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ENCICLOPEDIA DEL CINEMA IN PIEMONTE

Lungometraggi



The Bourne Ultimatum. Il ritorno dello sciacallo
USA/Germania, 2007, 35mm, 112', Colore

Altri titoli: La vengeance dans la peau; Bourne Ultimatum Japan; El ultimátum de Bourne; Bourne: El ultimátum

Regia
Paul Greengrass

Soggetto
dal romanzo di Robert Ludlum

Sceneggiatura
Tony Gilroy, Scott Z. Burns, George Nolfi

Fotografia
Oliver Wood

Operatore
Andrew Casey, Florian Emmerich

Musica originale
John Powell

Suono
Scott Millan, David Parker, Kirk Francis

Montaggio
Christopher Rouse

Effetti speciali
Joss Williams

Scenografia
Alan Gilmore, Peter Wenham

Costumi
Shay Cunliffe

Trucco
Christine Beveridge

Aiuto regia
Chris Carreras, David Daniels, Ahmed Hatimi, Terry Madden, Nick Satriano, Denis L. Stewart, Adil Abdelwahab

Interpreti
Matt Damon (Jason Bourne), Julia Stiles (Nicky Parsons), David Strathairn (Noah Vosen), Paddy Considine (Simon Ross), Edgar Ramirez (Paz), Scott Glenn (direttore della CIA Ezra Kramer), Albert Finney (Dr. Albert Hirsch), Joan Allen (Pamela Landy), Tom Gallop (Tom Cronin), Corey Johnson (Wills), Daniel Brühl (Martin Kreutz), Joey Ansah (Desh), Colin Stinton (Neal Daniels), Dan Fredenburgh (Jimmy), Lucy Liemann (Lucy)

Casting
Daniel Hubbard, John Hubbard, Avy Kaufman

Produttore esecutivo
Cristina Ecija, Doug Liman, Henry Morrison, Jeffrey M. Weiner

Produzione
Patrick Crowley, Frank Marshall, Paul Sandberg per Universal Pictures, Bourne Again, The Kennedy/Marshall Company, Ludlum Entertainment

Distribuzione
UIP

Note
Steadycam: Stuart Howell; assistenti operatori: Stanley Fernandez Jr, Thomas Gottschalk; foto di scena: Jason Boland, Abbot Genser; orchestrazione: David Butterworth, Gary K. Thomas; direttore d’orchestra: Gavin Greenaway; montaggio del suono: Karen M. Baker, Per Hallberg; effetti sonori: Peter Staubli; assistente costumista: Ken Crouch; assistenti al montaggio: Christopher Robin Bell, Robert Malina; effetti visivi: Peter Chiang, Charlie Noble; parrucchiere: Kay Georgiou; altri interpreti: Bryan Reents, Arkie Reece, John Roberson, Russ Huards (tecnici), Mark Bazeley (Betancourt), Sinead O'Keeffe (Chamberlain), Chucky Venice (agent Hammond), Scott Adkins (agente Kiley), Branko Tomovic, Laurence Possa (poliziotti russi); stunt: Dan Bradley; location manager: Jerome Albertini, Mohamed Benhmamane, Sam Breckman, Piers Dunn, Duncan Muggoch, Emma Pill, Lauri Pitkus, Félix Rosell; segretaria di produzione: Segolene Amice, Roberto De Jesus.
 
Locations: Mosca, Torino (piazza Vittorio Veneto), Parigi, Londra, Madrid, Berlino, Tangeri, New York.
 
Premi: Oscar 2008 a Christopher Rouse per il montaggio, a Scott Millan, David Parker e Kirk Francis per il suono, a Karen M. Baker e Per Hallberg per il montaggio del suono.




Sinossi
L’ex agente della C.I.A. Jason Bourne è tornato con il bisogno, sempre più angosciante, di sapere chi e perché lo ha trasformato in una spietata ed inarrestabile macchina per uccidere, cancellandone l'identità e la memoria. Inoltre egli vuole vendicare la morte di Marie, la giovane ragazza tedesca che è rimasta coinvolta nella fuga di Jason durante il secondo episodio della serie (The Bourne Supremacy) e che è stata uccisa da un cecchino a Goa, in India. L'azione si sposta da Mosca a Parigi, da Torino a Londra, da Madrid a Tangeri, fino ad arrivare a New York, dove l'ex agente segreto scopre finalmente il suo vero nome, David Webb, e si scontra personalmente con l'uomo che ha presieduto al suo addestramento.




