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ENCICLOPEDIA DEL CINEMA IN PIEMONTE

Cortometraggi e Documentari



Ragazzi di stadio
Italia, 1980, 16mm, 60', Colore


Regia
Daniele Segre

Fotografia
Domenico Oliva

Suono
Filippo Manzella

Interpreti
Maristella Bassi Mangiarotti, Claudio Cutrè



Produzione
Filmalpha, Comune di Torino



Sinossi
Documentario sui gruppi “ultras” della Juventus e del Torino. Vediamo la preparazione delle partite, ascoltiamo i capi delle tifoserie, scoprendo il loro rapporto con i movimenti politici nei turbolenti anni Settanta.




Dichiarazioni
«Per due anni di seguito sono andato nelle curve prima della Juve e poi del Toro, ho seguito le riunioni dei vari club, per conoscere da vicino i ragazzi che sono poi diventati protagonisti dei miei film. [...] I capi dei vari gruppi organizzati di tifosi, riconosciuti o no, erano esponenti politici, di destra o di sinistra. E i tifosi si caratterizzavano in base all'appartenenza del leader. Quando ho fatto i due film, i Fighters e i Combattenti della Juve avevano una connotazione più di sinistra, mentre gli Ultras del Toro erano più di destra. Ma poi tutto è cambiato, in base sempre a chi era all'epoca il leader, con gemellaggi fra tifoserie. Ricordo, perché poi mi ha molto colpito, l'incontro tra i Fighters e i Feddayn della Roma. [...] Ho avuto modo di vedere cose strane all'interno dello stadio, pistole che giravano, persone che poi rivedevo nei cortei politici. I gruppi organizzati facevano il servizio d'ordine delle stesse squadre di calcio. [...] Li ho seguiti, negli anni, molti di loro sono diventati manodopera criminale, altri sono morti di droga, qualcuno è stato incriminato per traffico internazionale di armi. C'erano già grossi intrecci, tra la malavita organizzata e le frange estreme del tifo. E lì dentro non c'era solo il sottoproletariato urbano, ma anche i rampolli della buona borghesia torinese» (D. Segre, “la Repubblica”, 6.2.2007).





«Ragazzi di stadio è il titolo di un libro, di una mostra fotografica e di un film curati da Daniele Segre, 27 anni, torinese. L'iniziativa si è concretizzata dopo due anni di lavoro, necessari per conoscere la realtà del tifo-calcio nella società e per raccogliere le documentazioni, con l'intervento dell'assessorato allo Sport, gioventù e tempo libero del Comune di Torino. Queste le caratteristiche dei documenti. IL LIBRO: 126 pagine (prezzo: lire 6 mila) sintetizza il lavoro fotografico e di interviste condotto dal maggio '77 al maggio '79. Sono qui pubblicate una settantina di fotografie e le storie del protagonisti. MOSTRA FOTOGRAFICA: inaugurata martedì scorso nei locali dell'Unione Culturale, via Cesare Battisti 4b. [...] Le fotografie, in bianco e nero, documentano le follie, le violenze, le tristezze dei giovani più colpiti dal fenomeno che si vive ogni domenica negli stadi. IL FILM: la pellicola, a colori. In 18 millimetri, viene proiettata in una sala dell'Unione Culturale. Il documentario sarà trasmesso prossimamente anche dalla Rai, rete 2»  (L. Borghesan, “Stampa Sera”, 22.11.1979)
 
