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ENCICLOPEDIA DEL CINEMA IN PIEMONTE

Lungometraggi



Ferdinando e Carolina
Italia, 1998, 35mm, 102', Colore


Regia
Lina Wertmüller

Soggetto
Raffaele La Capria, Lina Wertmüller

Sceneggiatura
Raffaele La Capria, Lina Wertmüller

Fotografia
Blasco Giurato

Musica originale
Italo Greco, Paolo Raffone, Marcello Vitale

Suono
Paolo Amici

Montaggio
Pierluigi Leonardi

Scenografia
Enrico Job

Costumi
Gino Persico

Aiuto regia
Maria Pia Rocco

Interpreti
Sergio Assisi (Ferdinando), Gabriella Pession (Carolina), Gianni Bonagura (Ambasciatore d'Austria), Carlo Caprioli (Imperatore Giuseppe), Isa Danieli (Governante Fravulella), Silvana De Santis (Imperatrice Maria Teresa), Moira Grassi (Contessa di San Marco), Nicole Grimaudo (Principessa di Medina), Lola Pagnani (Sara Goudar), Elio Pandolfi (Abate Galiani), Adriano Pantaleo (Ferdinando bambino), Armando Pugliese (Principe di San Severo), Mario Scaccia (Ferdinando anziano), Leo Benvenuti (Tanucci), Giuliana Gargiulo (suor Maria Crocifissa)

Direttore di produzione
Domenico La Spada

Produzione
Edwige e Edwin Fenech per Immagine e Cinema, Le Studio Canal Plus

Distribuzione
Medusa

Note
Anno di produzione: 1998.
Fotografo di scena: Tonino Benetti; collaboratore alla scenografia: Bruno Amalfitano; assistenti alla regia: Smonetta Frollini, Cosma Quaglia, Antonio Tozzi; altri interpreti: Pelos La Capria (don Raffaele), Vanessa Sabet (Maria Giuseppa), Matt Patresi (Angelo Goudar), Gerardo Gargiulo (re Carlo), Yari Gugliucci (Gennarino Rivelli), Lucilla Vacondio (lady Stratfordshire), Elena Presti (principessa di Floridia), Paolo Di Giorgio (principe di Caramanico), Giuseppe Bottiglieri (Giacomo Goudar), Giuliano Amatucci (Fedele), Maria Zulima Job (Maria Carolina bambina), Lea Gramsdorff (Maria Amalia); organizzatore generale: Roberto de Laurentiis; collaborazione alla produzione: Medusa.
Il film è stato realizzato con il contributo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento Spettacolo.
La maggior parte delle location del film sono in Piemonte: la Palazzina di caccia di Stupinigi, la reggia di Venaria, i castelli di Racconigi e di Guarene, il Palazzo reale e la Biblioteca dell’Archivio di Stato di Torino. Altre location sono in Campania (reggia di Caserta) e Sicilia.




Sinossi
Il vecchio Ferdinando di Borbone, re delle Due Sicilie, sul letto di morte ricorda la sua giovinezza, quando si trovò fidanzato ad una principessa d’Austria figlia dell’imperatrice Maria Teresa. La promessa sposa morì di vaiolo, e così pure un’altra sua sorella; la terza, Carolina, non voleva sposarlo pensando che “portasse jella”, e la stessa cosa pensava Ferdinando. Ma  la ragion di Stato prevalse, i due giovani si sposarono felicemente, anche se le ambizioni di lei e le sciagurate abitudini di lui crearono non pochi problemi. Tra cacce, giochi, intrighi di corte e licenziosità, la coppia reale viveva ignara della tempesta rivoluzionaria che stava per scatenarsi in tutta Europa.




Dichiarazioni
«Quando con Raffaele La Capria ci siamo messi nell’impresa di raccontare l’incontro di Ferdinando e Carolina, ci siamo trovati di fronte a un materiale talmente ricco che avrebbe potuto dar vita a dodici film, e di tutti i generi. Splendori, orrori, commedia e tragedia, amori e odi sono intrecciati così solidamente nella storia di quegli anni tremendi, quegli anni che hanno cambiato l’aspetto del mondo, che veramente la scelta non era facile. Io ho sempre privilegiato il grottesco e la presenza dell’ironia anche navigando nei mari più cupi della tragedia. Anche questa volta ho cercato di trattare la storia nel mio modo di fare cinema» (L. Wertmüller, "Cartella Stampa" della Produzione del film).
 