«Chi è Jason Bourne? Qual è il suo vero nome? Come fu che, diventando un killer nei servizi deviati della Cia, perse la memoria? Perché i suoi ex mandanti insistono a volerlo morto? Dopo The Bourne ldentity (2002) e The Bourne Supremacy (2004), grandi successi in libreria e sullo schermo, per rispondere a tutte queste domande arriva il terzo capitolo della saga […] Qui da topo Jason si è fatto gatto e il regista Paul Greengrass lo rincorre al di qua e al di là dell'oceano, passando da Mosca a Torino, da Londra a Madrid, da Tangeri a New York. […] Matt Damon […] si conferma qualcosa di più di un buon attore (ha vinto a suo tempo un Oscar come sceneggiatore) e puntando sull'impassibilità di un personaggio traumatizzato riesce a convincere e perfino a commuovere» (A. Levantesi, “La Stampa”, 2.11.2007).
 
«Raro esempio di un serial che migliora col tempo, ecco la fine della trilogia sull' agente segreto smemorato Jason Bourne, l' anti 007 incastrato in operazioni subdole della solita Cia. Damon nel frattempo è diventato un divo d' azione con una sua personalità e corre per 111' a perdifiato sfuggendo a tutti gli amici o nemici che lo vogliono killer e morto. Gli fa da eroica spalla, nella bella scena al cardiopalma newyorkese, un cronista del Guardian, da cui gli elogi del giornale (su Internazionale), condivisibili se si accetta l'adrenalina come categoria estetica. Il film di Greengrass (già Black Sunday), scritto da Tony Gilroy (già Michael Clayton), registra paura ed emozioni nelle danze da capogiro della cinepresa, un prezioso lavoro di tempi e montaggio su e giù nel mondo, quasi un documentario sulla paura dell' ignoto politico e sull' io esistenziale diviso e non riconciliato di Bourne. Ma ora sarà convinto della sua identità» (M. Porro, “Corriere della Sera”, 9.11.2007).
 
«Come giustificare legalmente nefandezze come il Patriot Act e i suoi fratelli? A dircelo è Jason Bourne (Matt Damon), agente segreto ribelle e smemorato, alla ricerca della sua identità perduta. Scopre che il paese che serve (gli Stati Uniti, guarda un po’) è pronto a tutto per sopravvivere e dominare il mondo e che forse un tempo pure lui era un fanatico imperialista guerrafondaio. The Bourne Ultimatum […] è il terzo capitolo della saga […] È il migliore: con ritmo e adrenalina spara a zero su CIA e affini, ricordandoci le estradizioni illegali, i servizi deviati - ma soprattutto i deviati dei servizi -, la politica estera spregiudicata e assassina. Per dire questo, per mostrarlo, cede su una serie di immagini e sequenze necessarie al box office: il controfinale didascalico e improbabile, gli inseguimenti in cui il nostro esce ammaccato e sanguinante ma sempre atletico e brillante, gli ammiccamenti amorosi che servono da scorciatoia. […] II protagonista è sempre Matt Damon, perfetto con il suo faccione nella parte dell'ignaro ma infallibile killer. In fondo è un moderno cowboy: prima sparare, poi chiedere chi è, ecco la regola aurea. […] La colonna sonora ritrova Moby (unica buona eredità del primo capitolo della saga), il cui Extreme Ways viene rivisto e corretto per diventare per il buon Jason quello che Gonna FIy Now è stato per Rocky Balboa. Insomma, Greengrass, sempre più un outsider del mainstream, ha compiuto il delitto perfetto: come un cuoco esperto ha saputo dosare gli ingredienti perché la pietanza potesse piacere a tutti. La ciliegina sulla torta è l'attacco politico, coraggioso e organico alla trama» (B. Sollazzo, “Rivista del Cinematografo” n. 11, novembre 2007).
 