«Daniele Segre, in un volume di interviste e di fotografie, Ragazzi di stadio [...] ha raccolto testimonianze di giovani che appartengono agli "Ultras" ai "Superstars" ai "Commandos granata", alla "Fossa dei leoni", insomma i gruppi di tifosi più accesi di Torino e Juventus. Che cosa dicono o fanno capire gli intervistati? Che la politica serve solo per riecheggiare qualche dogma estremista, che insieme si ritrovano fascisti, autonomi e qualunquisti, che il tifo nasce senza motivazioni di classe e neppure ideologiche. Il tratto caratteristico è la casualità delle adesioni, è l'incapacità dl spiegare i propri atteggiamenti, i propri gesti. Sembra che il cerchio si chiuda. Ma allora il mondo è davvero un pallone? Herbert Marcane aveva una sua interpretazione: "Solo nell' ultimo stadio della civiltà industriale quando la crescita della produzione minacciò di travalicare i limiti posti dal dominio repressivo, la tecnica di direzione delle masse ha sviluppato un'industria dei divertimenti che tiene direttamente sotto controllo il tempo libero". In un libro di alcuni anni fa ("Il calcio come ideologia" edito da Guaraldi) Gerhard Vinnal ribadiva che il "calcio organizzato fa parte di questa industria che serve a far ingerire e a cementare il principio di realtà dominante, tenendo così in riga le vittime dell'apparato industriale estraneato". Ma la violenza negli stadi sarebbe allora ribellione politica? Proprio quelle interviste e altre di questi giorni vogliono affermare il contrario e tra noi c'è gente che durante la settimana fa politica, ma al venerdì ci si vede tutti rossi o neri, in sede a preparare gli striscioni per la domenica. Ecco di nuovo l'idea della estraneazione dell'isola. Oppure del "rifugio", dove ci si ritira in gruppo trascinando con sé tutte le tensioni e le violenze di una società in crisi» (O. Pivetta, “l'Unità”, 5.11.1979).
 
«I neo-illuministi che venerdì sera alle ore 23 erano ancora davanti alla tv devono aver sobbalzato più e più volte. Come non restare colpiti e a volte feriti dalle sconcertanti immagini di Ragazzi di stadio, proposto dalla rete 2. [...] Di vera e propria inchiesta non si è trattato, a dire il vero, dato che, in perfetta aderenza alle nuove metodologie televisive d'indagine, Daniele Segre ha preferito lasciar parlare le immagini da sole, offrendo una lunga catena di interviste e di libere conversazioni, anziché ricorrere al commento esplicativo esterno. In parte la scelta si è rivelata felice, perché le scene filmate e i dialoghi di Ragazzi di stadio sono stati sufficientemente chiarificatori, in grado, da soli, di offrire uno spaccato della realtà giovanile legata, anzi, immersa nel tifo calcistico. Il modo cosi irrazionale ed antirazionale di affrontare e di vivere il momento dello spettacolo sportivo, gli entusiasmi, le rabbie, le illusioni, le sfide, le contrapposizioni, i rancori gli sfoghi, le passioni, le frustrazioni e le allucinazioni che accompagnano per mano il fanatismo sportivo sono riusciti a sconcertare tutti coloro che, disertori o comunque non frequentatori degli stadi, guardano con diffidenza, distacco, stupore (mescolato ad un pizzico di superiorità) e, talvolta, con angoscia alla realtà della “droga” calcistica. Un accenno di commento, tuttavia, non sarebbe risultato superfluo o dannoso accanto alle efficaci e dure immagini del filmato. Se i gruppi giovanili e gli individui incontrati (che a 20 anni si sentono già vecchi e impacciati, di fronte ai quindicenni) sono apparsi inquietanti, spesso allarmanti ed angoscianti (tutta quella serietà, quel meticoloso e scrupoloso impegno nella fase antecedente le partite, per partecipare alle riunioni e trovare le forme per autofinanziarsi, nel cercare l'abbigliamento-divisa più adatto, nel preparare striscioni e slogan, ricordava tanto le frenesie e gli entusiastici bollori politici di qualche tempo fa» (A. Festa, “Brescia Oggi”, 19.5.1980).
 
