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ENCICLOPEDIA DEL CINEMA IN PIEMONTE

Lungometraggi



La terza madre
Italia/USA, 2007, 35mm, 98', Colore

Altri titoli: Exhumed; The Mother of Tears

Regia
Dario Argento

Soggetto
Dario Argento

Sceneggiatura
Jace Anderson, Dario Argento, Walter Fasano, Adam Gierasch, Simona Simonetti

Fotografia
Frederic Fasano

Musica originale
Claudio Simonetti

Suono
Roberto Cappannelli, Emanuela Di Giunta

Montaggio
Walter Fasano

Effetti speciali
Sergio Stivaletti, Simone Fontana, Pablo Mariano Picabea, Paolo Verrucci

Scenografia
Francesca Bocca, Valentina Ferroni

Costumi
Ludovica Amati

Trucco
Giorgio Gregorini, Luca Vannella, Paola Gattabrusi

Aiuto regia
Leopoldo Pescatore, Lee Wilson

Interpreti
Asia Argento (Sarah Mandy), Udo Kier (padre Johannes), Cristian Solimeno (detective Enzo Marchi), Coralina Cataldi-Tassoni (Giselle), Daria Nicolodi (Elisa Mandy), Moran Atias (Mater Lachrimarum), Philippe Leroy (alchimista), Araba Dell'Utri (strega), Valeria Cavalli (Marta), Clive Riche (uomo col cappotto), Adam James (Michael Pierce), Silvia Rubino (Elga), Robert Madison (agente Lissoni), Jun Ichikawa (Katerina), Gisella Marengo (strega)

Casting
Morgana Bianco

Direttore di produzione
Giorgio Turletti

Produttore esecutivo
stripslashes(Claudio Argento)

Produzione
Claudio Argento, Dario Argento, Giulia Marletta, Kirk d'Amico per Medusa Film, Myriad Pictures, Opéra Films

Distribuzione
Medusa Distribuzione

Note
Effetti visivi: Christopher Ahrens, Mike Goddard, Adam Marisett; effetti digitali: Sébastien Bergeron, Stephen Paschke; montaggio degli effetti digitali: Bob Dewald; assistente al montaggio: Sarah McTeigue; assistenti alla regia: Luca Padrini, Laura Greco, Alvise Barbaro; altri interpreti: Franco Leo (Monsignor Brusca), Tommaso Banfi (padre Milesi), Giorgia Zago (Donna con bambino), Massimo Sarchielli; coordinamento stunts: David Ambrosi; segretario di produzione: Danilo Goglio; organizzatore generale: Tommaso Calevi; co-produttore: Lee Wilson.
Il film è stato realizzato con il sostegno di Film Commission Torino Piemonte.

Le riprese sono state effettuate dal 30 ottobre al 17 dicembre 2006 a Torino (Accademia delle Belle Arti, una villa abbandonata in viale Thovez, ospedale Molinette, zona del Quadrilatero), l'aeroporto di Caselle, l'Abbazia di Sant'Antonio di Ranverso, il cimitero di Andezeno, la stazione ferroviaria di Rivarolo (TO).




Sinossi
Sarah Mandy, una studentessa americana di storia dell’arte dotata di poteri paranormali, arriva a Roma e, incuriosita da un’antica urna, decide di aprirla liberando così lo spirito della Mater Lachrymarum, la più bella e la più crudele di una triade di streghe che comprende anche Mater Suspiriorum e Mater Taenebrarum, entrambe sconfitte anni prima, negli eventi narrati nei film Suspiria ed Inferno. La Terza Madre, liberata dall’urna, richiama le sue terribili sorelle, scatenando un’ondata di morti atroci, violenze e suicidi inspiegabili, che si abbattono sulla città. Spetta a Sara l’arduo compito di rimediare al suo errore e di combattere la fatale triade anche con l’aiuto di Marta, una strega bianca che le insegna a liberare e controllare i suoi poteri paranormali.