«Il dinamismo e la frenesia dovuti alla multipla presenza di macchine da presa azionate in contemporanea e un montaggio iperattivo in jump cut sono oramai l'incontrovertibile marchio di fabbrica della regia di Paul Greengrass, assurto a paladino hollywoodiano della frammentazione visiva e intuitiva dopo l'impegnatissimo Bloody Sunday del 2002. Non ci interessa più l'ipotesi che il ragazzone (di vero nome David Webb) abbia scoperto la sua vera identità e il suo reale percorso di addestramento fuorilegge; nemmeno cosa combinerà costui correndo tra auto in fiamme e saltando giù dai grattacieli. Sappiamo che è invincibile, un Matrix ninja e multilingue, e ciò ci deve bastare. Perché in The Bourne Ultimatum conta solo il ritmo, l'adrenalina che sprigiona la pallottola schivata di striscio, la capacità di districarsi con lo sguardo tra dedali di impervie stradine. Jason Bourne esce indenne da qualsiasi pericolo, in mezzo a un clangore di canne di pistola caricate, ticchettii continui di tasti di computer pigiati e una sinfonia di effettucci sonori come ululati e musichette elettroniche sintetizzate al computer. Al bando ogni ipotesi di sviluppo psicologico da spy story, da quando il timone della regia è passato a Greengrass esiste solo l'atto smodatamente veloce e performativo dell'inseguimento. In fondo la differenza estetica tra un The fast and the furious o un Taxi e gli episodi due e tre di Bourne sembra si veda, ma proprio non c'è» (D. Turrini, “Liberazione”, 2.11.2007).

«In attesa di un mondo che non abbia più bisogno di agenti segreti, se spie devono essere che ci offrano almeno film eccitanti e mozzafiato. Come Jason Bourne: protagonista di una saga capace - caso più unico che raro - di migliorare da un episodio all'altro (incassi compresi: al box-office americano, Bourne Ultimatum ha totalizzato 230 milioni di dollari). Anche se questo, il terzo della serie, dovrebbe a rigore essere anche l'ultimo, dato che risponde finalmente ai quesiti sull'identità del protagonista e sui motivi per cui è perseguitato. […] Un ottimo esempio di come si possa fare un film pirotecnico e gonfio d'adrenalina senza affidarsi agli effetti speciali. Ad esaltarne l'efficacia, Paul Greengrass (già regista del secondo episodio, Bourne Supremacy) applica al genere uno stile semi-documentario, utilizzando la macchina da presa mobile e l'instabilità dell'inquadratura come correlativo dello stato d'animo di Bourne, che non sa mai quale sarà la prossima minaccia da affrontare né se, alla scena successiva, riuscirà a salvare la pelle. Analoga funzione svolge il montaggio, "tagliato" sull'ansia e sullo stato di allerta perenne di Jason. A ben guardare, si tratta dello stesso stile di rappresentazione usato dal regista inglese in United 93 (sul "terzo aereo" dell'11 settembre) e, prima ancora, in Bloody Sunday. Là, però, Greengrass era ambiguo, irritante e politicamente scorretto perché applicava a episodi tragicamente autentici un linguaggio spacciato per la realtà; qui invece i patti sono chiari, la finzione garantita e la sua spy-story si afferma come una tra le migliori degli ultimi anni» (R. Nepoti, “la Repubblica, 2.11.2007).
 
«”Mi ricordo, mi ricordo tutto” mormora Jason Bourne, killer redivivo, e gli agenti della doppia Cia, che vogliono eliminarlo, tremano. fatto terzo della saga riparte (anzi finisce} da una telefonata lasciata in sospeso (“Si riposi Pam, la vedo stanca...”) e riempie estrosamente i vuoti del capitolo precedente. Chi ha memoria si divertirà dì più. Ma anche gli altri apprezzeranno un racconto animato da giocatori impeccabili, girato a passo di corsa da un regista acrobatico, da doppio salto mortale» (C. Carabba, “Corriere della Sera Magazine”, 15.11.2007).
 
