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ENCICLOPEDIA DEL CINEMA IN PIEMONTE

Cortometraggi e Documentari



Il Potere dev'essere bianconero
Italia, 1978, 16mm, 14', B/N


Regia
Daniele Segre

Fotografia
Domenico Oliva

Suono
Elio Rinero

Montaggio
Nadia Bonifazi, Silvano Agosti



Produzione
Daniele Segre

Note
 




Sinossi
Inchiesta condotta sul mondo ultras italiano, inizio di un lavoro di ricerca che porterà Segre a realizzare il film inchiesta Ragazzi di stadio, il libro omonimo e la relativa mostra fotografica.




Dichiarazioni
«Ho girato due documentari sul tifo violento, dopo Il potere dev'essere bianconero ho realizzato nel 1980 Ragazzi di stadio che è diventato anche un libro. I tifosi violenti in questi anni non sono cambiati, secondo me. Sono sempre il risultato dell'esproprio di identità nei giovani urbanizzati, vivono una profonda solitudine, si sentono di esistere solo quando sono allo stadio» (D. Segre, “Il Corriere Mercantile”, 10.11.2006).





«In Gulliver di ieri è stato inserito l'annunciato servizio del torinese Daniele Segre che era poi, integrale o quasi, un suo documentario girato da amatore. La redazione di Gulliver ha cambiato il titolo che era Il potere deve essere bianconero con il più prudente Una magnifica giornata d'inverno, e ha tenuto a precisare che il reportage mostrava tifosi della Juventus, ma che lo stesso discorso lo si poteva tenere per i tifosi del Torino, dell'Inter. del Milan, del Napoli ecc. ecc. Direi che il pregio maggiore e fondamentale del servizio è stato quello di non aver registrato niente di sensazionale e di esteriormente drammatico: non c'era gente che si picchiava, non c'erano sassaiole e devastazioni come, purtroppo spesso, la cronaca nera, intervenendo nel settore sportivo, ci informa. Segre ha avuto il merito di riprendere quello che avviene a ogni derby, e, più o meno, ogni domenica. Assistiamo ai preparativi di striscioni, cartelli, bandiere da parte di giovanissimi di periferia: é un lavoro lungo e ingegnoso, con scritte che il più delle volte sono aggressive e oltraggiose (e non escludono enormi disegni tattici assieme a stelle che ricordano quelle delle brigate rosse). Quindi vediamo i giovani in colonna avviarsi allo stadio gridando "Spacchiamo tutto!", con abbigliamenti e atteggiamenti simili a quelli dei partecipanti a manifestazioni politiche. Nello stadio il tifo si scatena anche qui con modi che riconducono alla politica: braccia levate ritmicamente al cielo, slogans martellanti. E così per le scritte minacciose sui muri. Un reportage efficace e immediato, e di una notevole carica in crescendo. Nessuna postilla verbale, nessun commento sentenzioso. Quello che si vede e più che sufficiente per turbare e far riflettere qualsiasi spettatore» (U. Buzzolan, “La Stampa”, 25.11.1978).
 
«In qualche capannone abbandonato, in qualche prato di periferia. gli “ultras” bianconeri e granata stanno preparando striscioni, croci, teschi, inventando nuovi slogans, preparando i piani di battaglia per il derby di domenica, il rito triste, soprattutto triste, di qualche centinaio di giovani che prendono la strada del Comunale avvolti da sciarpe colorate alzate sul viso, sventolando stendardi con scritte irridenti all'avversario, gridando frasi di gratuita intonazione politica (un corteo di protesta è altra cosa, il “cuore” del gruppo è più che sano) sta per ripetersi. Non si accorgeranno, o fingeranno di non vedere, quando provocatori di professione si mischieranno a loro, accenderanno fuochi polemici, getteranno in campo il primo mortaretto. […] Questa rappresentazione di violenza gratuita, di pazzia collettiva almeno per chi osserva i gruppi dall'esterno, ce l'ha ricordata Daniele Segre, ex atleta (salto triplo), giovane regista, autore di un film documentario che l'Assessorato allo Sport di Torino ha sottoposto al giudizio di un gruppetto di addetti ai lavori, in previsione di una azione di informazione e educazione da tenersi nelle scuole e nei quartieri. Con fedeltà cronistica e notevole abilità nel filmare e soprattutto nel montaggio, Segre ha offerto uno spacco non marginale di vita cittadina. Il giovane regista non sarà rimasto troppo deluso se i giudizi (non sui lavoro, ma sull'opportunità di diffonderlo per iniziativa comunale, sui possibili effetti) non sono stati del tutto favorevoli. La sua intenzione è quella di sottolineare la condizione di vita in cui maturano certi sfoghi, di spiegare la necessità di molti giovani di trovare un “momento” comune, di avere un motivo per riunirsi e fare qualcosa, non importa cosa, è apparsa evidente, ma la forza delle immagini ha violentato i propositi di Daniele Segre, per offrire soprattutto un documento amaro, drammatico, di un certo tipo di comportamento in una delle due curve del Comunale. Il potere dev'essere bianconero (questo il titolo del film, tratto da uno slogan gridato e scritto dal gruppo) ha preso in esame la curva Filadelfia ma è chiaro che la scelta non influisce minimamente sul fatto di costume. anche se - questo è stato uno dei motivi di perplessità - il necessario distacco critico non è garantito da tutti i possibili spettatori di domani. Sull'altra curva, la Maratona, il discorso è lo stesso, i colori non incidono sulla sostanza. Se è drammatico che la solitudine cui la città moderna costringe molti giovani si annulli illusoriamente in manifestazioni collettive insulse, è tragico che - come ha spiegato Segre - i protagonisti si siano già visti sullo schermo, in visione privata, con unanime soddisfazione. Nessuna vergogna, quindi, la certezza che "è giusto così» (B. Perucca, “La Stampa”, 15.11.1978).
 
