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ENCICLOPEDIA DEL CINEMA IN PIEMONTE

Cortometraggi e Documentari



Wilbur e la TV
Italia, 1988, Vhs, 20', Colore


Regia
Flavio Moretti

Soggetto
Flavio Moretti

Sceneggiatura
Flavio Moretti, Guglielmo Galfredo

Fotografia
Flavio Moretti

Suono
Alberto Sarti

Montaggio
Flavio Moretti

Interpreti
Vincenzo Torelli (Wilbur), Luigina Moretto, Guglielmo Galfredo, Maurizio Galia, Daniela Caramma, Luisa Ziliotto, Fabiola Battiato



Produzione
Flay Productions

Note
Premi: Targa Kodak Castrocaro Terme (Forlì); Targa Argento Round ’89, Rimini; Bronze Award al Houston International Film Festival, USA; Primo Premio Cineclub, Bolzano.




Sinossi
«È la storia di un ragazzo che alla compagnia degli amici preferisce quella della televisione. Appassionato di fumetti e cartoni animati, passa ore ed ore davanti allo schermo televisivo consumando chili e chili di pop- corn. Un giorno, il televisore si rompe e Wilbur lo sostituisce con un altro trovato nel ripostiglio. Da quel momento inizieranno le sue disavventure…» (Città di Torino Assessorato alla Gioventù, Cinema e video a Torino 1992, E.D.T., Torino, 1992).




Dichiarazioni
«Come tutti i miei cortometraggi anche questo è caratterizzato dall’uso di materiale ed espedienti artigianali» (F. Moretti, www.flaviomoretti.it).





«Wilbur e la Tv (video) è la prima definizione d’un personaggio degno di Lupo Alberto o di Dylan Dog. Wilbur ha più di vent’anni, il cervello da dodici, è simpatico, istintivo, disordinato, troppo curioso, incoscientemente coraggioso, divora Tv e pop corn. Una madre elettrica. Quando la Tv si guasta Wilbur si chiede: “Ma che succede?” Nel ripostiglio trova il televisore del nonno, grande inventore, e presto scopre che i personaggi possono sporgersi dallo schermo, come fosse una finestra, facendo cadere oggetti sul pavimento. Il teleschermo è attraversabile: è la soglia che mette in comunicazione mondi paralleli, come dalle tasche di Eta Beta si può tirar fuori di tutto; è anche, però, la ferita cronenberghiana di Videodrome. Wilbur può prendere, ma può anche essere preso, quando porta via il malloppo ad un gangster si becca una raffica di pallottole. La Tv è strumento infernale: accesa non si può più spegnere il tubo catodico vomita nella stanza di Wilbur mostri godzilleschi. Che fine farà Wilbur non lo sapremo, come se guidato da una preveggenza, Moretti avesse intuito la necessità di non far sparire il suo personaggio. È proprio una figura, ancor meglio una sagoma seriale come Paperino, Topolino e la cavalletta disneyana, che in Wilbur e Pippo aiutava Pippo a pescare da cui Wilbur prende il nome. E, permesso, Wilbur è anche il nome dell’albatros di Le avventure di Bianca e Bernie. Wilbur è un personaggio ironico e avventuroso, come lo scrittore Wilbur Smith, e in un primo momento proprio questo doveva essere il suo nome, un personaggio un po’ stralunato, la cui fantasia è stata scolpita dal coniglio immaginario visto in Harvey: è Elwood/James Stewart più un pizzico di Jerry Lewis. Per noi, però, per le sue potenzialità seriali è più simile a Dracula, a Frankenstein o a l’Uomo invisibile; non dimentichiamo, infatti che ne L’orrore di Dunwich il figlio di Lavinia si chiama Wilbur. È il trionfo del nuovo immaginario collettivo che mixa letteratura e cinema, fumetti e B movie, con un rigore di messa in scena articolata su precisi movimenti di macchina: panoramiche, carrellate, dolly, soggettive. Siamo in presenza d’un linguaggio maturo e completo in cui gli effetti speciali servono come effetti spaziali che permettono all’assurdo di rivelarsi e manifestarsi. È un cinema di superfici che si contrappone alla profondità di campo del cinema classico in cui l’effetto di realtà creava lo spazio per l’azione dell’eroe. Wilbur non ha bisogno di spazio: come nei videogame le sue gesta devono superare ostacoli ai fini d’un alto punteggio finale» (C. Scarrone, “SegnoCinema” n. 66, marzo-aprile 1994).


Scheda a cura di
Franco Prono

Persone / Istituzioni
Flavio Moretti
Vincenzo Torelli


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