«È il terzo episodio di una serie, ma non va confuso con i serial tutti uguali che infestano i multiplex del mondo intero. Ha per eroe una vera "macchina da guerra": ma più che la prontezza con cui Jason Bourne/Matt Damon combatte, depista, schiva, inganna, uccide, sono i suoi tormenti a catturarci. Tormenti che sentiamo sempre più "nostri" anche se nulla, nel tepore della platea, sembra avvicinarci a questo super-agente Cia dotato di ogni possibile qualità ma disperatamente privo di memoria e di identità. Chi è dunque Bourne e chi lo ha "programmato" per superare ogni pericolo come un automa che sa tutto senza sapere nulla? Se The Bourne Identity, diretto da Doug Liman, 2002 e The Bourne Supremacy diretto dall'inglese Paul Greengrass, 2004, insistevano sui dubbi per così dire esistenziali di Bourne, questo terzo episodio, il migliore della serie, punta invece su una caratteristica ancora più affascinante e inafferrabile. A prima vista Bourne, supereroe suo malgrado, sembra una versione postmoderna di James Bond, il suo rovescio ironico e forse tragico. A differenza di 007, che sa benissimo cosa fa e perché lo fa, Bourne infatti combatte una guerra tutta personale, e soprattutto la combatte 24 ore al giorno. Altro che sfondi esotici, bellezze in bikini e Martini "agitato, non mescolato"! Con i suoi lussi e i suoi vizi James Bond celebrava a suo modo le certezze della guerra fredda e i piaceri nascenti del tempo libero di massa. Bourne invece prende alla lettera la metafora della macchina, che è poi l'unico modo per sopravvivere in un mondo fatto di macchine. Quindi "lavora" senza sosta, evitando con intuito infallibile tutte le trappole umane e tecnologiche dispiegate dalla Cia per eliminarlo. Ma proprio così, a forza di saltare da una città all'altra (Mosca, Parigi, Londra, Torino, Tangeri, Berlino, New York...), sfuggendo al reticolo onnipresente di telecamere di controllo, riesce non solo a sopravvivere ma a scomparire agli occhi dei suoi nemici. E come L'uomo della folla di Edgar Allan Poe, trapiantato nell'epoca dei computer e di Echelon, finisce per tradurre nei modi del cinema d'azione la densità filosofica di quel personaggio sfuggente e onnipresente, disperatamente solo e indissolubilmente legato alla moltitudine che lo esprime e insieme lo cancella» (F. Ferzetti, “Il Messaggero”, 1.11.2007).
 
«Lo ritroviamo a Mosca, dove l'avevamo lasciato alla fine di Supremacy, e lo seguiamo a Torino, Parigi, Londra, Madrid, Tangeri e New York: Jason Bourne deve ancora andare a fondo, recuperare la sua storia personale e vendicare l'assassinio dell'amata Maria. Casualmente trova su un quotidiano inglese un articolo che lo riguarda: contatta così il giornalista (Paddy Considine) che ha scoperto l'esistenza del programma segreto della CIA che avrebbe trasformato Jason (ma quale sarà poi il suo vero nome?) nella più efficace macchina per uccidere che il cinema abbia mai visto. Sempre più insofferente alla violenza che Io circonda e che lui stesso deve usare per mantenersi in vita, Bourne va raccogliendo indizi e mietendo vittime mentre percorre con ogni mezzo la strada per New York, dove lo attendono le eminenze grigie (David Strathairn, Scott Glenn, Albert Finney e Joan Allen) che anni prima gli hanno tolto l'identità. Magistralmente diretto da Greengrass, è il capitolo più cinematografico dei tre: scarni i dialoghi, si beve tutto con il cuore in gola. Incomprensibile la citazione dello Sciacallo nel titolo italiano: Jason Bourne, killer col cuore a pezzi, è il suo esatto contrario» (S. Carnevali, “Ciak”, novembre 2007). 
 
