Regia Alberto Sironi
Soggetto Nicola Lusuardi, Francesco Scardamaglia
Sceneggiatura Nicola Lusuardi, Francesco Scardamaglia
Fotografia Stefano Ricciotti
Musica originale Carlo Crivelli
Montaggio Stefano Chierchè
Effetti speciali David Quadroli, Fabrizio Quadroli
Scenografia Luciano Ricceri
Costumi Alessandro Lai
Interpreti Giovanna Mezzogiorno (Virginia Maria de Leyva), Stefano Dionisi (Paolo Osio), Delia Boccardo (madre di Virginia), Lluís Homar (padre Castillo), Xabier Elorriaga (cardinal Borromeo), Toni Bertorelli (don Martino), Quim Gutierrez (Carles), Pia Lanciotti (Madre Badessa), Biancamaria D'Amato (Suor Benedetta), Nicoletta Bertorelli (Suor Candida), Giacinto Ferro (Joaquim Nunes), Marco Foschi (Duca Grimani), Laura Pasetti (Suor Francesca), Bea Segura (Clara), Cristiana Capotondi
Direttore di produzione Massimo Iacobis
Ispettore di produzione Angelo Zemella
Produzione Celia Muchada, Federico Scardamaglia, Francesco Scardamaglia, Jaume Vilalta per Compagnia Leone Cinematografica, Factotum Barcelona, Rai Cinemafiction, Televisió de Catalunya (TV3)
Note La sceneggiatura si basa sugli atti del processo subìto da Virginia Maria de Leyva e del carteggio fra questa e il Cardinale Borromeo.
Suono Dolby Digital; altri interpreti: Serena Rossi (Angelica), Renato Scarpa (Monsignor Ripamonti), Elia Schilton (Scalzi), Patrizia Agosto, Alessandro Mor, Giovanni Moschella, Michele Nani, Beatriz Segura, Rosa Sironi, Maria Grazia Solano, Mirko Soldano, Nicole Vignola, Debora Zuin.
Locations: Piemonte (l'Abbazia di Staffarda e la dimora patrizia Casa Cavassa), Roma e Tarragona (Spagna).
Miniserie televisiva trasmessa da Rai Uno in due puntate di 90’ l’una lunedì 11 e mertedì 12 ottobre 2004, in prime time (media ascolto: 8.626, share: 28,25% - 34,54%).
Realizzata con il sostegno di Film Commission Torino Piemonte.
Sinossi
XVII secolo. La giovane, bella e vivace Marianna de Levya è destinata ad entrare in convento così come disposto da suo padre don Martino. La ragazza non vuole piegarsi alla volontà paterna e cerca in ogni modo di sfuggire al suo destino, ma né sua madre né l'amore di un principe possono salvarla. Entrata in convento, prende il nome di suor Virginia Maria. Nonostante i voti, inizia una relazione con il nobile Paolo Osio, da cui ha una figlia. Dopo la sparizione misteriosa di una suora, Virginia viene condannata a tredici anni di isolamento. Al termine di questa atroce punizione decide di andare alla ricerca di sua figlia.
Dichiarazioni
«Quando mi è stata proposta questa storia e ho preso in mano la sceneggiatura, avevo ancora in mente la Monaca di Monza de I promessi sposi: la ricordavo fanciulla che giocava con le bambole vestite da suora e poi donna con una ciocca di capelli che spuntava dal velo. Un personaggio strano, inquietante… Mi sono resa conto che questa visione era limitativa rispetto a quella che è stata la reale vicenda umana di Virginia Maria De Leyva: sofferenza, passione, timidezza, carcerazione, maternità… Ci sono veramente tanti ingredienti, forse persino troppi!» (G. Mezzogiorno, www.fctp.it).
«Per restituire il clima seicentesco ci siamo affidati alla luce, perché “parlasse” con i colori del secolo. E scongiurasse l'effetto-claustrofobia all'interno di luoghi di una certa ampiezza, che sono anche lo spazio dell'anima. […] Diversamente dal racconto qui Virginia “esce” dalla segregazione e questo le offre una possibilità di riscatto che si manifesta con la ricerca della figlia ma soprattutto con la rinuncia alla figlia. È una storia di grande dolore, ma anche di grande umanità» (F. Scardamaglia, “la Repubblica”, 8.10.2004).
«Il peccato e l'espiazione, la profondità del tormento, ma più di ogni altra cosa, il desiderio di vita e di amore, la ribellione a chi ha disegnato per noi un destino. Gli ingredienti per una storia che appassioni ci sono tutti, e tale è la storia della nobildonna Virginia Maria de Leyva, più conosciuta come la monaca di Monza. Pagina tenebrosa dei Promessi sposi manzoniani, vicenda realmente accaduta nei primi anni del XVII secolo, viene restituita al pubblico con maggiore aderenza storica, con un film che per impatto e fattura meriterebbe schermi più grandi» (A. Vitali, “la Repubblica”, 8.10.2004).
«Raccontata in flashback dalla stessa protagonista, la miniserie offre un efficace ritratto del personaggio manzoniano, ben approfondito nella sua psicologia e ottimamente interpretato da Giovanna Mezzogiorno» (M. Buonanno, Le radici e le foglie. La fiction italiana, l’Italia nella fiction, anno diciassettesimo, Rai Eri, Roma 2006).
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