Dichiarazioni
«Adoro Torino: è accogliente, bellissima, si presenta come una specie di teatro di posa. Questo è il sesto film che giro sotto la Mole: siamo sempre accolti bene, al contrario di una Roma diventata nel tempo piena di ostacoli per chi vuol far cinema. [...] Ho chiuso la trilogia delle madri dopo trent'anni esatti da Suspiria nel momento in cui me la sono sentita. Dopo Inferno mi sentivo obbligato a fare il terzo film sulla serie delle madri. Ma era un obbligo che mi atterriva. E così ho fatto altro: sono andato a lavorare negli Usa, ho prodotto quattro film, sono tornato a fare ancora altri film. E, alla fine, ho deciso di dirigere La terza madre» (D. Argento, “La Stampa”, 2.11.2007).
 
«Io sono romano e amo la mia città, ma ho girato il mio ultimo film e molti altri a Torino perché è un paradiso, una specie di teatro di posa. A Roma non si può più girare film: la mia esperienza sul set è stata agghiacciante. Abbiamo girato la prima parte de "La terza madre" a Torino ed è stato magnifico: tutti ci volevano bene e c'era un grande rispetto. Poi siamo venuti a Roma ed è stato agghiacciante: non ci volevano far girare alla Stazione Termini. Poi, quando abbiamo iniziato le riprese, la gente ci tirava le cose addosso dai balconi e ci insultava. Dicevano: andate via, adesso chiamiamo la polizia! E cose del genere. Allucinante» (D. Argento, “La Stampa”, 11.12.2007).
 
«Dario mi ha stimolato immediatamente durante la preparazione ad analizzare le opere del pittore olandese Hyeronimus Bosch (14501516). Questo artista ha sempre affascinato non soltanto i critici d'arte ma anche il grande pubblico. Le centinaia di personaggi che affollano ogni suo quadro - diavoli, civette, scimmie, topi mostruosi e pesci fantastici, accanto ai grandi personaggi della storia sacra a cui sono consacrati i suoi dipinti principali - lo rendono un surrealista ante litteram o a un Salvador Dalí nato agli albori dell'epoca moderna. La cupezza e gli intensi colori delle tele di Bosch sono stati un preciso riferimento durante le riprese. Inoltre, dopo vari incontri con Dario, abbiamo concordato che il film dovesse avere una continuità di atmosfere e colori con gli altri due film della trilogia. Con la Terza Madre dovevamo per forza di cose, realizzare un film molto diverso dagli altri due soprattutto dal punto di vista tecnico. [...] Suspiria e Inferno sono stati realizzati completamente in teatro, La Terza Madre al contrario è stato girato per il 90% in location sarebbe stato estremamente complesso realizzare una fotografia coerente con le prime due opere girando quasi tutto in esterni. Inoltre Suspiria è stato stampato in Technicolor, mentre il nostro film è stato realizzato a Cinecittà Studios, dove peraltro mi sono trovato molto bene. [...] In definitiva ho cercato di mantenere alcuni punti fermi dei primi due film, come la intensa saturazione dei colori e le atmosfere molto cupe, adeguandole però a canoni stilistici più attuali ed a una visione più personale. I colori non sono più quelli primari, ma innaturali, ideati attraverso la mescolanza di luci calde e fredde (utilizzo di fonti a 5500° e 3200°) e pensando già in ripresa alla successiva color correction per la finalizzazione del lavoro in termini colorimetrici. I momenti di luce realistica si mescolano a momenti più fantastici nell'ambito del film in funzione del momento narrativo che si sta raccontando. [...] Tutte le scelte legate al film, ad esempio la decisione di girarlo in Super 35, sono state frutto di analisi e discussioni comuni. Una cosa che vorrei menzionare è che Dario è un regista che gira già montando il film: in altri termini sa esattamente come sarà ciascuna delle inquadrature che definiranno il film. Di conseguenza non gira mai inquadrature doppie o aggiuntive: ogni singola ripresa sarà - se buona - parte del montato finale. Questo processo denota una profonda sicurezza ed una notevole assunzione di rischi, che ritengo solo i grandi possano permettersi» (F. Fasano, ”Imaging”, settembre 2007).
 
«Osservo Dario mentre dirige la terza parte della trilogia che ha plasmato la mia idea di cinema. L'emozione è tanto più forte in quanto attendo il suo giudizio sulle prime sequenze montate: alla nostra terza collaborazione mi chiede di lavorare al film da solo, lui è impegnato nelle riprese. Un gesto di fiducia. Se sono qui a scriverne, potete immaginare com'è andata. In realtà l'intero montaggio è stato febbrile, lavorare con lui lo è. Per farlo ho dovuto partecipare al clima onirico e selvaggio che permea il film. Muovermi con precisione appassionata nella sua follia. Questo è il sabba di Argento per il terzo millennio (W. Fasano, “Rolling Stone”, Novembre 2007).