«Si parla della gioia dello sport. e anche - giustamente - d'una società che non fornisce ai ventenni i mezzi per farne una forma di svago svelenandosi dall'imbecillità. L'obiettivo è puntato - naturalmente senza prevenzione - su di un gruppo di tifosi della Juventus ripresi nelle poche ore d'una domenica di febbraio alla vigilia dell'ultimo incontro stracittadino. Fu la partita delle belle parate di Terraneo e della rete annullata a Benetti ma in questa sede non interessano al regista né i dati statistici né al limite i colori del tifo. I suoi giovani non sono solo bianconeri, sono i giovani tutti d'un paese stretto nelle spire dell'ignoranza. Eccoli in un prato al mattino. Non pensano di giocare al football o di sgranchire gambe e braccia annichilite nella settimana di studio o di lavoro. La loro passione è parassitaria, non vive di per se stessa cioè. La passione si riversa sugli idoli dello stadio. E fin qui va bene. Uno scoppio d'allegria, una discussione con amici non devono riguardare necessariamente una conquista sindacale. L'impressione suscitata dal documentario si riferisce soprattutto alla supina accettazione di slogan e modelli politici, trasferiti senza la minima critica nei campo del tifo. Lasciamo perdere i simboli fallici, le ingiurie immediate. Colpiscono invece i segni delle P38, le frasi in rima sul potere e la rivoluzione (della classifica), le denominazioni aggressive tipo Fighters. C'è persino una citazione del Che Guevara il quale voleva suscitare uno, dieci, cento Vietnam nel cuore del capitalismo e che ora si vede stravolto in una frase orrenda: "Dieci, cento, mille Superga ai granata"... Giunti allo stadio, i sostenitori si dividono. C'è chi soffre la partita con atteggiamenti partecipi e affettuosi, chi la vive come una guerriglia insultando la polizia e percuotendo i tamburi. In un'inquadratura molto significativa un signore con i capelli bianchi urla come un disco rotto: "Evviva i giovani, evviva i bianconeri". Emerge (da una selva di pugni in un concerto di voci assatanate. Lontani, ripresi senza teleobbiettivo, Torino e Juventus giocano una partita che non interessa più nessuno» (P. Perona, “Stampa Sera”, 14.11.1978).
 
«Ragazzi di periferia in un campo brullo; dietro, sullo sfondo, immobile, un palazzone bianco e senza nome. I ragazzi, dai 14 ai 25 anni, tagliavano legni e facevano croci, disegnavano teschi e stendardi, bandiere dalle diciture "mortifere", scritte tristi e assolutiste: "10, 100, 1000 Superga "; "È ora è ora il derby alla Signora"; "Merda al Toro"; "Granata, è vero, tutti al cimitero". Una precisazione è d'obbligo. Il documentario coinvolgeva "Ultras" juventini, ma allo stesso modo poteva pizzicare gli esagitati del Toro, del Milan, del Palermo o della Lazio; e si riferiva alla preparazione, alla vestizione dei supertifosi al gran giorno dell'ultimo derby Juve-Toro, giocato a febbraio, e che domenica questa ne vivrà uno nuovo, coi supertifosi sempre impegnati a imitare se stessi, a scandire simili slogan, a rovesciare sugli avversari insulti, botte. Il documentario […] è bello e riuscito, forse troppo estetizzante, cucito con tecnica e gusto. Ha però un vizio d'origine: rende troppo protagonisti quei giovani, li culla in una loro strana allegria, effervescenza; li coglie quali veri a autonomi del tifo, mentre con le dita esplodono il segno della P. 38, plagiano invettive "politiche", eseguono un rituale, di gesti-espressioni, povero e meschino, estraniante e alienante, senza scopi né motivi, solo "per esprimersi, trovare un'alternativa alla noia dei giorni"; ma senza troppa critica, con troppo cinema-verità. L'argomento è vasto, e sempre attuale, e riconduce al tifo violento, alle esasperazioni delle domeniche calcistiche, agli stadi brutalizzati da vandali e teppisti, alle guerriglie dei dopo partita, alle manganellate della polizia. Polizia che in tanti si riprende perché, la domenica, "i tifosi caldi li lascia fare, sfogare, cosicché non si occupino d'altro, non trascendano in altro modo, in altri cortei o manifestazioni di gruppo"; per non finire in altre espressioni, Br o affini... La cosa è grossa, e purtroppo si nota che tutto è sempre uguale, gli incidenti allo stadio è difficile evitarli, ma contenerli è un dovere» (E. Mauro, “La Nuova Gazzetta del Popolo”, 14.11.1978). 


Scheda a cura di
Franco Prono

Persone / Istituzioni
Daniele Segre
Silvano Agosti


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