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ENCICLOPEDIA DEL CINEMA IN PIEMONTE

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Enciclopedia del cinema in Piemonte è un sito web consultabile gratuitamente dedicato alla catalogazione di tutta l'attività cinematografica e televisiva realizzata a Torino e in Piemonte dal 1900 ad oggi

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Il Dopoguerra tra neorealismo e cinema popolare

Nel periodo che va dal 1945 al 1950 si può dire che tutto il cinema italiano è neorealista. Il neorealismo infatti è al tempo stesso una precisa scelta di campo politica ed estetica ma anche una necessità produttiva, visto che guerra e bombardamenti hanno messo fuori uso gran parte dei teatri di posa attivi prima della guerra. È un periodo di grande libertà creativa, che vede registi e produttori lanciarsi nelle imprese più strane, tentare vie che saranno poi abbandonate per un percorso produttivo più razionale. Nel dopoguerra torinese, ad esempio, ci sono cineamatori che documentano la città semidistrutta dalle bombe, film che vengono terminati con cast e registi diversi da quelli che li avevano visti iniziare (è il caso di Vivere ancora, unica esperienza di regia per Leo Longanesi, uno dei più importanti uomini di cultura del periodo), pellicole realizzate in mezzo ai combattimenti partigiani (come gli straordinari film di Don Giuseppe Pollarolo) e documentari evocativi sulla cacciata dei nazisti (Aldo dice 26X1, che riprende nel titolo l’ordine in codice per l’insurrezione generale a Torino). Ma c’è anche un neorealismo di intervento sociale che sa raggiungere il pubblico più ampio possibile, come il capolavoro Riso amaro, che Giuseppe De Santis gira nelle risaie piemontesi dopo una inchiesta compiuta appoggiandosi alle strutture del partito comunista, o Il cammino della speranza di Pietro Germi, sul dramma dell’emigrazione. Nel frattempo gli schermi sono invasi dai film americani che durante il fascismo per alcuni anni di fatto non erano arrivati. La scelta di raccontare le storie amare di un Paese distrutto dal conflitto si unisce così con il fascino per le crude storie metropolitane del noir americano, dando vita a un vero e proprio filone in cui Torino, la metropoli che ha vissuto le maggiori sofferenze e le fasi più alte di guerra partigiana, diventa una sorta di città feticcio e uno sfondo naturale. Ritroviamo così partigiani e reduci di guerra che affrontano la nuova malavita cinica e spietata in Il bandito e Il bivio di Fernando Cerchio; al tempo stesso, si incentra su un gerarca fascista che cerca di fuggire oltre le Alpi Fuga in Francia, mentre si parla senza troppe censure di prostituzione in Persiane chiuse di Luigi Comencini. Sullo sfondo di questi film, una città plumbea e notturna, una metropoli che miseria e privazioni hanno definitivamente allontanato dalla sommessa eleganza sabauda dei film in costume. Ma ciò che più colpisce in questi film è il rovesciamento dei ruoli richiesto ad attori che erano già famosi per i film girati prima della guerra: le belle signorine e i giovani amorosi diventano prostitute senza speranza o strumenti nelle mani di gangs spietate. Il noir neorealista, insomma, impone agli attori di negare quanto avevano fatto in precedenza per riconquistare la fiducia del pubblico e il proprio ruolo nel nuovo star-system: e non tutti riusciranno nell’impresa. Ma c’è anche un cinema neorealista comico, che a Torino trova in Macario il suo interprete più famoso. Il grande attore torinese, stella del varietà e del cinema comico, ironizza sulla guerra appena finita in Come persi la guerra, farsa di successo anche all’estero che demolisce i luoghi comuni sul conflitto che ha insanguinato l’Italia e il mondo intero, realizzata in una regione in cui le conseguenze della guerra sono state particolarmente disastrose: il fatto che il pubblico accorra a vederlo segnala anche che una pagina di storia si è definitivamente chiusa.
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