«Il Male è tornato a Roma: donne accoltellate, uomini strozzati, auto sfasciate a colpi di mazza, cadaveri sventrati per mangiarne i visceri, gole tagliate, persino una ragazza stuprata con un’asta di ferro. Arrivano da altrove, con ogni mezzo di trasporto, gruppi di donne troppo simili a vallette, sguaiate, aggressive, vocianti. Asia Argento percorre impaurita stanze e scale oscure, si rifugia nelle catacombe, affronta un terremoto: ogni tanto la rincuora (“Sii forte!”) il fantasma della vera madre dell’attrice, Daria Nicolodi. […] La Terza Madre di Dario Argento è l’ultimo film di una trilogia su tre streghe sorelle, abitanti a Friburgo, New York, Roma, dette Madri: Mater Suspirorum (Suspiria, 1977), Mater Tenebrarum (Inferno, 1980), Mater Lachrimarum (alla quale è dedicato questo film)» (L. Tornabuoni, “La Stampa”, 2.11.2007).
 
«La storia, dichiaratamente fantastica […] chiede allo spettatore di sospendere la credibilità per lasciarsi andare al fascino (e al piacere) dei colpi di scena più o meno sanguinolenti. Questa operazione fatica però a prendere il via per due motivi sostanziali: l'inadeguato livello immaginifico delle scene e il dispregio totale di qualsiasi professionismo recitativo. Oltre che per lo scarso livello del gore, fermo ai “soliti” sgozzamenti e accecamenti. Se in passato Argento era stato capace di creare almeno visivamente dei mondi coerenti e credibili, qui la storia procede per accumuli slegati tra di loro e le scene più slasher sembrano filmate per un manuale di fantasie patinate e non per destabilizzare le certezze rassicuranti dello spettatore. […] Tristemente prevedibile […] il dilettantismo degli attori, in mezzo ai quali la povera Asia Argento stenta a trovare un interlocutore capace di offrirle una battuta come Strasberg comanda» (P. Mereghetti, “Corriere della Sera”, 2.11.2007).
 
«Siamo nel cuore del miglior cinema di Argento, che torna al passato suo più grande, chiamando a sé la famiglia (la figlia Asia, la moglie Daria) e i vecchi collaboratori (Simonetti per le musiche). Certo, com'è noto, Argento non presta molta attenzione alla recitazione e ai dialoghi! […] Eppure […] questa Terza madre è piuttosto accurata, con molti effetti speciali, una storia dotta, tra esoterismo e magia nera, e un richiamo a uno spunto autobiografico» (D. Zonta, “l'Unità”, 2.11.2007).
 
«Gli elementi che gli appassionati del genere horror amano, ci sono tutti o quasi, enfatizzati dalla musica (anche questa scontata, nel miglior senso del termine. Firmata Simonetti). Elementi a cui Argento aggiunge - coadiuvato pesantemente da due giovani sceneggiatori americani del genere zombie - una quantità insolita e appetitosa di morti splatter (alcune magistralmente realizzate negli effetti dal solito Stivaletti), un coté stregonesco a tinte darkpunk (la cosa meno riuscita del film, peccato), la scelta di una Roma più gotica che barocca, truculenta quanto tristemente verosimile nella sua violenza che le streghe diffondono come peste. […] l'ultimo film di Argento paga pegno alla genialità di un maestro che trenta anni fa […] cambiò il concetto di horror nel mondo del cinema. Visto invece con una certa distanza dai tempi d'oro, bisogna dire che la Terza madre ci restituisce almeno un Argento in discreta salute, certo ripresosi dagli abissi insulsi della Sindrome di Stendhal e del Cartaio. Un Argento passato per la serie televisiva americana dei Masters of Horror e ricaricatosi di spirito anarchico e leggero, pronto a far muovere la camera come raramente si vede nel cinema italiano, a giocare con la paura, a strizzare l'occhio costantemente al suo pubblico» (R. Ronconi, “Liberazione”, 2.11.2007).
 
