetterebbe un’accelerazione e viceversa, suggerisce anticipazioni quando sembrerebbe logico non svelare gli eventi futuri, accumula tensione, inquietudine e angoscia fino a livelli mai prima raggiunti.

Qui come in altri suoi film l’impulso creativo di Argento richiede strumenti tecnologici particolari, capaci di tradurre in immagini la sua sfrenata fantasia. Quattro mosche di velluto grigio ha uno sviluppo narrativo “forte”, pieno di colpi di scena ed “effetti” thrilling veloci e incalzanti; secondo l’autore il finale avrebbe dovuto essere di segno diverso, quasi un “balletto” lento e al tempo stesso terrificante. Il tremendo incidente d’auto in conclusione del film avrebbe potuto assumere dimensioni altamente drammatiche solo se fosse stato proiettato sullo schermo con un “super ralenti”, ma all’epoca nessuna macchina da presa professionale permetteva questo effetto. Argento trovò nella Germania Democratica, all’Università di Dresda, una cinepresa denominata Pentazet che veniva usata per scopi scientifici e poteva far girare la pellicola fino a 30.000 fotogrammi al secondo. La pellicola stessa scorreva dentro un bagno d’olio che le impediva di prendere fuoco a causa dell’estrema velocità. Grazie a questo apparecchio è stato possibile ottenere un ralenti così lento come non si era mai visto prima nella storia del cinema.      

Gli straordinari effetti visivi creati da Argento ricordano per tanti versi quelli degli spettacoli del Grand-Guignol tra fine Ottocento e inizio Novecento. «L’omicidio […] affascina il Grand-Guignol, che fa della sua rappresentazione il momento clou dello spettacolo. […] I rulli di tamburi, gli annunci magniloquenti, la teatralizzazione eccessiva […] partecipano di una strategia che dà altrettanta importanza alla messa in scena dell’omicidio che all’omicidio stesso. In Dario Argento sono quelle inquadrature esemplari in cui la macchina da presa si accontenta di esporre in primo piano gli strumenti dell’assassino, traducendo una volontà di esibire l’armamentario indispensabile al “numero” criminale, una sorta di fascinazione per la bella opera […]. In Quattro mosche di velluto grigio una sequenza sintomatica si svolge all’interno di un Salone di Arti Funerarie dove originali inventori espongono diversi modelli di bare: Roberto e i suoi due amici camminano così al centro del viale, arringati da individui che esaltano le qualità di una bara imbottita e rivestita di seta o quelle di un sarcofago egizio» (J.B. Thoret, in G. Carluccio, G. Manzoli, R. Menarini, L’eccesso della visione. Il cinema di Dario Argento, Lindau, Torino, 2003).

Le linee della poetica di Dario Argento e del suo stile vengono dunque precisate con questo film: rifiuto della logica e del realismo, ricerca della fascinazione dell’effetto visivo, onirismo, visionarietà. I lungometraggi del regista italiano sono conosciuti, amati e imitati a livello internazionale proprio per queste loro caratteristiche; afferma la scrittrice giapponese Babanana Yoshimoto: «I suoi fans appassionati parsi per il mondo che come me li guardano percependoli con tutte le cellule del corpo riescono a entrare sin dalla prima scena nel suo mondo, gli altri credo, invece, che non capiscano perché così tante persone debbano morire tragicamente, perché certe scene debbano essere così lunghe e complesse, o per quale motivo facciano la loro comparsa alcuni personaggi. Quello è il mondo dell’inconscio e dei sogni. Forse sarebbe più corretto dire: “Nei suoi film, Dario Argento traduce in immagini il flusso dei sogni delle zone d’ombra degli esseri umani così come sono”» (B. Yoshimoto, in D. Costantini, F. Dal Bosco, Nuovo cinema inferno: l'opera di Dario Argento, Pratiche Editrice, Milano, 1997).

 

 


Scheda a cura di
Franco Prono

Persone / Istituzioni
Dario Argento
Franco Di Giacomo
Giuseppe Lanci
Ennio Morricone
Michael Brandon
Mimsy Farmer
Bud Spencer
Marisa Fabbri
Oreste Lionello
Stefano Satta Flores
Enrico Sabbatini

Luoghi
NomeCittàIndirizzo
caffè MulassanoTorinopiazza Castello
Castello, piazzaTorinopiazza Castello
G. Collegno,viaTorinovia G. Collegno
galleria SubalpinaTorino-
galleria Umberto ITorino-
palazzoTorinovia Duchessa Jolanda angolo via G.Collegno
Regina Margherita, ponteTorinoponte Regina Margherita



segnalibro
 = aggiungi
 = elimina
All'interno di ogni scheda troverete queste icone che vi permetteranno di memorizzare i documenti che più vi interessano o di eliminare quelli già memorizzati.
Copyright © 2005 - Associazione Museo Nazionale del Cinema | Contattaci
Piemonte Movie