«”La storia è un incubo dal quale vorrei risvegliarmi”, ha scritto Joyce. E come un incubo la sente nelle sue ultime ore il re lazzarone, Ferdinando di Napoli [...] Anche il regista di questo film ha voluto risvegliarsi all’incubo della Storia in una Napoli solare, centro di civiltà e meta di viaggiatori, dove tutto lo splendore di un’epoca si riflette nel fantastico scenario di una corte tra le più vivaci d’Europa» (R. La Capria, Ibidem).
 
«Il film ha tre passaggi visivi completamente distinti. Dovevamo rendere l’idea del caldo napoletano, dell’austerità austriaca e del regno di Spagna. Dopo estenuanti e fruttifere sedute con regia e scenografia e costumi, Job ha avuto l’idea, che ritengo vincente, di tenere tutte le sequenze napoletane con gli interni sempre chiusi da persiane, onde dare una grande sensazione di oscurità e di calore. Pertanto nel corso delle riprese ho tenuto questa parte più calda e sanguigna, mentre per l’Austria tutto diventa moderatamente freddo o più propriamente moderno fino ad arrivare a una rappresentazione della Spagna nella quale ho finalmente attuato una passione giovanile “scoperta” in viaggio a Madrid. Durante una visita al Convento dell’Incarnazione vidi infatti una serie di tele religiose di Juan Van der Hamen y Leon, e ne rimasi impressionato: l’uso del colore, quelle tinte cupe, mi restituivano sensazioni contrastanti e violente» (B. Giurato, Ibidem).
 
«[...] i Savoia, [...] dopo il 1860, quando presero possesso delle regge dei Borbone, ne avevano voluto cancellare quanto più possibile le tracce. Scopo perseguito negli interni con tali innovazioni e ammodernamenti da distruggere quasi del tutto il preesistente rococò, proprio quello spiritoso, elegantissimo barocchetto tanto necessario al film. Eppure fu proprio questa volontà di cancellazione della memoria borbonica a risolversi per i Savoia in una curiosa nemesi, che restituì ai Borbone le loro regge settecentesche in quelle degli usurpatori piemontesi. Dunque le regge di Napoli in Piemonte, e in casa Savoia anche le regge asburgiche. Ma, guarda caso, pure per il barocchetto di quelle, aveva provveduto a soccorrermi a Torino un figlio del regno borbonico, un siciliano, uno stupefacente genio dell’architettura: Filippo Juvarra» (E. Job, Ibidem).





«Non è un film storico-biografico, anche se i protagonisti non sono prodotti della fantasia e incarnano, l'uno, il diciassettenne sovrano di Napoli e l'altra la quindicenne consorte, figlia di Maria Teresa, imperatrice d'Austria. La coppia regale, formatasi nel 1768, in obbedienza a calcoli dinastici, è ritratta nei fulgenti anni della giovinezza. Temperamenti opposti quelli di Ferdinando e Carolina. Giocherellone, eterno infante, inadatto alle responsabilità di governo, ignorante quanto un ciuco, il giovane re dal grosso naso; severamente educata Carolina e non aliena da pregiudizi verso il napoletano, che, del resto, la ripaga con egual moneta. La cornice storica nel film è la Reggia di Caserta: la evocano con finezza la regista ed Enrico Job, ma il pericolo di una smaltata calcomania lo fuga la saporosità di una sceneggiatura cui ha contribuito Raffaele La Capria, fattosi tramite di una colta e gustosa napoletanità, d'altronde, non estranea alla pugliese Lina Wertmüller. La quale volge la storia sulla corda di una commedia giovanile in cui i sensi e la reciproca attrazione addomesticano, pro tempore, le ingiunzioni e le ingerenze della politica. Ferdinando e Carolina, contrariamente ad altri rinomati film della Wertmüller, ha una evoluzione pastosa, mai al di sopra delle righe, e una eleganza figurativa non visitata da affardellamenti decorativi e da preziosismi snobistici» (M. Argentieri, “Cinemasessanta” n. 241, maggio/giugno 1998).
 