«Con La terza madre Dario Argento ribadisce di essere ancora uno dei maestri del thriller/horror, in grado di mobilitare gli appassionati del genere e al tempo stesso di attivare gli anticorpi esorcistici. […] Tra suggestioni soprannaturali e pratiche esoteriche, l'hard-gore sembra infischiarsene della plausibilità del sequel e delle connessioni concettuali. Argento è sempre unico per come sa trascendere la contingenza dei crani trapanati, dei corpi sbudellati, degli schizzi di sangue e per come sa trasportarci nella dimensione della paura ancestrale mascherata da orrore effettistico» (A. Castellano, “Il Mattino”, 3.11.2007).
 
«Tornano il filone fantastico e la collaborazione con la figlia Asia, assente nei suoi film da Il fantasma dell'opera. Qui interpreta Sarah Mandy, studiosa americana che riporta in vita la Mater Lacrimarum, bellona stile valletta tv alla Drive In che convoca donne sguaiate truccate male (dovrebbero essere streghe) in quel di Roma per gettare la città nel caos, che equivale a tre coatti che sfasciano una macchina e una madre che getta un bambolotto (dovrebbe essere il figlio) nel Tevere da Ponte Sant'Angelo. C'era più confusione l'anno dell'ultimo scudetto della Roma. Un commissario dalle enormi orecchie a sventola aiuterà l'eroina. Dialoghi comici ("Tua madre era una grande spiritualista" - "No! Era una ballerina!"), icone maltrattate (Udo Kier prete scialbo, Philippe Leroy occultista con la zeppola, Daria Nicolodi fantasma ansiogeno), Asia Argento sempre isterica e piatta fotografia da fiction tv» (F. Alò, “Il Messaggero”, 1.11.2007)
«Il nuovo incubo comincia bene, con una bara maledetta ritrovata in un cimitero e uno scrigno polveroso aperto da un'imprudente fanciulla. Il sangue giovane subito versato fa tornare il vigore alla "terza madre", la mater lacrimarum, la più terribile. Ed è bella l'idea dell'ira omicida che sconvolge le strade di Roma, città feroce. Ma presto Argento, seguendo le indagini della figlia Asia, ricercatrice con shining, sembra distrarsi e non credere alla possibilità che la paura esista ancora. Al di là di qualche piacevole effetto (una testa recisa che cade lentamente, un occhio bucato), lo stile narrativo precipita in una sciatta banalità con momenti di devastante bruttezza (il sabba orgiastico nelle catacombe). Come se il sognatore pazzo non credesse più ai mostri che sospirano nella notte» (C. Carabba, “Corriere della Sera Magazine”, 15.11.2007).
«Un film sorprendente nella sua furia, nella sua forza fisica e nella determinazione delle sue ellissi, un lavoro che a tratti ha Il calore di un home movie (nel cast oltre ad Asia Argento nei panni di una studiosa di archeologia, anche Daria Nicolodi, in quelli di sua madre, strega bianca e fantasma. Ma ci sono anche un cameo di Udo Kier - con lui in Suspiria - e Claudio Simonetti alle musiche) e in altri l'energia selvaggia di un gesto liberatorio. […] Rispetto ai primi due capitoli della "serie" (Suspiria e Inferno), La terza madre è un film molto meno stilizzato, più urgentemente brutale […] e anche meno interessato alla (sua) mitologia. L'apparizione dell'ultima e più micidiale tra le streghe - Mater Lachrymarum - coincide con una febbre di follia che spazza il mondo. Un delirio collettivo di distruzione che fa pensare a Howard Philips Lovecraft e al John Carpenter di Il seme della follia. Inquadrata nelle architetture "esagerate" di una Roma sinistra e notturna, braccata da una satanica scimmietta (altra citazione del passato argentiano, ricordate Phenomena?) o inseguita da un gruppo di streghe lesbico/punk alla stazione Termini, Asia Argento è dotata di poteri che ne fanno l'unica, tenue, barriera capace di proteggere la razza umana. Non si può non dire: “Ben tornato Dario”» (G. D’Agnolo Vallan, “Ciak”, novembre 2007).
 