«Ragazzi di Stadio è il titolo della doppia fatica (cortometraggio e libro fotografico) realizzata da Daniele Segre sul finire degli anni Settanta. Chi conosce Segre sa bene quanto i suoi lavori siano "socialmente impegnati", preoccupati cioè di scavare e scovare quelle parti di quotidianità in ombra, dimenticate o comunque poco considerate da grandi media. Gli ultras erano, in quegli anni, degli "sconosciuti" a tutti gli effetti, o per meglio dire rappresentavano una realtà ancora in via di radicamento che, agli occhi dell'opinione pubblica, assumeva visibilità ed attirava attenzione solo con al verificarsi di atti di violenza e teppismo (cosa in verità che non è di molto diversa da oggi...). Il valore dell'opera di Segre, quindi, sta proprio nell'essere stata, di fatto, il primo tentativo di andare a conoscere e capire chi fossero quei ragazzi che dentro lo stadio, gli stadi, si stavano pian piano conquistandosi un ruolo di protagonisti. Ragazzi di stadio, parallelo sportivo dei Ragazzi di vita di pasoliniana memoria, forse: i protagonisti sono gli ultrà del Toro e della Juve, intervistati individualmente o a piccoli gruppi. Segre li stimola, con garbo e tenacia, al racconto delle loro esistenze, delle difficoltà che quotidianamente incontrano a scuola o al lavoro, sempre che non abbiano imboccato altre strade... L'essere tifoso, anzi ultras, resta spesso sullo sfondo, per poi assumere importanza e significati quando si capisce, o si cerca di far capire, perché questo nuovo modo di vivere la passione calcistica diventa un vero e proprio rifugio comunitario, dove viene cercato un mondo a misura dei propri desideri e delle proprie esigenze di giovani. Non è casuale, infatti, se si intravede una sorta di metaforica staffetta nel mondo giovanile, dove il testimone passa dalla politica (che, pur contando ancora molto in quegli anni, comincia la fase del cosiddetto riflusso) ad altre culture giovanili, quella ultrà nel caso specifico. Così, per esempio, i muri delle città non sono più monopolio solo degli slogan politici ma cominciano a raccogliere messaggi di matrice ultras. [...] Dirà qualche anno dopo Segre, ricordando quell'esperienza: "Mi sono trovato imbarazzato, consapevole e nello stesso tempo testimone della grande solitudine di tanti ragazzi, che non trovano altra via per uscire dall\\\\\\\'anonimato". Forse è questo quello che più accomuna gli ultras nei loro primi trent\\\\\\\'anni di vita: laddove la società non ha saputo dare altri punti di riferimento, i giovani se li sono tenacemente conquistati e difesi nelle curve degli stadi» (www.sportpeople.net, 6.12.2003).
 
«Quasi trent'anni a riprendere in mano un vecchio libro del 1979 curato dal regista Daniele Segre per il Comune di Torino e la casa editrice Mazzotta. Il volume è un viaggio fotografico nel cuore delle due tifoserie del capoluogo piemontese compiuto nello stesso anno in cui il calcio italiano doveva fare i conti con uno degli episodi più tragici della sua storia, l'assassinio allo stadio Olimpico di Vincenzo Paparelli. Non fosse che tutti gli scatti sono in bianco e nero e che alcuni capi di abbigliamento (ma non tutti) sono decisamente passati di moda, Ragazzi di stadio potrebbe essere fresco di stampa: saluti romani, scritte e striscioni violenti, e anche un volantino con la parola d'ordine nazista "Gott mit uns" rilanciata domenica scorsa all'Olimpico dagli Ultras romanisti. Le differenze tra le tifoserie di oggi e quelle di allora, a cercarle, sono semmai altre. La "Filadelfia", curva di "proprietà" bianconera quando Toro e Juve giocavano ancora nel vecchio Comunale, era infatti prevalentemente orientata a sinistra. Il libro di Segre documenta infatti saluti a mo' di P38, stelle a cinque punte e cori come "autonomia juventina/organizzazione/lotta armata/perla rivoluzione". A guardarle oggi quelle immagini, con le curve monopolizzate dai gruppi di estrema destra (fatte salve rare eccezioni), colpisce che la più grande tifoseria organizzata d'Italia fosse così legata all'eredità del '77. [...] le immagini di Ragazzi di stadio forniscono anche un altro spunto di studio per i sociologi. Se in molti hanno notato e vivisezionato l'impeccabile e costoso guardaroba dei neonazisti giallorossi, fatto di capi firmati e all'ultima moda, il volume del 1979 testimonia una presenza in curva molto più proletaria. Oggi sono ignoranti, ma non sembrano affatto poveri. E forse questo continuare a pensare che gli ultras siano espressione delle borgate e delle fasce più disagiate delle società è proprio uno degli equivoci che ha contribuito ad alimentare l'immobilismo italiano» (V. Gualerzi, “Corriere della Sera”, 2.2.2006)
 