«Due ore di adrenalina pura. La trilogia iniziata con The Bourne Identity e proseguita con The Bourne Supremacy si conclude in crescendo: Paul Greengrass (Bloody Sunday, La teoria del volo, United 93) consacra una saga che per intreccio stringente e uso della tecnologia avrebbe molto da insegnare al sempre più ridondante Bond. Spy-story internazionale – il frenetico tour mondiale include Mosca, Londra, Parigi, Madrid, Tangeri, Torino e New York – The Bourne Ultimatum è un tripudio tecnico, stilistico e narrativo. [...] Colpi di scena ad altezza uomo, coreografie che ci immergono nel setting urbano, un'epica caccia all'uomo che ottunde i sensi... Wow! Per godersi al massimo la gaudiosa esperienza cinematica – ed evitare il rischio di inopportune amnesie – consigliamo caldamente di recuperare i due episodi precedenti (il primo diretto da Doug Liman, il secondo già da Greengrass), e magari anche la miniserie tv del 1988, interpretata da Richard Chamberlain (!)» (M. Bittanti, “Rolling Stone”, Novembre 2007).
 
«Il terzo episodio della serie, che il protagonista Matt Damon afferma essere l'ultimo, anche se tutto lascia presagire il contrario, prosegue sulla falsariga già tracciata con Paul Grengrass alla regia, come per il secondo, e Doug Liman, regista del prototipo in veste di produttore esecutivo. C'è però un problema. Lo spiazzamento determinato dal dovere rimettere a posto i tasselli è ormai svanito, non sappiamo ancora il nome vero di Jason, ma tutto il resto è abbastanza chiaro. Il nostro, in pratica, non è più tanto in cerca di un'identità quanto di un passato. E qui il dato è meno interessante. Ecco allora il giovinotto smarrito ma perfettamente addestrato si trasforma in qualcosa che va oltre, il miglior allievo del corso dei killer per conto dello stato indossa quasi un'invisibile divisa da James Bond. [...] Là dove il racconto smarrisce il senso per carico eccessivo è a New York, la grande mela sembra svolgere il ruolo di grande pera, tutto assume una tonalità esagerata, enfatizzata, esasperata, non che prima fossimo in ambito neorealista, ma qui qualcuno sbrocca. Peccato perché il faccione attonito di Matt Damon funziona proprio per il contrasto che si determina tra quell'espressione perplessa e disarmata e il talento nel trovare soluzioni inaspettate, non risulta efficace quando deve comportarsi da cartone animato, visto che nessun essere umano potrebbe compiere performance del genere. E allora, nonostante quel sorriso di Julia Stiles nel finale, foriero di nuovi sviluppi, sarebbe meglio evitare un ulteriore sequel che rischierebbe di rovinare quanto di buono ha fatto sinora Jason Bourne» (A. Catacchio, “il manifesto”, 2.11.2007).
 
«Stavolta gli autori tentano di rispondere alle domande rimaste in sospeso. Chi è Jason Bourne? Qual è il suo vero nome? Come e perché divenne un assassino teleguidato al servizio di infami burattinai? Ci vuole un po' di buona volontà per accettare le confuse spiegazioni del caso, ma scorrendo via velocissimo il film non ti concede il tempo di pensarci su. Secondo Greengrass le disavventure di Jason Bourne hanno ridefinito il genere lanciato quarant' anni fa dall'immarcescibile James Bond; e sembra dargli ragione il fatto che il pubblico ci sta, con oltre 400 milioni di dollari introitati finora. Buona parte del successo, dovuto anche all'acrobatico lavoro del montatore Christopher Rouse, si deve attribuire al carisma di Matt Damon. Accordandosi su una scansione narrativa che sfiora la ripetitività (qualcuno ha azzardato un paragone con il Bolero di Ravel) spicca l' efficace impassibilità di Matt che assume quasi una valenza straniata di tipo brechtiano. Uso a nascondersi perfino a se stesso, l'uomo d'azione appena uscito da un totale sconvolgimento della psiche fa trapelare poco degli interni affanni; e i palpiti li lascia a coloro che lo circondano e lo assediano, nessuno dei quali rimane uno stereotipo. Tutti hanno una motivazione in qualche modo nobilitante, anche le anime nere: a conferma che il (super)patriottismo è l' ultimo rifugio di un briccone» (T. Kezich, “Corriere della Sera”, 2.11.2007).




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