«Si inizia con le lacrime e si finisce con una risata. Le lacrime sono quelle della Terza Madre che dà il titolo al film, quella Mater Lacrimarum che forma una malefica triade con la Mater Suspiriorum, già al centro di Suspiria, e con la Mater Tenebrarum, la protagonista di Inferno, con cui il nuovo film di Dario Argento forma una trilogia. Si chiude con una risata perché è proprio così che i protagonisti si comportano alla fine. Ma anche perché a ridere è soprattutto il pubblico in sala, per quello che invece di un horror sembra una saga delle comicità involontaria. […] Non è che i dialoghi e la coerenza narrativa siano mai stati il punto di forza di Dario Argento. Ma, almeno nei primi due capitoli della trilogia, Suspiria e Inferno, c’era una certa suspence e una certa maestria a livello di messa in scena. E soprattutto era riuscita l’atmosfera dei film, dovuta a un grande lavoro di scenografia e fotografia, con quelle case infernali, seducenti e macabre, dominate da un’inconfondibile rosso acceso. Piaceva, di Argento, la capacità di disturbare con inquadrature di particolari, oggetti, sguardi, volti, e con l’uso delle musiche, anche se questi aspetti si notavano soprattutto nei suoi thriller, come Profondo Rosso, a detti di molti i suoi film migliori, prima della svolta horror nata proprio con Suspiria. Di tutto questo ne La terza madre non c’è proprio traccia. Se si esclude qualche sequenza iniziale piuttosto efficace, il resto è un susseguirsi di fughe e uccisioni, tra lo splatter e il gore, neanche tra le più originali messe in scena dal regista. La reiterazione del medesimo schema alla fine porta alla noia. Argento non sfrutta neanche le poche potenzialità del copione: un’intera città in preda a una folla impazzita e senza freni poteva essere un’idea in grado di scatenare la visionarietà del regista in scenari apocalittici, o in critiche sociali, come riusciva efficacemente a Cronenberg ne Il demone sotto la pelle. Invece, il tutto si risolve in una madre che getta il figlio (un bambolotto palesemente di plastica) nel Tevere e in alcuni romani che litigano (sempre nei pressi dell’Altare della Patria, tra l’altro, sarà per i lavori dell’agognata metro C?) per un parcheggio. Cosa che a Roma è assoluta normalità, altro che horror… […] E qui arriviamo alla grande nota dolente del film: la recitazione e il doppiaggio sono qualcosa di inguardabile. Passi per la Atias e per altri mediocri attori, ma anche Asia Argento, che ci è capitato più volte di apprezzare in altre parti, non si salva dal naufragio collettivo. Per non parlare dell’attore che impersona Michael, un villain cha attacca gridando un “aaaah” come non si sentiva da anni nel cinema horror» (M. Ermisino, www.effettonotteonline.com).
«È inutile e ridicolo continuare a invocare a gran voce il ritorno di Dario Argento ai suoi zenit artistici, quelli soprattutto di Suspiria, Inferno e Tenebre, e di molti altri. Lo fanno e si ostinano a farlo bene o male tutti, fan e rotocalchi, guide patinate e agenzie pubblicitarie alla canna del gas. Dario Argento non può più essere Dario Argento, come Roma non può essere più Roma, Torino non può essere più Torino, il gore non può più essere quel gore, l'anarchia della visione non può più essere quell'anarchia, perché la società non è più quella società, e quindi non c'è più la stessa visione, non può più esserci quell'anarchia.; gli occhi (e con loro quel benedetto occhio di retorica teorica, se mai è esistito) sono diversi, ovviamente cambiati, e la mente va con loro, insieme ai suoi parametri. Quel Dario Argento non è più, e non l'ha(nno) ancora capito: ogni adattamento risulta soffocato; quando invece ci si riaffaccia sul passato, e si vuole tornare alla rivoluzione nelle strade e nelle case, non si distingue più niente, e l'abbandono al caos non è affatto terapeutico, né per noi, né per il (suo, quel) cinema. Ecco perché La terza madre è peggiore di Il cartaio, […]: di certo, è peggiore delle sue stesse velleità autoriali, per la maggior parte indotte, e questo non si può né si deve sopportare» (P.M. Bocchi, “FilmTV”, www.film.tv.it). 




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