«Ferdinando è Ferdinando IV, re di Napoli dal 1759, uno dei sovrani peggiori della dinastia dei Borboni, responsabile di feroci persecuzioni nel 1799 contro quanti avevano preso parte alla Repubblica Partenopea, atroce repressore anche nel 1820-21. Carolina è sua moglie, una principessa d'Austria anti-francese e tirannica. Ferdinando e Carolina di Lina Wertmüller, attraverso i ricordi del sovrano agonizzante (Mario Scaccia) rievoca soltanto la giovinezza allegra, sfrontata, gioiosa, conflittuale, erotica e vorace del monarca napoletano: cacce, amori, banchetti, balli, scherzi, vita di corte. […] Non si capisce cosa il film voglia davvero raccontare, se si tratti di un ulteriore momento del revisionismo storico filoborbonico oppure di una nuova dimostrazione delle metamorfosi operate dal potere che in questo caso trasformò un ragazzo edonista in un re assassino. Scritto dalla regista insieme con Raffaele La Capria, il film ha diversi pregi: il “pensare in grande” di Lina Wertmüller, così anomalo nell'angusto cinema italiano; il protagonista Sergio Assisi, molto interessante; le scenografie e la scelta dei luoghi di Enrico Job, strepitosi; la vitalità e vivacità del ritmo, certe sequenze (la prima notte di nozze), l'uso di interpreti ben scelti e bravi anche quando recitano personaggi macchiettistici» (L. Tornabuoni, “La Stampa”, 4.4.1999).
 
«Ferdinando e Carolina è, insieme, una piacevole esperienza e una delusione. La piacevolezza nasce dalla festa per gli occhi che Lina Wertmüller ci apparecchia nei più bei palazzi barocchi e rococò di Italia, complici i suoi generosi produttori Edwige e Edwin Fenech, il bravissimo Enrico Job, una regia scenografica ed elegante, la fotografia eccellente di Blasco Giurato. La delusione nasce dal fatto che lo sfondo bellissimo, ricco e movimentato contiene un aneddoto e un ritratto molto più piccolo di quello che ci si poteva aspettare: una scena di genere, un episodio galante, un acquerello libertino (tanto per restare in atmosfera settecentesca) più che un quadro storico. [...] alla fine di una carrellata attraverso le più belle scenografie del cinema italiano recente, dopo aver ammirato la bravura di Lina Wertmüller nello scegliere e muovere protagonisti pressoché sconosciuti e comprimari eccellenti - dal giovane Sergio Assisi nel ruolo del re, bello e simpatico, alla deliziosa e spiritosa Maria Carolina di Gabriella Pession, da Leo Benvenuti, lo sceneggiatore, nel ruolo dell'intrigante ministro Tanucci a Mario Scaccia nella parte del re vecchio - resta, dopo un'ora e cinquanta di verve settecentesca, l'impressione di aver visto ripetersi sempre la stessa scena, il desiderio di sapere che cosa mai ci fosse fuori da quei boudoir, da quei giardini, da quei saloni, la sensazione che il film non ha detto abbastanza» (I. Bignardi, “la Repubblica”, 4.4.1999).
 
«La collaudatissima vena picaresca della più famosa delle nostre registe (assistita qui dalla penna di Raffaele La Capria) si applica a un soggetto che con ogni probabilità le sta sinceramente a cuore: il contrasto, nella Napoli settecentesca dove una società agonizzante sta per essere travolta dalla stagione rivoluzionaria, tra putrescenza e vitalità indomita della gioventù incarnata dai giovani Ferdinando di Borbone, re scugnizzo, e la promessa sposa Carolina d'Austria. Là dove ragion di stato e calcoli politici falliscono, trionfa la sensualità di due giovani corpi che si appartengono. Bella favola, simpatica messa in scena. Non molto di più» (P. D'Agostini, S. della Casa, a cura, Cinema italiano: annuario 1999-2000, Il Castoro, Milano, 2000).


Scheda a cura di
Vittorio Sclaverani

Persone / Istituzioni
Lina Wertmüller
Blasco Giurato
Sergio Assisi
Gabriella Pession
Gianni Bonagura
Isa Danieli
Elio Pandolfi
Leo Benvenuti
Enrico Job

Luoghi
NomeCittàIndirizzo
Archivio di StatoTorinopiazza Castello
Castello di RacconigiRacconigi (To)-
Palazzina di caccia di Stupinigi - Salone da balloStupinigi (To)-
Palazzo RealeTorino-
Palazzo Reale - BibliotecaTorino-
Palazzo Reale - Sala del CafféTorino-
Palazzo Reale - Scala delle ForbiciTorino-
reggia di Venaria RealeVenaria Reale (To)-



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