«Nella letteratura e (meno ancora) nella cinematografia italiana il calcio e, soprattutto, la sua manifestazione più spontanea e genuina, il tifo, non hanno mai goduto dell'ambito e meritato spazio. Il tifo è spesso stato relegato in secondo piano, bollato frettolosamente come sottocultura. Quando ciò non è accaduto sono stati confezionati prodotti svogliati e superficiali (è il caso del libro I Furiosi di Nanni Balestrini), fuorvianti (il film Ultrà) oppure autentica spazzatura (il film Tifosi di recente commercializzazione). Secondo noi il prodotto migliore, nonostante risalga ad oltre venti anni fa è il film-inchiesta di Daniele Segre (da cui scaturì anche un libro) dal titolo Ragazzi di Stadio. Questo apprezzabile lavoro rappresenta il primo tentativo di andare a vedere chi sono e cosa pensano, vogliono, realizzano, sperano quei ragazzi (di stadio, appunto) artefici degli spettacoli coreografici e di tifo che fanno da contorno ad un avvenimento, la partita, altrimenti subito passivamente. Ragazzi di Stadio dà la parola ai gruppi portanti delle curve di Torino e Juventus (Ultras e Fighters), intervistando gli elementi più carismatici di ambo le parti. A parer nostro, a costo di apparire esageratamente faziosi, la parte più interessante (salvando, tra i gobbi, solo le dichiarazioni di Beppe Rossi, che purtroppo per lui predicava nel deserto) è quella in cui parlano due leader degli UG (Margaro e Giò); dalle loro parole traspare chiaramente la loro mentalità, la coscienza dell'essere ultras (ricordiamo che il movimento era nato da poco) ed il fatto che i problemi con cui si scontrano le curve italiane sono, gira e rigira, sempre i soliti: repressione poliziesca, incidenti, politica. Il grande merito di Segre è stato quello di non ergersi a censore, di non voler presentare i ragazzi di stadio come acefali fenomeni da baraccone ma come persone normali, con i loro microcosmi fatti di gioie e dolori, problemi (ir)risolti, pregi e difetti, ma che credono ciecamente nella loro "fede". Spiace, purtroppo, notare come ad oltre venti anni di distanza, il pensiero dell'opinione pubblica riguardo ai ragazzi di stadio non sia cambiato: farabutti, delinquenti, drogati, violenti per natura, pazzi da legare. NOI NON SIAMO COSÌ. Siamo ragazzi che la domenica e durante la settimana (ciascuno compatibilmente con i propri impegni: c'è chi lavora e chi no, chi lavora part-time e, udite udite, pure chi studia...) dedicano il proprio tempo alla causa del gruppo e del Toro, ad un ideale, una fede, un qualcosa che, più d\\\\\\\'altro, ci fa battere il cuore e ci permette di dar forma alla nostra fantasia e ai nostri sogni» (www.ragazzi.to).


Scheda a cura di
Franco Prono

Persone / Istituzioni
Daniele Segre


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